Ricorso per Cassazione Inammissibile: Quando la Ripetizione Non Paga
Un ricorso per cassazione inammissibile è una delle insidie più comuni nel processo penale. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso non può essere una mera riproduzione dei motivi già presentati in appello. Analizziamo insieme un caso pratico che illustra perfettamente questa regola, offrendo spunti cruciali per chiunque affronti il giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un cittadino straniero condannato sia in primo grado che in appello per il reato di reingresso illegale nel territorio dello Stato, in violazione del Testo Unico sull’Immigrazione (art. 13, comma 13, D.Lgs. 286/1998).
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione basando le sue difese su due argomenti principali:
1. Mancanza dell’elemento soggettivo: Sosteneva di non aver agito con dolo, ma di essere rientrato in Italia a causa di un errore scusabile, dovuto alla sua scarsa conoscenza della lingua italiana e all’aver semplicemente acquisito il cognome della moglie, senza usare un “alias” per ingannare le autorità.
2. Trattamento sanzionatorio e mancata sospensione della pena: Contestava la pena inflitta e la mancata concessione della sospensione condizionale, ritenendo che i giudici di merito non avessero considerato elementi a suo favore.
La Decisione sul Ricorso per Cassazione Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito delle argomentazioni difensive, ma si concentra su un vizio procedurale preliminare e decisivo: la mancanza di specificità del ricorso. I giudici hanno osservato che l’atto presentato era una sostanziale ripetizione delle doglianze già formulate nell’atto di appello. La Corte d’Appello aveva già esaminato e respinto tali punti con una motivazione definita “congrua e logica”, e il ricorrente non si era confrontato criticamente con essa.
L’Importanza di un Ricorso Specifico
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza (citando, tra le altre, la sentenza n. 27816 del 2019): il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Per questo motivo, è inammissibile un ricorso che si limita a:
– Riprodurre e reiterare gli stessi motivi dell’appello.
– Lamentare genericamente una carenza o illogicità della motivazione.
– Non confrontarsi criticamente con le specifiche argomentazioni usate dal giudice di secondo grado per respingere le tesi difensive.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte sono state chiare e dirette. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ripeteva le doglianze già respinte dalla Corte d’Appello, la quale aveva fornito una motivazione logica e coerente. In particolare, il ricorrente non ha mosso critiche specifiche alle ragioni con cui i giudici di merito avevano smontato le sue tesi difensive, quali:
– L’insussistenza di una reale e scarsa conoscenza della lingua italiana.
– La non credibilità della sua versione riguardo a una falsa informazione sulla libertà di circolare in Italia.
– L’irrilevanza della giustificazione addotta per il rientro.
– Le ragioni ostative alla concessione della sospensione condizionale della pena.
In sostanza, il ricorso non ha attaccato la sentenza d’appello, ma ha solo riproposto vecchie argomentazioni, rendendo l’impugnazione priva della specificità richiesta dalla legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale: per affrontare con successo il giudizio di Cassazione, non è sufficiente essere convinti delle proprie ragioni. È indispensabile che il ricorso sia strutturato come una critica puntuale e argomentata della decisione di secondo grado. Limitarsi a ripetere le difese già bocciate equivale a presentare un ricorso per cassazione inammissibile, con la conseguenza non solo di vedere confermata la condanna, ma anche di essere condannati al pagamento delle spese processuali. La strategia difensiva deve evolversi ad ogni grado di giudizio, adattandosi alle motivazioni dei giudici e concentrandosi sui vizi di legittimità della decisione impugnata.
Perché un ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, mancando così del requisito di specificità.
È sufficiente addurre la scarsa conoscenza della lingua italiana per giustificare un reingresso illegale?
Secondo la decisione, no. I giudici di merito avevano già ritenuto non credibile la tesi della scarsa conoscenza della lingua come causa di un errore scusabile, e il ricorrente non ha fornito in Cassazione argomenti specifici per confutare tale valutazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere i motivi dell’appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Secondo un principio consolidato della Corte di Cassazione, l’atto di impugnazione deve contenere una critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata e non può essere una mera riproposizione delle stesse doglianze.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20729 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20729 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI CODICE_FISCALE) nato il 28/08/1995
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato .avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 26 novembre 2024 con cui la Corte di appello di Ancona, confermando la sentenza di primo grado, lo ha wki condannato alla pena di GLYPH fitti, di reclusione per il reato di cui all’art. 13, comma 13, d.lgs. n. 286/1998; v[
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, sia in merito alla ritenuta sussistenza del delitto contestato, per la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, che sarebbe dimostrata dal non avere egli usato “alias” ma solo acquisito il cognome della moglie, e dall’essere rientrato in Italia solo per un errore scusabile determinato dalla sua mancata conoscenza della lingua italiana e dal fatto di essere stato assolto per un fatto analogo, sia in merito al trattamento sanzionatorio e all’omessa concessione della sospensione condizionale della pena, negata senza tenere conto degli elementi positivi indicati dalla difesa;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per mancanza di specificità, in quanto ripete le doglianze prospettate al giudice di appello e respinte da questi con motivazione congrua e logica, con la quale il ricorrente non si confronta, sia in ordine all’insussistenza dell’asserita scarsa conoscenza della lingua italiana, sia in ordine alla non credibilità di una falsa informazione sulla sua libertà di circolare in Italia, sia in ordine alla irrilevanza del motivo da lui asserito come giustificazione del proprio rientro in Italia, e infine in ordine alle ragioni della no concedibilità della sospensione condizionale della pena;
ritenuto che debba ribadirsi il consolidato principio di questa Corte, secondo cui «È inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione» (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in data 08 maggio 2025
Il Consigliere estensore