Regime 41 bis: i Limiti del Ricorso in Cassazione Secondo l’Ordinanza 5412/2024
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5412 del 2024, è tornata a pronunciarsi sui confini del sindacato di legittimità in materia di regime 41 bis. La decisione chiarisce in modo netto la differenza tra una contestazione per violazione di legge, unico motivo di ricorso ammesso, e una richiesta di rivalutazione del merito, destinata all’inammissibilità. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere i presupposti e i limiti di applicazione del cosiddetto ‘carcere duro’.
I Fatti del Caso: Il Reclamo contro il ‘Carcere Duro’
Un detenuto, sottoposto al regime 41 bis per due anni con decreto ministeriale, presentava reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma. Il Tribunale rigettava il reclamo, confermando la misura restrittiva. Avverso tale decisione, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando una motivazione ‘inesistente o apparente’. Secondo la difesa, il provvedimento si basava su una valutazione superficiale, fondata su elementi antecedenti all’attuale detenzione e su affermazioni di stile, senza una rigorosa verifica delle prove e degli argomenti difensivi.
La Decisione sul ricorso per il regime 41 bis
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede in un principio fondamentale: i provvedimenti emessi dal Tribunale di Sorveglianza in materia di regime 41 bis sono ricorribili in Cassazione esclusivamente per ‘violazione di legge’.
Il ricorrente, invece, con le sue censure, mirava a sollecitare una diversa valutazione degli elementi già esaminati dal giudice di merito. Un’operazione di questo tipo, che implica un nuovo giudizio sui fatti e sulla loro interpretazione, è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del Tribunale di Sorveglianza, se quest’ultima è logicamente motivata e giuridicamente corretta.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Sorveglianza ‘adeguata e coerente’. Il giudice di merito aveva fondato la sua decisione su un’analisi completa che includeva:
* Informative aggiornate: Dati recenti forniti dagli organi inquirenti e di polizia.
* Posizione del detenuto: Il ruolo ricoperto dal soggetto all’interno dell’associazione criminale, come accertato in diverse sentenze di condanna.
* Episodi specifici: Comportamenti concreti, come l’immediata ripresa dei contatti con altri membri del sodalizio criminale dopo una precedente scarcerazione.
Questi elementi, nel loro complesso, dimostravano la sussistenza di collegamenti attuali con l’associazione di appartenenza e la persistenza di un pericolo concreto per l’ordine e la sicurezza pubblica. Il Tribunale, correttamente, ha espresso un giudizio di probabilità: in assenza delle restrizioni del 41 bis, il detenuto avrebbe potuto riprendere o mantenere i contatti criminali. La motivazione non era quindi né apparente né illogica, ma saldamente ancorata agli atti processuali.
Le Conclusioni: Cosa Implica questa Ordinanza
L’ordinanza ribadisce un orientamento consolidato: il giudizio della Cassazione sul regime 41 bis è un controllo di legalità, non un terzo grado di merito. Non è sufficiente per il ricorrente sostenere che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza sia ‘superficiale’; è necessario dimostrare un vizio giuridico, come un’errata interpretazione della norma o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, che la renda meramente apparente. In mancanza di tali vizi, il ricorso che si limita a proporre una lettura alternativa delle prove è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Per quale motivo si può ricorrere in Cassazione contro il provvedimento che applica il regime 41 bis?
Il ricorso per cassazione contro i provvedimenti in materia di regime 41 bis è ammesso solo per il motivo della ‘violazione di legge’, come specificato dall’art. 41 bis, comma 2 sexies dell’ordinamento penitenziario. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale di Sorveglianza.
Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a ottenere una diversa valutazione degli elementi di prova già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per confermare il regime 41 bis?
Il Tribunale ha basato la sua decisione su una serie di elementi, tra cui: la situazione complessiva del detenuto, le informative aggiornate degli organi inquirenti, la posizione di rilievo ricoperta nell’associazione criminale (accertata in sentenze passate), e specifici episodi, come la ripresa immediata dei contatti con i sodali dopo una precedente scarcerazione, che dimostravano la persistenza e l’attualità del pericolo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5412 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5412 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto da COGNOME NOME avverso il decreto ministeriale di applicazione per anni due del regime di cui all’art. 41 bis ord. pen.;
Rilevato che con il ricorso, così come poi ribadito nella memoria pervenuta il 22/12/2023, si deduce la violazione di legge evidenziando che la motivazione del provvedimento impugnato è inesistente o apparente in quanto non conterrebbe una rigorosa ed effettiva verifica degli elementi emersi e, non avendo considerato le richieste della difesa e gli argomenti da questa esposti, si baserebbe su di una valutazione superficiale, fondata su asserzioni che fanno riferimento a periodi antecedenti all’attuale detenzione, e su sillogismi di carattere presuntivo nei quali sono esternate mere affermazioni di stile;
Rilevato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale di Sorveglianza in materia di regime di cui all’art. 41 bis ord. pen. è ammesso solo per violazione di legge (cfr. art. 41 bis, comma 2 sexies ord. pen.);
Rilevato che la motivazione del provvedimento impugnato -con gli specifici riferimenti alla situazione complessiva, alle informative aggiornate degli organi inquirenti e di polizia e ai pareri, alla posizione rivestita dal ricorrente nell’associazione (così come ritenuta nelle sentenze di condanna, sia quella in esecuzione che quella pronunciata dopo l’inizio della detenzione) e a episodi specifici, come l’avere immediatamente ripreso i contatti con i sodali all’atto della precedente scarcerazione – risulta adeguata e coerente quanto alla sussistenza in concreto di collegamenti con l’associazione di appartenenza e della sussistenza e attualità del pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, ciò anche considerato, come correttamente evidenziato, che il giudizio deve essere espresso in termini di adeguata valutazione della probabilità che, in mancanza delle restrizioni conseguenti al regime di detenzione differenziato, il detenuto possa riprendere ovvero mantenere i contatti (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, 2019, COGNOME, Rv. 274912 01; Sez. 5, n. 40673 del 30/05/2012, COGNOME, Rv. 253713 – 01);
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto la censura proposta, tesa a sollecitare una diversa valutazione degli elementi in atti, non è consentita in questa sede (cfr. Sez. 1, n. 18434 del 23/04/2021, Mulè, Rv. 281361-01; Sez. 7, n. 19290 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 26724801);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/1/2024