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Reato ostativo: ricorso inammissibile, cosa fare

Un detenuto, in espiazione di pena per un reato ostativo, ha visto il suo ricorso per ottenere misure alternative dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. La decisione si fonda sulla definitività di una precedente pronuncia che aveva già accertato la mancata collaborazione con la giustizia. La Suprema Corte, tuttavia, ha sottolineato la possibilità per il condannato di presentare una nuova istanza in base a una recente modifica legislativa.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Ostativo e Misure Alternative: La Decisione della Cassazione

L’accesso ai benefici penitenziari per chi è condannato per un reato ostativo rappresenta uno dei nodi più complessi del nostro ordinamento. La collaborazione con la giustizia è spesso la chiave per aprire le porte a misure alternative alla detenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3792/2024) ha ribadito l’importanza dei principi processuali, come la definitività delle decisioni, dichiarando inammissibile il ricorso di un detenuto, ma aprendo al contempo uno spiraglio legato alle recenti riforme legislative.

I Fatti del Caso

Un detenuto, condannato per un reato che rientra nel novero dei cosiddetti ‘ostativi’, presentava al Tribunale di Sorveglianza di Sassari un’istanza per ottenere misure alternative come l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare o la semilibertà. Il Tribunale dichiarava l’istanza inammissibile. La ragione era netta: un altro Tribunale di Sorveglianza, quello di Catanzaro, aveva già stabilito in una precedente e ormai definitiva pronuncia che la collaborazione del condannato con la giustizia era possibile ed esigibile, ma non era stata prestata.
Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per cassazione basato su tre motivi principali: la violazione del principio del giudice naturale, sostenendo la competenza del tribunale di Sassari a valutare la collaborazione; un’errata interpretazione delle norme sulla collaborazione impossibile; e un difetto di motivazione.

La Decisione sul Ricorso per Reato Ostativo

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il punto cruciale della decisione non risiede in una nuova valutazione sulla collaborazione, ma nel concetto di preclusione processuale.
Secondo i giudici, la questione relativa alla competenza del Tribunale di Catanzaro e la valutazione negativa sulla possibilità di collaborazione erano già state oggetto di una precedente decisione, divenuta definitiva a seguito di un’altra pronuncia della stessa Cassazione. Di conseguenza, ogni discussione su quel punto era ormai ‘preclusa’.
Il ricorrente non aveva introdotto elementi nuovi che potessero giustificare una revisione di quel giudizio. La sua istanza al Tribunale di Sassari è stata quindi correttamente considerata come una mera ‘reiterazione’ di una richiesta già respinta, portando a una dichiarazione di inammissibilità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione basandosi sul principio del ne bis in idem processuale, secondo cui una questione già giudicata con una pronuncia irrevocabile non può essere riesaminata. La decisione del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, avendo acquisito carattere di definitività, ha cristallizzato l’accertamento negativo sulla collaborazione del condannato. Pertanto, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, investito di una nuova istanza identica nei presupposti, non poteva fare altro che dichiararla inammissibile in base alla normativa vigente al momento della sua presentazione. Gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti assorbiti da questa statuizione preliminare e decisiva.

Conclusioni: Implicazioni e Nuove Prospettive

La sentenza conferma un principio fondamentale: le decisioni giudiziarie definitive non possono essere rimesse in discussione all’infinito. Il ricorso è stato respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. Tuttavia, la Corte offre un’indicazione pratica di grande importanza. Pur chiudendo la porta al ricorso attuale, ne apre un’altra per il futuro. I giudici hanno specificato che ‘resta ferma la facoltà del condannato di avanzare nuova istanza di misura alternativa, sulla base della sopravvenuta disciplina di cui al d.l. n. 162 del 2022, conv. con l. n. 199 del 2022’. Questo significa che, sebbene la vecchia strada sia bloccata, la recente riforma in materia di reati ostativi offre al condannato la possibilità di presentare una nuova domanda, che dovrà essere valutata alla luce delle nuove disposizioni legislative.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la questione della mancata collaborazione con la giustizia era già stata decisa con una pronuncia definitiva da un altro tribunale. Questa precedente decisione ha creato una ‘preclusione’, impedendo che lo stesso punto potesse essere riesaminato.

È possibile presentare una nuova istanza per misure alternative dopo una dichiarazione di inammissibilità?
Sì. La Corte di Cassazione ha specificato che il condannato ha la facoltà di presentare una nuova istanza, ma questa dovrà basarsi sulla nuova disciplina legislativa introdotta con il D.L. n. 162 del 2022, che ha modificato le regole per l’accesso ai benefici per i condannati per reato ostativo.

Cosa significa che una questione è ‘preclusa’ in un processo?
Significa che un determinato punto o argomento non può più essere discusso o messo in discussione perché è già stato oggetto di una decisione giudiziaria passata in giudicato, ovvero diventata definitiva e non più impugnabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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