Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Condanna l’Imputato a Pagare
Presentare un ricorso in Cassazione non è un’opportunità per ridiscutere l’intera vicenda processuale. La Suprema Corte, infatti, non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di legittimità. Una recente ordinanza ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento di una sanzione pecuniaria. Il caso offre spunti cruciali per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione e le conseguenze di un’impugnazione palesemente infondata.
Il Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione
La vicenda giudiziaria prende le mosse da un incidente stradale. L’imputato, dopo una parziale riforma in appello che lo ha assolto dal reato di lesioni stradali, è stato comunque condannato per i reati di omesso soccorso (art. 189, comma 7, Codice della Strada) e di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.). Non accettando la decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.
I Motivi del Ricorso e la Loro Valutazione
Il ricorrente ha cercato di smontare la sentenza d’appello contestando sia la sua responsabilità penale che il trattamento sanzionatorio.
La Ricostruzione Alternativa dei Fatti: un Errore Procedurale
Il primo motivo di ricorso criticava la logicità della motivazione con cui la Corte d’Appello aveva affermato la sua responsabilità per il reato di false dichiarazioni. Secondo la difesa, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il dolo, mentre l’imputato si sarebbe allontanato dal luogo del sinistro solo perché impaurito.
La Cassazione ha stroncato questa argomentazione, qualificandola come un tentativo di proporre una mera ricostruzione alternativa del fatto. Questo approccio è inammissibile in sede di legittimità. Il ricorrente, infatti, non ha denunciato un ‘travisamento della prova’ – ovvero un errore percettivo del giudice che basa la decisione su una prova inesistente o travisata – ma si è limitato a offrire una diversa lettura degli elementi già vagliati, finendo per contestare nel merito la prova della sua responsabilità. Un’operazione, questa, preclusa alla Suprema Corte.
La Richiesta di Attenuanti Generiche: il Potere Discrezionale del Giudice
Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante si fosse presentato spontaneamente presso i Carabinieri. Anche questa doglianza è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha chiarito che la valutazione degli elementi previsti dall’art. 133 c.p. per la concessione delle attenuanti è un potere ampiamente discrezionale del giudice di merito. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logica, spiegando perché non avesse ritenuto di valorizzare elementi a favore dell’imputato e perché la sua presentazione alle forze dell’ordine non fosse sufficiente a tal fine. Tentare di ottenere in Cassazione un diverso apprezzamento di tali elementi è, ancora una volta, un’attività che esula dal giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda sulla natura stessa del giudizio di Cassazione, che ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza del percorso logico-giuridico seguito dal giudice di merito, senza poter entrare in una nuova valutazione dei fatti. Entrambi i motivi di ricorso si sono rivelati come tentativi, non consentiti, di ottenere una revisione del giudizio di fatto, già cristallizzato nei gradi precedenti.
Le Conclusioni: le Conseguenze Economiche di un Ricorso Inammissibile
La conseguenza diretta dell’inammissibilità non è stata solo la conferma della condanna, ma anche l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. Ravvisando profili di colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente priva di fondamento, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso inammissibile non è un tentativo neutro, ma un’azione che, se intrapresa con evidente negligenza o superficialità, comporta precise e onerose conseguenze economiche.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove o accettare una ricostruzione dei fatti diversa da quella stabilita dai giudici dei gradi precedenti, a meno che non si denunci un vizio specifico come il ‘travisamento della prova’.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile principalmente perché i motivi proposti non contestavano vizi di legittimità, ma miravano a ottenere una nuova valutazione del fatto e un diverso apprezzamento sulla concessione delle attenuanti generiche, attività che sono precluse alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa evidente?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, l’inammissibilità del ricorso, se dovuta a colpa del ricorrente, comporta la condanna al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un’impugnazione palesemente infondata. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2182 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2182 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 30/05/1960
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Messina che, in parziale riforma della prima decisione, ha assolto l’imputato dal reato di cui agli artt. bis e 590-ter cod. pen. (capo a), confermandone la condanna per i reati di cui agli artt. 189, comma 7, d.lgs. 285/1992, 61, n. 2 cod. pen. (capo b) e 495 cod. pen. (capo c);
considerato che il primo motivo di ricorso, che deduce l’illogicità della motivazione posta alla base dell’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo c), avendo Corte ritenuto sussistente il dolo, laddove, invece l’imputato si era solo allontanato perché impaurito per l’accaduto, non contiene compiute censure di legittimità poiché prospetta una ricostruzione alternativa del fatto, senza dedurre ritualmente il travisamento della prova (che non può essere denunciato per il tramite del compendio degli elementi in atti e di una disamina parcellizzata di essi: cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01), finendo col negare in questa sede la prova del fatto e della sussistenza della responsabilità in concorso del ricorrente, già motivate in maniera congrua e logica dalla Corte distrettuale;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia il vizio di motivazione in ordine alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato e versato in fatto, in quanto la Corte distrettuale ha dato conto in maniera congrua e logica degli elementi rientranti nel novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. che considerato preponderanti nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01) – avendo escluso la sussistenza di elementi favorevoli da valorizzare, chiarendo in maniera congrua e logica le ragioni per cui non ha intesto valorizzare la presentazione dell’imputato presso i Carabinieri (cfr. p. 7 della sentenza impugnata), e tale apprezzamento non può essere utilmente censurato in questa sede perorando un diverso apprezzamento;
ritenuto che, all’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 18 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/09/2024.