Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20074 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20074 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Canosa di Puglia (BT), il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di Assise di Appello di Bari emessa in data 28/11/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore e procuratore speciale della parte civile NOME COGNOME, che ha insistito per l’inammissibilità del ricorso, con conferma delle statuizioni civili; udito l’AVV_NOTAIO, difensore e procuratore speciale delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME, che ha depositato conclusioni scritte, alle quali si è riportato, e nota spese anche per l’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO; uditi l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIOto AVV_NOTAIO, difensori di fiducia dell’imputato, che si sono riportati ai motivi di ricorso e ne hanno chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Assise di Appello di Bari – quale giudice di rinvio a seguito dell’annullamento, da parte della Sezione Prima di questa Corte, con sentenza n. 46216 del 17/11/2021, della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Bari in data 26/02/2020 che, in riforma della sentenza della Corte di Assise di Trani del 31/01/2019, assolveva NOME COGNOME, per non aver commesso il fatto, dal reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, nonché dai delitti di detenzione e porto illegali di arma comune da sparo – confermava la sentenza della Corte di Assise di Trani che aveva condannato il COGNOME all’ergastolo, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti delle par civili.
La sentenza della Prima Sezione di questa Corte, richiamando i principi elaborati in sede di legittimità quanto alla motivazione “rafforzata”, in caso di sentenza di appello che pervenga ad una pronuncia assolutoria dell’imputato condannato in primo grado, ha rilevato come la Corte di merito, nel caso di specie, non si fosse attenuto ai detti principi, con particolare riferimento all’alibi fornito dall’imput ed agli elementi di conferma dello stesso; analoghe carenze sono state rilevate quanto al percorso motivazionale concernente il possesso di un fucile non denunciato, da parte dell’imputato, con cui egli avrebbe potuto commettere l’omicidio, apparendo, altresì, sintetica ed inappagante la motivazione della sentenza sotto l’aspetto della considerazione del movente.
La Corte di merito, in sede di giudizio rescissorio, ha, pertanto compiuto una nuova valutazione dell’intero materiale probatorio, alla luce sia delle deduzioni difensive che dei principi individuati ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen., pervenendo alla conferma del giudizio di condanna dell’imputato, conformemente al primo giudice.
In data 08/07/2023 NOME COGNOME ricorre, a mezzo dei difensori di fiducia AVV_NOTAIO ed AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc pen.:
2.1 violazione di legge, in riferimento all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen., quanto la sentenza di condanna si fonda su elementi indiziari non dotati di gravità e precisione, risultando, inoltre, carente rispetto alle deduzioni difensive, già valorizzate con i motivi di appello, in aperto contrasto con il canone
ermeneutico della condanna al di là di ogni ragionevole dubbio; in particolare, nel caso in esame, il materiale probatorio, che la Corte di merito ha avuto a disposizione per verificare la commissione del fatto, consta esclusivamente di elementi indiziari, sulla cui tenuta, tuttavia, impatta anzitutto l’esistenza di u alibi fornito dall’imputato e ritenuto dalla Corte di merito non valido; sul punto, la difesa aveva evidenziato come tale alibi fosse stato riscontrato da due testimoni della difesa a discarico, la COGNOME e la COGNOME, oltre che dalla nuora e dal figlio dell’imputato; la Corte di merito, per negare validità a tale alibi, offerto una motivazione apparente, illogica e contraddittoria, come dimostrato da alcuni passaggi motivazionali riportati in ricorso; quanto alla COGNOME, la Corte di merito omette di valutare come ella avesse dichiarato che il giorno dell’incontro con il COGNOME al cimitero la figlia non avesse lezione a scuola, i quanto vi era ponte, il che rende evidente che la data dell’incontro non potesse che essere il 31 ottobre 2016, che cadeva di lunedì, e non certamente il 2 novembre 2016, che cadeva di mercoledì, tanto più che la ragione della visita al cimitero da parte della teste consisteva nel compito assegnato alla figlia della teste, a scuola, di redigere un tema sulla visita ai defunti, dal che emerge come proprio durante il ponte fosse avvenuta tale visita; inoltre, a differenza di quanto affermato dalla Corte di merito, il difensore, nel corso del dibattimento di primo grado, all’esito dell’esame della teste, aveva chiesto l’acquisizione del verbale di s.i.t. redatto in sede di indagini difensive, ritenuta non necessaria dal Presidente del Collegio, a seguito di opposizione del pubblico ~istero; ciò senza considerare che la teste, escussa dal difensore, aveva indicato esclusivamente la data del 31 ottobre 2016, confermando, in dibattimento, il ricordo più nitido in prossimità dell’evento; si sottolinea come la sentenza sembrerebbe adombrare un non corretto uso dell’esercizio dell’attività di investigazioni difensive, omettendo di considerare che nessuna norma impone al difensore di rendere edotto il teste anche della natura dell’imputazione, così come ciò non è richiesto neanche in caso di assunzione a s.i.t. da parte della polizia giudiziaria o del pubblico ministero. Anche il dato fondato sul monitoraggio eseguito mediante GPS e volto a dimostrare che il COGNOME si tratteneva al cimitero solo pochi minuti, allo scopo di sconfessare l’alibi riferito al 31/10/2016, appare fondare una motivazione del tutto illogica, secondo cui si vuole fare discendere da un’abitudine successiva una regola indefettibilmente ascrivibile anche alla prima ricorrenza della festa dei defunti, poco tempo dopo il decesso della moglie dell’imputato; ciò senza contare che la RAGIONE_SOCIALE aveva collocato la presenza dell’imputato all’interno del cimitero intorno alle 11,30, così come pure la RAGIONE_SOCIALE, oltre al figlio ed alla nuora dell’imputato, lo avevano collocato in quello stesso luogo sin dalle prime ore della mattina, tra le ore 07,00 e le ore 07,45 e, quindi, non certamente in epoca successiva alla commissione del reato, stante Corte di Cassazione – copia non ufficiale
anche l’incertezza dell’ora del decesso della vittima; sul punto, tra l’altro, la Corte di merito, allo scopo di collocare l’orario della morte tra le ore 08,00 e le ore 10,00 del 31/10/2016, non si confronta con il contenuto della deposizione del medico legale, prof. COGNOME, da cui traspariva l’impossibilità di circoscrivere con sufficiente precisione l’ora del decesso. Anche in riferimento all’analisi del materiale balistico, la motivazione appare affetta da manifesta illogicità, risultando del tutto irrilevante il dato del sequestro di armi nei confronti dell’imputato, ritenute funzionanti, in assenza di perizia balistica e di accertata incompatibilità delle stesse con l’arma utilizzata per l’omicidio, mai rinvenuta; ciò rende del tutto irrilevante l’intercettazione nei confronti del figlio dell’imputato, cui questi esprime il timore che le armi del padre potessero avere sparato; inoltre, manca di precisione il dato indiziario relativo alla riconducibilità de pallini, estratti dal corpo della vittima, in relazione al rinvenimento di tr cartucce nella disponibilità dell’imputato, contenenti pallini dello stesso tipo di quelli trovati nel corpo della vittima, considerato il numero estremamente esiguo rispetto al numero di cartucce – 400 – seqiuestrate al COGNOME; del pari carente risulta la motivazione della Corte di merito circa l’effettiva consistenza probatoria del dato rappresentato dall’episodio del 10/12/2016, in cui l’auto del COGNOME, monitorata dal GPS, si era trovata nel fondo ubicato tra le proprietà frontiste del COGNOME e del COGNOME stesso, dove stava lavorando il figlio dell’imputato; in tal occasione, afferma la sentenza impugnata, si sarebbe registrato il suono di uno sparo seguito da uno scarrellamento, e sarebbe stata pronunciata la frase “ma dalla macchina hai sparato?”, attribuita al figlio dell’imputato; sul punto la difesa aveva evidenziato, nei motivi di appello, che lo scarrellamento risultava unicamente da un’ipotesi investigativa di coloro che procedevano all’ascolto delle captazioni, posto che si trattava di soggetti privi di competenza balistica, per cui la difesa aveva, sul punto, richiesto l’espletamento di una perizia, anche allo scopo di accertare se la cartuccia TARGA_VEICOLO repertata fosse stata espulsa proprio dall’arma che sarebbe stata scarrellata nel frangente dell’ascolto; ciò senza contare che tale cartuccia non era stata comparata con quelle rinvenute nella disponibilità dell’imputato, argomento su cui la motivazione della Corte risulta del tutto illogica. Parimenti illogica appare la motivazione sul movente del delitto, essendo i contrasti tra l’imputato e la vittima risalenti a ben tre anni prima; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2 vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e) cod. proc. pen., quanto all’omessa, radicale motivazione circa la sussistenza del reato di cui al capo B), nonostante l’appello sul punto;
2.3 violazione di legge, in riferimento all’art. 62-bis cod. pen., vizio d motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in quanto la motivazione della sentenza omette di valutare alla stregua di quali fatti la vicenda in esame – in sé oggettivamente grave – sarebbe connotata da gravità
eccezionale, non potendo rilevare la futilità del motivo, già posto a fondamento della riconosciuta circostanza aggravante, né potendo essere negativamente considerati i comportamenti difensivi dell’imputato.
3. In data 19/12/2023 è pervenuta memoria nell’interesse delle parti civili, a firma dei difensori di fiducia. AVV_NOTAIO ed AVV_NOTAIO, con cui si chiede l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.Con il primo motivo la difesa, attraverso un’analisi parcellizzata degli elementi indizianti, fonda una ricostruzione alternativa della vicenda processuale, prescindendo da un serio confronto con la motivazione complessiva della sentenza impugnata, reiterando, altresì, le doglianze già poste a base del gravame e specificamente analizzate, nonché confutate dalle sentenze di merito. 1.1 Quanto all’orario della morte, la sentenza impugnata, alla pag. 3 della motivazione, dà conto degli accertamenti svolti: benché il medico che aveva per primo condotto l’esame del cadavere del COGNOME avesse omesso alcune indicazioni (localizzazione delle ipostasi, della rigidità cadaverica, dell’orario d collocamento del cadavere nella cella frigorifera), nondimeno era stato possibile collocare tale orario tra le 08,00 e le 10,00 del 31/10/2016, tanto sulla scorta delle fotografie effettuate alle ore 18,20-18,21, al momento dello spostamento della salma, che avevano consentito l’individuazione della rigidità cadaverica; lo studio delle ipostasi era stato, quindi, effettuato tenuto conto di tale orario di spostamento della salma, essendo stati considerati anche il rinvenimento di uova di ditteri cadaverici ancora chiuse, all’interno delle ferite, ed il contenuto gastric compatibile con alimenti ingeriti a colazione, due o tre ore prima della morte; in particolare, la presenza di uova di ditteri cadaverici ancora chiuse aveva consentito di collocare l’orario della morte tra le sei e le dodici ore prima dello spostamento del cadavere, ma poiché alle ore 8,30 il COGNOME era certamente ancora vivo, ciò aveva consentito di ridurre il range entro cui collocare l’orario della morte. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di merito, inoltre, ha specificamente affrontato le doglianze difensive contenutt nei motivi di appello, alle pagg. 10 e segg. della motivazione, rilevando come i riferimenti alla deposizione del prof. COGNOME, medico legale, da parte della difesa, fossero parziali ed imprecisi, sia quanto al contenuto dell’esame dibattimentale che alle conclusioni dallo stesso raggiunte. In sostanza, la sentenza impugnata ha evidenziato come l’approssimazione delle operazioni condotte al momento dell’accertamento del decesso da parte dei medici del 118 non aveva consentito di rilevare l’orario della morte, ma, tuttavia,
l’adozione di una diversa metodologia scientificamente corretta aveva nondimeno consentito l’individuazione dell’orario del decesso. Il medico legale, in particolare, ha ricordato di aver esaminato le fotografie del cadavere, scattate prima che lo stesso venisse rimosso, rilevando la rigidità della salma, nonché la formazione delle ipostasi nelle porzioni anteriori del volto, del tronco e del torace; nel momento in cui la salma era stata girata per essere messa sulla barella, dove era stata trasportata in ospedale e lasciata in posizione supina come attestato dallo stesso medico di turno -, il mutamento di posizione rispetto a quello assunto dal cadavere al momento della morte aveva, infatti, generato il fenomeno della mobilità delle ipostasi, che, al momento dell’esame dal parte del prof. AVV_NOTAIO, erano presenti anche nella parte posteriore del cadavere, a dimostrazione che in quel momento era stata superata la soglia delle sei ore dalla morte ed il sangue non era più fluido; se, infatti, tale soglia non fosse stata superata, le ipostasi sarebbero scomparse per riformarsi altrove; nel caso di specie, invece, le ipostasi si trovavano sia sul lato anteriore, su cui il corpo si era poggiato restando prono al suolo, sia sul lato posteriore, su cui aveva poggiato nella posizione supina in cui era stato collocato, ed era rimasto, dal momento dello spostamento sino al momento dell’esame esterno. In tal senso, quindi, era stato possibile accertare, del tutto attendibilmente, che il decesso era intervenuto almeno sei ore prima dell’orario in cui il cadavere era stato spostato dalla posizione prona a quella supina, il che si era verificato alle ore 18,2018,21; anche la rigidità generalizzata del cadavere, che si verifica una volta superate le sei ore dalla morte, consentiva di convergere verso la medesima conclusione; inoltre, la circostanza che le uova dei ditteri cadaverici non fossero ancora dischiuse attestava che, al momento in cui il cadavere era stato riposto nella cella frigorifero, non erano ancora trascorse dieci-dodici ore dal decesso, posto che, in caso di ferita sanguinante a contatto con il suolo, i ditteri sono in grado di colonizzarla in brevissimo tempo, circa venti minuti; infine, il contenuto gastrico di tipo poltaceo era compatibile con l’ipotesi che il COGNOME avesse consumato la colazione circa due o tre ore prima della morte. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di merito, quindi, sul punto, ha concluso in maniera del tutto logica, individuando i molteplici elementi, vagliati con metodo rigoroso dal medico legale, che avevano condotto all’individuazione del momento della morte tra le sei e le dodici ore prima dello spostamento del cadavere; considerando anche le ulteriori circostanze emerse dalle indagini, secondo cui il COGNOME era certamente vivo alle ore 08,10 del 31/10/2016, in quanto in tal orario aveva avuto un colloquio con un carrozziere, il medico legale aveva ulteriormente ristretto tale arco temporale, giungendo a collocare l’orario della morte tra le sei e le otto ore antecedenti lo spostamento della salma e, quindi, tra le 08,00 e 10,00 del 31/10/2016.
Il motivo di ricorso, quindi, non considera, su tale tematica, l’articolata valutazione compiuta, limitandosi ad apoclittiche affermazioni circa la mancata individuazione dell’orario del decesso del COGNOME.
1.2 Quanto al materiale balistico, già la sentenza di primo grado aveva ricordato che, a seguito di perquisizione, presso l’abitazione del COGNOME erano stati rinvenuti due doppiette ed un fucile automatico, oltre a quattrocento cartucce TARGA_VEICOLO. 12 di diverse marche, grammatura e numerazione di pallini; gli accertamenti svolti avevano consentito di verificare che settantadue di tali cartucce erano di fattura artigianale e tre erano caricate con pallini a numerazione 4, quindi parzialmente coincidenti con i pallini rinvenuti nel cadavere del COGNOME, che erano in parte a numerazione O ed in parte a numerazione 4 (pag. 4 della sentenza impugnata).
Nel confutare i motivi di appello, inoltre, la sentenza impugnata, alle pagg. 1214, ha anzitutto dato atto che le armi sequestrate all’imputato risultavano funzionanti ed in buone condizioni, tant’è che erano state prelevate ed affidate ad NOME; in tal senso, ha osservato la Corte di merito, risulta singolare che NOME COGNOME, figlio dell’imputato, non fosse stato disponibile a fungere da custode delle armi, come emerge da una conversazione intercettata, in cui il predetto motivava tale scelta in ragione del fatto che egli ignorava se tali armi avessero sparato, il che – conclude la sentenza di merito con motivazione niente affatto illogica – dimostrava il suo timore di un coinvolgimento.
La Corte di merito, inoltre, ha rimarcato che la difesa sembrava non aver colto che al COGNOME erano state sequestrate quattrocento cartucce, di cui, come detto, settantadue caricate artigianalmente, e che tra queste ve ne erano tre che contenevano proprio pallini con numerazione 4, dello stesso tipo di quelli rinvenuti nel cadavere, per cui l’irrilevanza del dato statistico – sostenuta dalla difesa e ribadita in sede di ricorso per cassazione – non considera come il COGNOME disponesse dell’attrezzatura necessaria, poi rinvenuta, per caricare artigianalmente le cartucce, aumentandone la potenzialità (in particolare, pag. 16 della motivazione, in cui si evidenzia come il materiale balistico repertato sul cadavere consentiva di ritenere che lo sparo era avvenuto utilizzando una cartuccia prodotta artigianalmente, in quanto contenente pallini con numerazione mista, O e 4, a differenza delle cartucce confezionate, che contengono pallini a numerazione unica).
Tali emergenze sono poi state considerate dalla Corte di merito in collegamento logico con l’episodio del 10/12/2016, allorquando la vettura del COGNOME, sottoposta a monitoraggio con GPS, si trovava in Canosa di Puglia, in un luogo frapposto tra le proprietà del COGNOME stesso e del defunto COGNOME, in cui NOME COGNOME, figlio dell’imputato, stava lavorando; l’attività di intercettazi consentiva di registrare il suono di un unico sparo seguito dal suono dello
scarrellamento di un’arma semiautomatica e, subito dopo, si sentiva il figlio dell’imputato chiedere: “ma dalla macchina hai sparato?”; il giorno successivo gli inquirenti, recatisi sul posto, rinvenivano una cartuccia TARGA_VEICOLO, priva di ossidazione, il che appariva indicativo del fatto che era stata esplosa da poco tempo e, pertanto, logicamente ricondotta allo sparo sentito nel corso dell’intercettazione. Da tali emergenze la sentenza impugnata induceva come l’episodio dimostrasse che il COGNOME, oltre alle armi sequestrate, disponesse di un ulteriore fucile che caricava cartucce TARGA_VEICOLO. TARGA_VEICOLO, non a caso dello stesso calibro di quelle utilizzate per uccidere il COGNOME. A fronte delle dichiarazioni dell’imputato e del figlio, che avevano entrambi negato la ricostruzione dell’episodio come descritto, la Corte di merito aveva disposto una perizia per identificare la voce registrata, all’esito della quale era stato accertato che la frase non era stata certamente pronunciata dall’imputato, come da questi sostenuto, bensì, con alto grado di probabilità, dal figlio NOME COGNOMECOGNOME il perito, inoltre, rilevava co nel corso delle operazioni, vi fosse stato il tentativo, da parte di entrambi i predetti COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOMECOGNOMEesito delle attività peritali, rilasciando saggi f alterati.
Rispondendo alle doglianze difensive – anche in tal caso pedissequamente riprodotte in ricorso -, la Corte di merito non solo ha sottolineato come la difesa avesse del tutto omesso di considerare la condotta tenuta dai COGNOME nel corso delle attività peritali, spiegando che l’ascolto delle conversazioni era avvenuta in differita, per cui l’intervento degli operanti sul luogo dove era stato registrato l sparo era avvenuto subito dopo l’ascolto, il giorno dopo la verificazione dell’episodio; in ogni caso, certa era l’attribuzione dei suoni, posto che coloro che ascoltavano le conversazioni erano ufficiali di P.G. addestrati all’uso delle armi e dotati di specifiche cognizioni tecniche, circostanza, quest’ultima, apoditticamente messa in dubbio dalla difesa che, sul punto, non si confronta affatto con la motivazione della sentenza impugnata.
1.3 Venendo ora ad esaminare il profilo di doglianza relativo all’alibi dell’imputato, la sentenza impugnata, alle pagg. 19-21, ha ricordato come il COGNOME avesse affermato che il 31/10/2016 egli si era recato al cimitero di Canosa dove, tra le ore 07,00 e le ore 07,45, aveva acquistato dei fiori presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, tra le ore 11,30 e le ore 12,00, aveva incontrato una conoscente, la COGNOME, circostanze confermate dalle predette testi oltre che dal figlio e dalla nuora dell’imputato. La Corte di merito ha rilevato, invece, che la COGNOME aveva solo affermato che di solito il COGNOME si recava ad acquistare dei fiori al mattino presto, ma nulla di specifico aveva ricordato in ordine al giorno del 31/10/2016, per cui la deposizione della teste risultava del tutto ininfluente; quanto alla COGNOME, ella si era dichiarata assolutamente certa di aver incontrato il COGNOME tra le ore 11,30 e le ore 12,00, una non ricordava se
ciò fosse avvenuto il giorno 31/10/2016 ovvero il giorno 02/11/2016, essendo solo sicura che l’incontro si era verificato in un giorno non festivo, escludendo, quindi, il 01/11/2016.
A parte l’incertezza della data, ciò che rileva, secondo la Corte di merito, è la circostanza rappresentata dall’orario dell’incontro: anche a voler ritenere, infatti, che la teste e l’imputato si fossero incontrati al cimitero di Canosa il 31/10/2016, la teste aveva collocato, con certezza, detta circostanza tra le ore 11,30 e le ore 12,00, quindi in orario certamente compatibile con l’esecuzione dell’omicidio, verificatosi, come già evidenziato, tra le ore 08,00 e le ore 10,00; anche tale deposizione, quindi, non ha fornito alcun riscontro alla versione dell’imputato.
Quanto, infine, alle dichiarazioni del figlio e della nuora del COGNOME, la sentenz impugnata ha rimarcato come le stesse fossero frutto di preventiva concertazione, come emerso dall’intercettazione ambientale del 20/12/2016 e dalle dichiarazioni mendaci rese costantemente dai predetti testi, anche in riferimento all’indole dell’imputato ed ai loro rapporti con lo stesso (pag. 21-22 della sentenza impugnata).
Infine, la Corte di merito ha evidenziato come la falsità dell’alibi fosse stata dimostrata anche dalle rilevazioni del GPS, secondo cui il COGNOME era solito intrattenersi al cimitero solo per pochi minuti, e che il tempo necessario a coprire il tragitto percorso era del tutto inconciliabile con quello cne l’imputato aveva asserito di aver impiegato il giorno 31/10/2016.
Anche in tal senso, quindi, il ricorso appare del tutto reiterativo delle argomentazioni rispetto alle quali la Corte di merito ha compiuto una valutazione degli elementi – storici e logici – del tutto coerente con le risultanze processuali, oltre che priva di vizi rilevabili in sede di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso appare del tutto apodittico ed ai limiti dell’inammissibilità, posto che dalla complessiva motivazione della sentenza impugnata emerge come la contestazione riguardi la detenzione ed il porto illegali di un’arma TARGA_VEICOLO, ampiamente illustrata in riferimento all’episodio – in precedenza descritto – dell’intercettazione ambientale seguita dal sopralluogo che aveva consentito di rinvenire una cartuccia TARGA_VEICOLO esplosa di recente (pag. 13 della sentenza impugnata e pag. 16, in cui, altresì, si rigetta la richiesta di perizia balistica alla luce del mancato rinvenimento dell’arma utilizzata per il delitto, necessaria per la comparazione con il bossolo rinvenuto; infine, a pag. 18, analizzando il compendio intercettivo, la sentenza impugnata dà conto del fatto che l’arma utilizzata per l’omicidio fosse stata bruciata).
Del tutto incensurabile risulta, infine, il percorso logico seguito nella individuazione del trattamento sanzionatorio e nella valutazione circa la mancata
applicazione delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte di merito considerato non solo la gravità del fatto, ma anche la condotta dell’imputato, il pervicace tentativo di COGNOME le attività di indagini, la inconsistenza dei motivi che lo avevano indotto a commettere l’omicidio, l’assenza di ogni resipiscenza.
Né la difesa, al di là di un generico richiamo all’incensuratezza dell’imputato, ha evidenziato circostanze specifiche a questi favorevoli; senza considerare che legittimamente gli stessi elementi possono essere considerati sia ai fini della determinazione della pena che ai fini della concedibilità o meno delle circostanze attenuanti generiche (Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 18/04/2019, M., Rv. 275904; Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, dep. 13/01/2014, COGNOME NOME ed NOME, Rv. 258011).
Dal rigetto del ricorso deriva, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che la condanna dello stesso alla rifusione delle spese di rappresentanza e diresa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che si stima di liquidare in complessivi euro 8.000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi euro 8.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11/01/2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Pres ente