Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10644 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10644 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Sant’Agata de’ Goti il DATA_NASCITA di fiducia
avverso la ordinanza in data 16/11/2023 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale a sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
letti i motivi nuovi presentati dalla difesa in data 11/02/2024; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udita la discussione della difesa del ricorrente, AVV_NOTAIO, comparso in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricor chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 16/11/2023, il Tribunale di Napoli rigettava il ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza impositiva della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli in data 13/09/2023 in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis, primo, secondo, terzo, quarto ed ottav comma, cod. pen. (capo 1), 81 cpv., 110, 629 e 416-bis. 1 cod. pen. (capo 2), 81 cpv., 110, 629 e 416-bis. 1 cod. pen. (capo 3).
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 267 cod. proc. pen. Si eccepisce l’illegittimità dei decreti autorizzativi delle dispos intercettazioni telefoniche, tutti motivati per relationem rispetto ai provvedimenti disposti d’urgenza dal pubblico ministero, con illegittimità propagatasi ai provvedimenti successivi e segnatamente ai decreti di proroga (alcuni non rinvenuti al fascicolo), e più precipuamente quelli ricompresi nel periodo dall’agosto 2018 al febbraio 2019. Non può ritenersi soddisfatto l’obbligo motivazionale con il generico riferimento alle risultanze investigative in att effettuato dal giudice per le indagini preliminari.
Secondo motivo: nullità dell’ordinanza violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 270 cod. proc. pen. con riferimento alla dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni di cui al fascicolo n. 43372/18 (rectius, n. 34472/18) e in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. per difetto di gravità indiziar in assenza della cd. prova di resistenza. Il proc. n. 540484/18/44 (contro ignoti) ha gemmato per trasfusione il procedimento n. 34472/18, successivamente ulteriormente trasfuso, per la progressiva emersione di nuovi reati, nel proc. n. 32388/18 che ci occupa nel quale venivano riversati gli esiti investigativi raccolti I procedimenti in questione dovevano ritenersi diversi, con impossibilità di ritenere la connessione tra procedimenti, non sussistendo alcun concorso formale tra reati, né un reato continuato né, ancora, un medesimo disegno criminoso tra concorrenti nel reato.
Terzo motivo: nullità dell’ordinanza per violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in relazione agli artt. 273 e 309, comma 9, cod. proc. pen. Il giudizio sulla gravità indiziaria si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni del teste NOME COGNOME, senza che si sia proceduto ad un’attenta valutazione delle stesse anche alla luce della chiave interpretativa fornita dalla difesa le cui allegazioni difensive avrebbero consentito di escludere il presupposto per l’emissione ed il mantenimento della misura cautelare in essere. Il Tribunale, in realtà, si limita a riportare interi stralci di conversazioni, a ripercor acriticamente gli eventi già narrati dal giudice per le indagini preliminari e ritenere laconicamente integrati i fatti contestati sulla sola base di mere illazion che non solo non trovano riscontro, ma risultano finanche sconfessate dal compendio investigativo in atti.
Quarto motivo: nullità dell’ordinanza per violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in relazione all’art. 416-bis. 1 cod. pen. con riferimento agli episodi estorsivi. Il Tribunale non ha speso neanche un rigo di motivazione per sconfessare le puntuali e specifiche doglianze difensive ovvero per indicare gli elementi sui quali l’aggravante de qua risulterebbe fondata, limitandosi ad affermare apoditticamente la ricorrenza del metodo mafioso.
Quinto motivo: nullità dell’ordinanza per violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in relazione agli artt. 274, 275 e 125, comma 3, cod. proc. pen. Il Tribunale ha relegato a poche righe la trattazione in ordine al ritenuto permanere immutato delle esigenze cautelari originariamente considerate, senza motivare adeguatamente circa l’esistenza di un pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati, in ossequio ai criteri dei recenti indirizzi giurisprudenzia avuto riguardo alle argomentazioni di senso contrario puntualmente indicate dalla difesa e, su tutti, il palese mutamento di vita e di contesto ambientale da parte del COGNOME, ormai stabilmente dedito ad attività lavorativa all’estero.
Con i motivi nuovi, la difesa ha insistito nel denunciare: -la nullità dell’ordinanza per violazione di legge in relazione agli artt. 267 e 27 cod. proc. pen. (primo motivo);
-la nullità dell’ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 270 cod. proc. pen. con riferimento alla dedotta inutilizzabilità de intercettazioni di cui al fascicolo n. 43372/18 e in relazione all’art. 273 cod. proc pen. per difetto di gravità indiziaria in assenza della cd. prova di resistenza (secondo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità ed aspecificità di tutti i motiv proposti.
Il primo motivo, con il quale il ricorrente si duole dell’illegittimità d decreti autorizzativi delle intercettazioni e dei conseguenti provvedimenti di proroga per insussistenza di una congrua motivazione, in quanto argomentati per relationem rispetto ai provvedimenti d’urgenza emessi dal pubblico ministero – con conseguente propagazione dell’invalidità denunciata all’intera attività captativa è aspecifico, in quanto meramente reiterativo del corrispondente motivo di censura già avanzato in sede di riesame e puntualmente disatteso dal tribunale della libertà con congrua ed esaustiva motivazione.
2.1. Preliminarmente, occorre rilevare come già il Tribunale del riesame, nell’ordinanza impugnata, abbia dato conto della originaria genericità della doglianza per omesso specifico riferimento ad alcuno dei decreti di intercettazione asseritannente illegittimi. A fronte di una motivazione specifica ed analitica sulla medesima censura già formulata, il ricorrente ricade nel medesimo vizio rilevato, posto che omette di indicare qualsivoglia dato idoneo ad identificare i decreti che si assumono viziati, nonchè la loro rilevanza rispetto alla posizione del ricorrente, reiterando la censura con argomentazione del tutto generica ed indeterminata.
2.2. Le doglianze formulate in punto di motivazione dei decreti di autorizzazione e di proroga delle intercettazioni poste a base del compendio indiziario hanno trovato, poi, adeguato e pertinente confronto motivazionale da parte del Tribunale della libertà, che ha evidenziato, da un lato, la formazione di un giudicato cautelare sul punto della legittimità dei provvedimenti e, dall’altro, l puntuale motivazione dei decreti da parte del giudice per le indagini preliminari, pur con minore pretesta di esaustività con riferimento ai decreti di proroga per i quali, per costante orientamento giurisprudenziale, l’impegno motivazionale richiesto può ridursi alla necessità di dare conto della persistente esigenza captativa e va, pertanto, valutato alla stregua di un parametro di minore rigore espositivo (Sez. 6, n. 22524 del 01/07/2020, COGNOME, Rv. 279564, secondo cui la motivazione dei decreti di proroga può essere ispirata a criteri di minore specificità rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della plausibilità delle ragioni esposte nella richiesta del pubblic ministero).
Con il secondo motivo il ricorrente censura l’ordinanza impugnata con riferimento all’utilizzabilità delle intercettazioni per essere le stesse autorizzate e acquisite in diverso procedimento.
3.1. Il motivo viene pedissequamente riproposto, per stessa ammissione del ricorrente, al fine di valorizzare l’inesistenza di diversità tra il procedimen originario e quello nel quale il materiale intercettivo è confluito.
Orbene, occorre, anzitutto, rilevare come sia lo stesso ricorrente a non rappresentare con la dovuta chiarezza la sequenza procedimentale che ha portato, dapprima, alla variazione dell’originario procedimento 540484/18/44, a carico di ignoti, nel numero NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO, e successivamente alla trasmigrazione dei risultati intercettivi nel procedimento avente numero 38822/18; non è dato comprende, cioè, se effettivamente si tratti di una trasmigrazione dei risultati del intercettazioni in altro procedimento, o se il medesimo procedimento abbia acquisito una diversa numerazione per effetto di successivi aggiornamenti d’iscrizione.
Ne discende che la stessa formulazione della censura non riesce a confutare l’affermazione resa dal Tribunale del riesame, secondo cui tutte le intercettazioni utilizzate a carico del COGNOME sono state disposte ed eseguite nell’ambito del procedimento pendente a suo carico. In questa prospettiva, la pertinenza al caso in esame dei principi enunciati dalle Sezioni Unite Cavallo resta, pertanto, indefinita. Né, del resto, a fronte della rilevata genericità, il ricorrente sottopo alla necessaria “prova di resistenza” le intercettazioni reputate rilevanti ai fini d gravi indizi di colpevolezza.
3.2. Orbene, il Collegio non ignora il principio di diritto affermato dall Sezioni Unite secondo cui in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092). Nondimeno, ai fini del vincolo di intrusività che ne deriva, è necessario che l’esposizione della censura sia proposta in maniera tanto specifica da poter indirizzare la verifica del materiale probatorio, circostanza che non si è verificata con la presente deduzione.
Nella fattispecie, invero, è lo stesso ricorrente che denuncia di non aver effettuato, con il dovuto scrupolo, le necessarie verifiche, finendo per chiedere alla Suprema Corte una generalizzata esplorazione del materiale investigativo relativo
ai diversi procedimenti richiamati, rispetto ai quali non è neppure prodotta alcuna richiesta alla cancelleria di accesso agli atti asseritamente non rinvenuti.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alle investigazioni difensive che, ad avviso del ricorrente, avrebbero neutralizzato il contenuto delle intercettazioni relative ai colloqui con tale NOME COGNOME, tali da ricondurre il rapporto con l’indagato in termini di liceità.
Il motivo è generico, in quanto non si confronta con l’analitica motivazione resa alle pagine da 20 a 50, sia in riferimento ai reati scopo che alla fattispecie associativa, concentrandosi esclusivamente su una asserita sottovalutazione delle dichiarazioni difensive rese da uno solo degli interlocutori, NOME COGNOME, che, invece, il Tribunale del riesame ha superato con motivazione non manifestamente illogica e, quindi, non sindacabile, tenuto conto della pluralità delle conversazioni intercorse tra l’indagato ed il predetto COGNOME e del tenore inequivoco delle numerose conversazioni intercettate, non solo tra i predetti colloquianti, ma anche con i terzi, aventi ad oggetto anche le vicende relative al COGNOME. In altri termini, il Tribunale del riesame ha assegnato al COGNOME il ruolo di imprenditore colluso, in tal modo negando incensurabilmente attendibilità alle dichiarazioni liberatorie dal medesimo rese al difensore, e con le quali ha inteso rivendicare la penale rilevanza della vicenda trattata nel corso delle captazioni riportate.
Il quarto motivo, con il quale si contesta l’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis. 1, cod. pen., è del tutto generico, in quanto, d un lato, esclusivamente rivolto a contestare la ritenuta sussistenza del metodo mafioso, a fronte della complessiva contestazione anche dell’aggravante dell’agevolazione, dall’altro, poiché ignora in toto l’intraneità dello stesso ricorrente nella compagine associativa sub capo 1), diffusamente motivata a pag. 26 e 42 della sentenza impugnata, che non è stata in alcun modo oggetto di contestazione.
La censura è, altresì, aspecifica, poiché non riferisce la contestazione ad alcuno dei due capi contestati.
Del pari aspecifico è il quinto motivo, con il quale il ricorrente contesta la sussistenza delle esigenze cautelari, poiché la deduzione non si confronta con la doppia presunzione relativa prevista dall’art. 275 cod. proc. pen. e si limita a stigmatizzare circostanze, quali l’assoluzione per fatti analoghi risalenti al 1999 ed il trasferimento all’estero per ragioni lavorative, che il Tribunale del riesame ha
ritenuto comunque inidonee alla dimostrazione di una dissociazione dal sodalizio, in tal modo sviluppando un’argomentazione del tutto congrua e non sindacabile in sede di legittimità.
Inammissibili sono anche i motivi nuovi presentati dalla difesa in data 11/02/2024.
7.1. Va osservato in premessa che, le deduzioni dei c.d. motivi aggiunti possono essere esaminate soltanto in quanto non costituenti “motivo nuovo”: ciò in quanto la facoltà conferita all’appellante ed al ricorrente dall’art. 585 cod. pro pen., comma 4, deve trovare necessario riferimento nei motivi principali e rappresentare soltanto uno sviluppo o una migliore e più dettagliata esposizione dei primi, anche per ragioni eventualmente non evidenziate in precedenza, ma sempre collegabili ai capi e punti già dedotti (Sez. 1, n. 46950 del 02/11/2004, Sisic, Rv. 230181). Ne consegue che motivi nuovi ammissibili sono soltanto quelli coi quali, a fondamento del petitum già proposto nei motivi principali d’impugnazione, si alleghino ragioni “giuridiche” diverse da quelle originarie, non potendo essere ammessa l’introduzione di censure nuove in deroga ai termini tassativi entro i quali il ricorso va presentato.
I motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono, pertanto, avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di impugnazione a norma dell’art. 581, comma 1 lett. a) cod. proc. pen. (cfr., Sez. 6, n. 73 del 21/09/2011, dep. 2012, Aguì, Rv. 251780; Sez. 6, n. 27325 del 20/05/2008, COGNOME, Rv. 240367).
7.2. Il principio generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non è derogato nell’ambito del ricorso per cassazione contro i provvedimenti “de libertate”, l’unica diversità attenendo al termine per la proposizione dei motivi nuovi, che non è quello di quindici giorni prima dell’udienza, ma è spostato all’inizio dell discussione (Sez. 3, n. 2873 del 30/11/2022, dep. 2023, Guarnaccia, Rv. 284036).
7.3. Tutto ciò considerato, evidenzia il Collegio come, in relazione ai motivi aggiunti di ricorso oggetto della memoria dell’11/02/2024 – sostanzialmente ripropositivi di talune delle censure esposte nei motivi principali – gli stes mutuino la loro inammissibilità da questi ultimi, e ciò anche a voler tacere della congruità delle risposte che le critiche ivi articolate trovano nella motivazione dell sentenza impugnata. Ed invero, l’imprescindibile vincolo che esiste fra detti motivi e quelli su cui si fonda l’impugnazione principale (cfr., Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210529; Sez. 2 n. 17693 del 17/01/2018, Corbelli, Rv. 272821) comporta che il vizio radicale da cui sono inficiati questi ultimi non possa
essere tardivamente sanato dai primi (cfr., Sez. 2, n. 34216 del 29/04/2014, Cennamo, Rv. 260851; Sez. 6, n. 47414 del 30/10/2008, COGNOME, Rv. 242129), anche ove i motivi aggiunti valgano, in teoria, a colmare i difetti di quelli origin (Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, COGNOME, Rv. 278387).
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma-1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att.
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 28/02/2024.