Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28585 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VIMERCATE il 24/03/1977
avverso l’ordinanza del 04/02/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 04 febbraio 2025 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha dichiarato cessata dal 14 gennaio 2025 la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale concessa a NOME COGNOME in data 22 aprile 2024, a seguito del suo arresto in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Il Tribunale ha rilevato che il magistrato di sorveglianza di Milano, in data 16 gennaio 2025, ha sospeso la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale per essere stato il soggetto sottoposto alla custodia cautelare in carcere in quanto accusato di avere fatto parte dal 2021, e con condotta perdurante sino ad oggi, di un’associazione dedita alla commissione di truffe, sia ritenendo tale misura alternativa oggettivamente incompatibile con la custodia in carcere, sia ritenendo necessario impedire al predetto di beneficiare di spazi di libertà, grazie ai quali potrebbe reiterare tali comportamenti illeciti o sottrarsi alle conseguenze di legge. Sulla base di tale provvedimento, e alla luce dell’accusa contenuta nell’ordinanza cautelare, il Tribunale di sorveglianza ha altresì dichiarato la cessazione della misura alternativa, negando anche la concedibilità della detenzione domiciliare, perché il rientro sul territorio potrebbe inficiare le indagini in corso e consentire là reiterazione dei fatti illeciti. Ha infine ritenu non influente la documentazione dello svolgimento di un’attività lavorativa.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 47, 47 -ter e 51-ter Ord. pen.
Il Tribunale di sorveglianza ha revocato la misura alternativa senza tenere conto del principio della giurisprudenza di legittimità secondo cui il sopravvenire di una ordinanza di custodia cautelare in carcere determina in via automatica solo la sospensione dell’esecuzione della predetta misura alternativa, ma non la sua revoca. Questa deve essere correlata alla valutazione della condotta attribuita con la misura cautelare, e quindi può essere applicata solo se dal provvedimento cautelare emergono elementi idonei a modificare il quadro delle conoscenze in base al quale è stata concessa la misura alternativa e formulata la prognosi favorevole.
L’ordinanza non effettua tale valutazione, e si limita a prendere atto dell’accusa contenuta nell’ordinanza cautelare, senza neppure considerare che l’ultimo reato contestato risale al 10/10/2023, e quindi ad un’epoca molto anteriore all’inizio della esecuzione della misura alternativa.
2.2. COGNOME Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione, per contraddittorietà o manifesta illogicità del provvedimento.
L’ordinanza è carente nella motivazione della revoca, ed è contraddittoria nella parte in cui afferma che la documentazione depositata dalla difesa non incide sulla valutazione, perché essa prova l’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa, durante l’esecuzione dell’affidamento in prova, e la disponibilità del datore di lavoro a mantenere tale rapporto. Tali elementi sono fondamentali nella valutazione che deve essere svolta dal giudice della sorveglianza.
L’ordinanza, poi è manifestamente illogica laddove fissa nel 14/01/2025 la cessazione della misura alternativa. Questa è stata legata, in questo modo, all’esecuzione della misura cautelare, ma le due misure sono indipendenti, essendo la data di esecuzione della misura cautelare un elemento temporale non dipendente da un comportamento del soggetto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria di replica alla requisitoria, depositata in data 17/04/2025, il ricorrente ha contestato la valutazione di inammissibilità del ricorso e ha ribadito le ragioni di questo, richiamando recente giurisprudenza di questa Corte ed allegando il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari ha sostituito la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
Il primo motivo di ricorso richiama, correttamente, il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «L’emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di condannato affidato in prova al servizio sociale determina la sospensione dell’esecuzione della misura alternativa per la durata della misura custodiale, ma non ne comporta automaticamente la revoca che è, invece, correlata alla valutazione della condotta attribuita all’affidato con GLYPH il provvedimento cautelare e alla sua incompatibilità con la prosecuzione della prova» (Sez. 1, n. 36503 del 06/06/2018, Rv. 273614, tra le molte). Non è però fondata l’affermazione del ricorrente, secondo cui l’ordinanza impugnata non si sarebbe conformata a tale principio, ma avrebbe disposto in via automatica non solo la sospensione della misura alternativa, bensì anche la sua revoca.
L’ordinanza impugnata, infatti, sia pure con estrema sinteticità, ha assunto separatamente le due decisioni: ha affermato, infatti, che l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere «impone» la sospensione provvisoria della misura alternativa, sia per l’oggettiva incompatibilità della stessa con la detenzione in carcere, sia per la valutata gravità dell’accusa posta a base dell’ordinanza custodiale. Separatamente e successivamente, poi, ha ritenuto, e quindi valutato, di dover disporre la cessazione dell’affidamento in prova «alla luce delle accuse contenute nella OCC», ed ha respinto la richiesta di sostituirlo con la detenzione domiciliare, anche per il pericolo di reiterazione dei reati. Questa frase, benché particolarmente sintetica, dimostra che il Tribunale di sorveglianza ha esaminato il contenuto dell’ordinanza custodiale e ha considerato la gravità delle accuse avanzate, e ha ritenuto queste ultime tali da imporre una diversa valutazione circa l’affidabilità del soggetto e l’idoneità della misura alternativa ad assicurare la prevenzione del pericolo di commissione di nuovi reati, come richiesto dall’art. 47, comma 3-ter, Ord. pen.
L’ordinanza impugnata, pertanto, sia pure con una motivazione eccessivamente sbrigativa, appare rispettare le norme di cui agli artt. 47 e 51ter Ord. pen.: l’esecuzione dell’ordinanza di custodia comporta la sospensione della misura alternativa dell’affidamento in prova, stante la loro incompatibilità, ma impone anche una nuova valutazione della sussistenza dei presupposti per la concedibilità della misura stessa. Secondo questa Corte, infatti, «La revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale … può essere disposta non soltanto per condotte successive all’inizio della sua decorrenza, ma anche quando emergano fatti antecedenti, non conosciuti dal tribunale di sorveglianza, la cui gravità induce a rivalutare la prognosi favorevole alla concessione del beneficio» (Sez. 1, n. 16337 del 26/01/2024, Rv. 286240; vedi anche Sez. 1, n. 35871 del 27/11/2020, Rv. 280095). Nel presente caso, la presenza di un’accusa di partecipazione, dal 2021 e quanto meno sino all’ottobre 2023 (secondo le ammissioni dello stesso ricorrente), ad un’associazione criminosa dedita alla commissione di truffe in danno di società finanziarie, consente legittimamente di porre in dubbio l’affidabilità del soggetto e la sua volontà di avviare un percorso riabilitativo, nonché l’idoneità di una misura alternativa alla detenzione che consente il pieno movimento sul territorio a favorire la sua rieducazione e ad assicurare la prevenzione dalla recidivanza.
L’art. 47, comma 3-ter, Ord. pen., pone infatti la necessità di assicurare tale prevenzione tra i parametri di valutazione dell’idoneità della misura, e quindi della sua concedibilità, «attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, Rv. 278174): l’avere
tenuto una grave condotta di reato sino a pochi mesi prima della richiesta di tale beneficio, come avvenuto in questo caso in cui la misura alternativa è stata concessa in data 22/04/2024, consente logicamente di formulare un giudizio negativo, in particolare quanto alla capacità e volontà del condannato di astenersi dal commettere nuovi reati. La fondatezza di un giudizio negativo sul punto appare confermata dalla decisione del giudice per le indagini preliminari che, secondo quanto attestato dal provvedimento allegato dal ricorrente alla sua memoria, a seguito delle «ampie dichiarazioni confessorie» dell’Arena ha sostituito la misura della custodia in carcere, ma ha comunque applicato quella degli arresti domiciliari, evidentemente condividendo quanto affermato nell’ordinanza qui impugnata, circa la necessità di non consentirgli di beneficiare di spazi di libertà che potrebbero permettere la reiterazione di fatti illeciti. L conoscenza ex post di una grave condotta di reato, commessa sino a pochi mesi prima della concessione della misura alternativa, giustifica pertanto una diversa valutazione circa la sussistenza del predetto parametro, e la conseguente revoca della misura stessa.
La motivazione della revoca, cioè la inidoneità dell’affidamento in prova al servizio sociale ad assicurare la prevenzione del pericolo di recidivanza, rende logica anche l’affermazione della irrilevanza dello svolgimento di un’attività lavorativa da parte del ricorrente, in quanto tale attività, mentre consente una valutazione positiva circa l’idoneità della misura a favorire la rieducazione del condannato, è del tutto irrilevante quanto alla sua capacità di impedire ricadute nel delitto.
3. Anche il secondo motivo di ricorso non è accoglibile.
La determinazione della revoca della misura alternativa a partire dalla data dell’arresto del ricorrente appare in contrasto con la motivazione posta a fondamento della revoca stessa, cioè la sopravvenuta valutazione della sua inidoneità ad assicurare la prevenzione del pericolo di recidivanza, in quanto questa avrebbe imposto, più logicamente, di far retroagire la revoca sin dalla sua concessione.
Tale decisione, però, non può essere qui annullata, sia perché si tratterebbe di un provvedimento in danno del ricorrente, il quale non ha, pertanto, interesse a formulare una simile richiesta, sia perché essa, pur non apparendo del tutto logica, non può essere ritenuta contraddittoria, né manifestamente illogica. Il Tribunale, infatti, può avere ritenuto che, se l’ultima condotta di reato del ricorrente risale all’ottobre 2023, secondo quanto da lui stesso affermato, il periodo trascorso in esecuzione della misura alternativa può essere valutato in termini a lui favorevoli, così da non vanificare del tutto la prova svolta sino al momento della sua forzata sospensione. Si tratta di una valutazione discutibile,
ma non manifestamente illogica, che si sottrae pertanto al sindacato del giudi di legittimità.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertant essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spe
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente