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Registrazione di un colloquio svoltosi tra presenti

consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato.

Pubblicato il 17 April 2024 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. cod. proc. pen. consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato.

La registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 cod. proc. pen., salvi gli eventuali divieti di divulgazione dei contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa (ex plurimis, Sez. 2, n. 40148 del 06/07/2022; Sez. 2, n. 12347 del 10/02/2021; Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003).

Le Sezioni unite chiarirono che l’ammissibilità della prova documentale, rappresentata dalla registrazione fonografica di una comunicazione tra presenti ad opera di uno degli interlocutori o di persona ammessa ad assistervi (che non può essere ricondotta alla nozione di intercettazione contenuta nel codice di rito, difettando “la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante”, poiché “con la registrazione, il soggetto interessato non fa altro che memorizzare fonicamente le notizie lecitamente apprese dall’altro o dagli altri interlocutori”) implica di regola l’utilizzabilità processuale del contenuto della prova così raccolta, fatta eccezione per le ipotesi in cui mediante tale prova vengano superati divieti espressamente previsti dalla legge e, in particolare, quelli destinati a limitare l’acquisizione di contributi dichiarativi ad opera della polizia giudiziaria con modalità non consentite.

Nel medesimo senso, si è chiarito che la trascrizione della conversazione intercorsa tra la vittima e l’autore di condotte estorsive ed usurarie, portata a conoscenza delle forze dell’ordine per iniziativa delia stessa persona offesa mediante l’inoltro della chiamata in corso sull’utenza delia polizia, che provveda immediatamente alla sua registrazione tramite l’applicazione cali recorder, costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, utilizzabile in dibattimento quale prova documentale, ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 26766 del 06/07/2020).

Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, Sentenza n. 10079 dell’8 marzo 2024

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