Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23362 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23362 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASAVATORE il 28/08/1961
avverso l’ordinanza del 09/12/2024 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che GLYPH ha chiesto ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte di assise d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione a diversi reati ex artt. 291 bis, 291 ter, 291 quater d.P.R. n. 43 del 1973, giudicati con due sentenze irrevocabili emesse da: 1) G.I.P. Tribunale Napoli Nord del 13/05/2018 (pena inflitta anni uno e mesi dieci di reclusione ed € 3.600.000 di multa; pena sospesa); 2) Corte d’appello di Napoli del 20/10/2021 (pena inflitta anni due di reclusione; pena sospesa), rideterminando la pena complessiva in anni due, mesi otto, giorni venti di reclusione ed euro 3.867,00 di multa, ed ha revocato la sospensione condizionale concessa con entrambe le sentenze.
Avverso il provvedimento ricorre NOME per mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che denuncia, come unico motivo di ricorso, la violazione degli artt. 125 cod. proc. pen. e 187 disp. att. cod. proc. pen. e il vizio della motivazione per l’erronea determinazione della pena complessiva.
Evidenzia il ricorrente come il G.E., nell’individuare la pena più grave con riferimento alla sentenza sub 1), non abbia considerato il disposto di cui all’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. che impone di porre a base del calcolo della continuazione in executivis la pena finale, già all’esito della riduzione del rito abbreviato.
Il ricorrente deduce inoltre l’illogicità e la carenza della motivazione in merito al computo della complessiva pena.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, avendo il G.E. errato nel mettere a base del computo una pena base diversa da quella indicata nella parte introduttiva, con riferimento alla pena di cui alla sentenza sub 1).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e dev’essere respinto.
Il giudice dell’esecuzione che procede alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze e provvedimenti, alcuno dei quali afferente a più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati riuniti in continuazione, individuare, poi, quello più
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grave e, solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo.
Nel caso in esame, il G.E. ha operato lo scorporo dei reati, già unificati per la continuazione interna, giudicati con la sentenza sub 2., ed ha individuato, ex art. 187 disp. att. cod. proc. pen., la pena più grave da porre a base del computo quella inflitta all’unico reato giudicato con la sentenza sub 1.
Nel contestare la correttezza del calcolo operato dal GE., il ricorrente incorre nel vizio di aspecificità, dal momento che ha omesso di indicare con precisione quale fosse, in ipotesi, la pena più grave inflitta in sede di cognizione nell’ambito dei più reati (avvinti da continuazione interna) giudicati con la sentenza sub 2.
3. Va poi osservato come il G.E., avendo unificato, ex art. 671 cod. proc. pen., due sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto sancito da Sez. 1, n. 37168 del 19/07/2019, Ben COGNOME, Rv. 276838 – 01, per cui «il riconoscimento in sede esecutiva della continuazione tra i reati oggetto di condanne emesse all’esito di distinti giudizi abbreviati comporta, previa individuazione del reato più grave, la determinazione della pena base nella sua entità precedente all’applicazione della diminuente per il rito abbreviato, l’applicazione dell’aumento per continuazione su detta pena base e, infine, il computo sull’intero in tal modo ottenuto della diminuente per il rito abbreviato».
La riduzione di pena connessa al giudizio abbreviato costituisce, infatti, com’è noto, una diminuente di natura processuale, la quale si risolve in un’operazione puramente aritmetica che consegue alla scelta del rito operata dall’imputato, sì che essa, logicamente e temporalmente, dev’essere eseguita dopo la determinazione della pena, effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme sostanziali.
Tale opzione ermeneutica è coerente ed ossequiosa del principio di diritto desunto dalla sentenza Sez. U., n. 45583 del 25/10/2007, P.G. in proc. COGNOME e altri, Rv. 237692, secondo la quale la riduzione della pena per la scelta del rito abbreviato dovrebbe rappresentare sempre un posterius rispetto alle altre ordinarie operazioni di dosimetria della pena che la legge attribuisce al giudice.
Tale principio non risulta superato dalla pronuncia del massimo organo nomofilattico di questa Corte che ha recentemente affermato che «Ai fini dell’individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve essere considerata come “pena più grave inflitta”, che identifica la “violazione più grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, siccome indicata nel dispositivo di sentenza» (Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023 dep. 2024, COGNOME, Rv. 285865 – 01).
Premesso che nel caso scrutinato nella citata pronuncia del massimo consesso, per il reato più grave,
ex art. 187 disp. att. cod. proc. pen., tra quelli unificati
ex art.
671 cod. proc. pen., era stata inflitta la pena dell’ergastolo, le Sez. Unite chiariscono espressamente che «2.1. In via preliminare, occorre precisare che la disomogeneità
delle interpretazioni in ordine alla norma in questione assume precipua rilevanza allorché vengano in considerazione reati puniti con la pena dell’ergastolo o per i quali
trovi applicazione il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen.
Solo per questi, infatti, ha incidenza l’individuazione della pena base sulla quale operare gli aumenti a titolo di continuazione, potendo solo in tal caso mutare il computo
(così come la natura) della pena finale; viceversa, nessuna incidenza si determina per le pene temporanee, essendo sostanzialmente irrilevante, per la medesimezza del
risultato finale, che la riduzione per il rito venga effettuata sui singoli addendi (le frazioni di pena da unificare) ovvero sulla pena finale».
Il caso che ci occupa attiene proprio a quest’ultima casistica analizzata dalla sentenza COGNOME: nelle due sentenze unificate dal G.E., in sede di cognizione erano
state inflitte pene temporanee, di talché alcuna incidenza può avere, ed ha in concreto avuto, la decisione del Giudice dell’esecuzione di operare il calcolo per addivenire alla pena finale, partendo dalla pena concretamente inflitta per il reato più grave, ovvero, come avvenuto nel caso di specie, dalla pena stabilita per il più grave reato, nella misura precedente la diminuzione per il rito.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere disatteso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 marzo 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il P sidente