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Recidiva: la valutazione del giudice è insindacabile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa che contestava l’applicazione della recidiva e l’eccessività della pena. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione sulla recidiva e sulla commisurazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, se congruamente motivata, e non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Pena: La Discrezionalità del Giudice di Merito

La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso in sede di legittimità riguardo alla valutazione della recidiva e alla commisurazione della pena. La decisione sottolinea come tali aspetti rientrino nella piena discrezionalità del giudice di merito, a patto che la sua motivazione sia logica e coerente con le norme di riferimento. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere quando e come si possono contestare le decisioni dei giudici di primo e secondo grado.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per il reato di truffa aggravata. La sentenza, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello in sede di rinvio, aveva riconosciuto la responsabilità penale di un individuo, applicando anche l’aggravante della recidiva semplice infraquinquennale.

L’imputato, attraverso il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’eccessività del trattamento sanzionatorio. La difesa sosteneva che la condotta delittuosa non fosse caratterizzata da un elevato grado di “sofisticazione”, motivo per cui l’applicazione della recidiva sarebbe stata ingiustificata e la pena sproporzionata.

La Valutazione sulla Recidiva secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il motivo di ricorso relativo alla recidiva come “assolutamente generico” e “manifestamente infondato”. I giudici hanno chiarito un principio consolidato: la valutazione sulla sussistenza e sull’applicazione della recidiva non può basarsi unicamente sulla gravità del nuovo reato o sulla distanza temporale dai precedenti.

Il giudice di merito ha il dovere di effettuare un’analisi concreta, seguendo i criteri dell’art. 133 del codice penale. Deve esaminare il rapporto tra il reato per cui si procede e le condanne precedenti, verificando se la carriera criminale passata sia sintomatica di una “perdurante inclinazione al delitto” che ha agito come fattore criminogeno per il nuovo reato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua su questo punto, rendendo la doglianza dell’imputato infondata.

Il Trattamento Sanzionatorio e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Anche la censura relativa all’eccessività della pena è stata respinta. La Cassazione ha ricordato che la graduazione della pena, inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti, è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito.

Il ricorso per cassazione non è la sede adatta per contestare l’entità della pena, a meno che la motivazione del giudice inferiore non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Il giudice di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, che ha esercitato il suo potere in aderenza ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, il motivo sulla recidiva era generico e non si confrontava specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. In secondo luogo, la contestazione sulla misura della pena è preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato le proprie decisioni, facendo riferimento a elementi decisivi e rilevanti emersi nel corso del processo. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un caposaldo del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La valutazione dei fatti, della personalità dell’imputato, della gravità del reato e, di conseguenza, della pena e dell’applicazione della recidiva, spetta ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione interviene solo per correggere errori di diritto o vizi logici gravi nella motivazione, non per riconsiderare scelte discrezionali che siano state adeguatamente giustificate. La decisione serve da monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e giuridicamente fondati, evitando contestazioni generiche sulla discrezionalità del giudice.

Quando il giudice può applicare l’aggravante della recidiva?
Il giudice può applicare la recidiva dopo aver esaminato in concreto, sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, il rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti, per verificare se queste indichino una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito sulla commissione del nuovo crimine.

È possibile contestare l’eccessività di una pena con un ricorso per cassazione?
No, la legge non consente di contestare l’eccessività della pena in sede di legittimità (Corte di Cassazione), poiché la sua determinazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, a condizione che la sua decisione sia adeguatamente motivata secondo i principi degli artt. 132 e 133 del codice penale.

Cosa comporta un ricorso per cassazione ritenuto “manifestamente infondato”?
Se un ricorso viene giudicato manifestamente infondato, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Questo comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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