Ricorso in Cassazione: Quando la Valutazione delle Prove è Insindacabile
L’ordinanza n. 11419 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione, specialmente quando si tenta di rimettere in discussione la valutazione delle prove effettuata nei gradi di merito. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa contrattuale, ribadendo un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito.
I Fatti del Caso: una Truffa Contrattuale
La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna per il reato di truffa contrattuale. La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato sulla base di un solido quadro probatorio. In particolare, la decisione si fondava sulle dichiarazioni della persona offesa, ritenute pienamente attendibili, e corroborate da ulteriori elementi. Tra questi, spiccavano la deposizione di un testimone appartenente all’Arma dei Carabinieri e prove documentali inoppugnabili, come le copie degli assegni bancari e il contratto di compravendita di un’automobile. Questi elementi, nel loro complesso, permettevano di affermare con certezza la sussistenza di quegli ‘artifizi e raggiri’ che caratterizzano il reato di truffa.
I Motivi del Ricorso e la Risposta della Corte
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione articolando diverse censure. I primi quattro motivi miravano a contestare la correttezza e la logicità della motivazione della sentenza di condanna. Gli ultimi due motivi, invece, lamentavano l’eccessività della pena inflitta.
La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, dichiarandoli manifestamente infondati o non consentiti dalla legge.
L’Analisi della Corte: I Limiti del Ricorso in Cassazione
La decisione si concentra su due principi cardine del nostro ordinamento processuale.
Il Vizio di Motivazione: Non un Terzo Grado di Giudizio
Riguardo alle critiche sulla motivazione, la Corte ha ricordato che il vizio censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale, è solo quello che emerge da un palese contrasto tra lo sviluppo argomentativo della sentenza e le massime di esperienza o altre affermazioni contenute nel provvedimento stesso. Il sindacato della Cassazione è circoscritto alla verifica dell’esistenza di un apparato argomentativo logico, senza alcuna possibilità di verificare la rispondenza della motivazione alle prove acquisite nel processo. Nel caso specifico, la motivazione della Corte d’Appello era stata ritenuta coerente e ben fondata sulle prove citate.
La Discrezionalità nella Determinazione della Pena
Per quanto concerne le lamentele sulla quantificazione della pena, i giudici hanno ribadito che la sua graduazione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale. La Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse adeguatamente motivato la sua decisione, facendo espresso riferimento ai criteri di legge e sottolineando la condotta truffaldina e ingannatoria dell’imputato.
Le Motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici dei precedenti gradi. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e la tenuta logica delle sentenze impugnate. Pertanto, un ricorso che si limiti a proporre una diversa lettura delle risultanze processuali, senza individuare un vizio di logicità manifesto, è destinato all’inammissibilità. Allo stesso modo, la determinazione della pena, se correttamente motivata secondo i criteri legali, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa pronuncia conferma che la strada del ricorso in Cassazione è stretta e percorribile solo in presenza di vizi specifici. Non rappresenta un’ulteriore opportunità per discutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione delle norme giuridiche e sulla coerenza del ragionamento del giudice. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Posso presentare un ricorso in Cassazione semplicemente perché non sono d’accordo con come il giudice ha valutato le testimonianze?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso in Cassazione non può essere un riesame delle prove. La Corte si limita a verificare che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, senza poter controllare se corrisponda alle acquisizioni processuali.
Quali sono gli elementi che possono fondare una condanna per truffa contrattuale?
Secondo la decisione, la condanna può basarsi su elementi come le dichiarazioni attendibili della persona offesa, confermate da testimonianze (in questo caso di un Carabiniere) e da prove documentali (come copie di assegni e contratti), che dimostrino la presenza di “artifizi e raggiri”.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
Generalmente no, se la motivazione del giudice di merito è adeguata. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice, che deve motivare la sua scelta in base ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale. La Cassazione interviene solo se tale motivazione è manifestamente illogica o assente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11419 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11419 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPOBASSO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che i primi quattro motivi di ricorso che contestano la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando l’illogicità della motivazione, sono manifestamente infonciati poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc:. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento;
che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074);
che la motivazione della sentenza impugnata non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma /, lett. e) cod. proc. pen., come si evince da pp.4-5 della sentenza impugnata, ove I giudice di merito richiama le dichiarazioni ritenute attendibili della persona offesa COGNOME, le quali, da sole, possono essere poste a fondamento cell’affermazione di responsabilità penale a seguito di un vaglio di credibilità soggettiva (Sez.5, n.33280 del 2017), confermate dalla deposizione del teste COGNOME in servizio presso i Carabinieri di San Salvo e dai documenti prodotti quali le copie degli assegni bancari e il contratto di compravendita dell’auto, i quali tutti rappresentano elementi che permettono alla Corte di appello di affermare la sussistenza di artifizi e raggiri caratteristici del reato di truffa contrattuale;
ritenuto che il quinto e sesto motivo di ricorso che contestano l’eccessività della pena non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità e sono manifestamente infondati perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi e rilevanti come emerge da p.5 della sentenza impugnata, in cui il giudice di merito fa espresso riferimento ai criteri previsti dall’art.133 cod. pen. e sottolinea la condott dell’imputato caratterizzata da comportamenti truffaldini ed ingannatori;
rilevato che la richiesta deve essere dichiarata inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024
Il Consigliere, R tensore COGNOME
Il Prehdente