Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12929 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12929 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 14/01/1955
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME vista la memoria trasmessa dal difensore in data 13/02/2025; ritenuto che entrambi i motivi di ricorso, con i quali la difesa deduce violazione di legge in relazione agli artt. 628 e 610 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen., sono articolati in termini non consentiti in questa sede;
che, difatti, con la censura di violazione di legge e la prospettazione di un diverso inquadramento giuridico dell’episodio, la difesa finisce in realtà per contestare il giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario gli elementi della fattispecie delittuosa contestata e pienamente riscontrati all’esito della ricostruzione delle concrete vicende processuali; il motivo di ricorso fondato sulla lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen. deve essere invero articolato sotto il profilo della contestazione della riconducibilità del fatto – così come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra, invece, come accade sovente ed anche nel caso di specie, è mettere in dubbio o contestare che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale; quanto al pur denunciato vizio di motivazione, è appena il caso di ribadire che il sindacato del giudice di legittimità deve essere mirato a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr., Sez. 2, n. 36119 del 4.7.2017, COGNOME; Sez. 1, n. 41738 del 10.10.2011 n. 41.738, COGNOME; Sez. 6, n. 108ì951 del 15,3.2006, COGNOME), sicché non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, inoltre, il ricorso è aspecifico quanto alla doglianza articolata sull’aggravante delle “più persone riunite” non considerando che i giudici di merito hanno quantificato la pena considerando, complessivamente, le tre aggravanti e la stessa recidiva qualificata, non avendo chiarito, pertanto, quale sarebbe stata la valenza dell’esclusione di una di esse;
che, nel caso di specie, la Corte d’appello ha dato conto, in maniera puntuale, delle emergenze processuali che avevano consentito di ritenere la responsabilità del ricorrente per il delitto di rapina e non già della diversa e più lieve fattispecie della violenza privata (cfr., pagg. 2-3 della sentenza) non essendo consentito, in questa sede, formulare doglianze che tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio, essendo preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure, in ipotesi, anch’essa logica, dei dati processuali o percorrere una diversa ricostruzione storica dei fatti ovvero formulare un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (cfr., tra le tante, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26;04/2006, Bosco, Rv. 234148); Corte di Cassazione – copia non ufficiale che, ad ogni modo, l’aggravante delle più persone riunite – circostanza che potenzia l’efficacia dell’azione criminosa – ricorre in caso di simultanea presenza di almeno due compartecipi nel luogo e nel momento del fatto, non essendo invece necessario che gli stessi pongano in essere contestualmente il medesimo segmento della condotta tipica (cfr., Sez, 2, n. 8324 del 04/02/2022, Keita, Rv. 282785 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 marzo 2025.