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Presunzione esigenze cautelari: il tempo non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati associativi di stampo mafioso. La Corte ha ribadito che la presunzione di esigenze cautelari, prevista dall’art. 275 c.p.p., non può essere superata dal solo decorso del tempo, ma richiede elementi concreti che dimostrino il venir meno della pericolosità sociale dell’indagato.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione Esigenze Cautelari: Perché il Tempo da Solo Non Basta a Superarla

Nel complesso panorama del diritto processuale penale, la presunzione esigenze cautelari rappresenta un pilastro fondamentale, specialmente quando si tratta di reati di grave allarme sociale come quelli di stampo mafioso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19201/2025, ha offerto un’importante chiarificazione su questo tema, stabilendo che il semplice trascorrere del tempo non è di per sé sufficiente a vincere tale presunzione. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni.

Il Caso: Dall’Appello del PM alla Decisione della Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma che, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, applicava la misura della custodia cautelare in carcere a un soggetto indagato per reati gravissimi, tra cui associazione di tipo mafioso e autoriciclaggio.

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva rigettato la richiesta di misura cautelare, ritenendo che mancassero i requisiti di attualità e concretezza delle esigenze cautelari, soprattutto in considerazione del ruolo non apicale dell’indagato nell’associazione e del tempo trascorso dalle condotte contestate.

La Posizione della Difesa

Il difensore dell’indagato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale del riesame avesse errato nel valutare la situazione. Secondo la difesa, l’indagato aveva interrotto ogni rapporto con l’ambiente criminale da diversi anni (dal 2019), non aveva precedenti penali e il lungo ‘tempo silente’ dimostrava il venir meno di ogni pericolosità. Si contestava al Tribunale di essersi trincerato dietro la presunzione di legge senza considerare elementi concreti come l’assenza di attività delittuose recenti.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Di parere opposto il Tribunale del riesame. Questo, riformando la decisione di primo grado, ha applicato la misura carceraria, ritenendo che la presunzione di pericolosità non fosse stata superata. Il Tribunale ha valorizzato la personalità dell’indagato, descritto come referente fiduciario di una potente famiglia ‘ndranghetista, dotato di una notevole capacità criminale che non poteva ritenersi venuta meno o attenuata solo per il tempo trascorso.

La Presunzione Esigenze Cautelari nei Reati Associativi

Il fulcro giuridico della questione risiede nell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari (in particolare, il pericolo di reiterazione del reato) per alcuni delitti di particolare gravità, tra cui quelli di associazione mafiosa.

L’Art. 275 c.p.p. e la sua Interpretazione

‘Presunzione relativa’ significa che la legge presume la pericolosità, ma l’indagato ha la possibilità di fornire la prova contraria. Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza costante e ribadito in questa sentenza, non basta un elemento qualsiasi. Occorrono elementi specifici e concreti, relativi alla tipologia del delitto, alle modalità del fatto e alla sua risalenza, che dimostrino un effettivo affievolimento della pericolosità sociale. Il mero ‘tempo silente’, cioè il periodo in cui non vengono registrate nuove condotte criminali, non è di per sé sufficiente, poiché è escluso qualsiasi ‘automatismo valutativo’.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità del ragionamento del Tribunale del riesame. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la motivazione dell’ordinanza impugnata era congrua e specifica. Il Tribunale non si era limitato ad applicare acriticamente la presunzione, ma aveva analizzato la personalità dell’indagato, il suo legame consolidato con i vertici della consorteria criminale e la sua capacità criminale. Questi elementi, secondo la Corte, giustificavano ampiamente la conclusione che misure meno afflittive del carcere non sarebbero state idonee a scongiurare il pericolo di reiterazione del reato. L’analisi del Tribunale è stata ritenuta immune da vizi logici o giuridici, rendendo il ricorso non meritevole di accoglimento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in esame rafforza un principio cardine nella lotta alla criminalità organizzata: la partecipazione a un sodalizio mafioso genera una presunzione di pericolosità sociale difficile da scalfire. Per superare la presunzione esigenze cautelari, la difesa deve presentare un quadro probatorio solido e convincente che attesti un reale e definitivo allontanamento dal contesto criminale. Il solo decorso del tempo, in assenza di altri indicatori positivi, viene considerato un elemento neutro, insufficiente a dimostrare che il legame con l’associazione si sia spezzato e che il pericolo per la collettività sia cessato.

Il solo trascorrere del tempo è sufficiente a far venir meno le esigenze cautelari per reati di tipo mafioso?
No, secondo la Corte di Cassazione, il mero decorso del cosiddetto ‘tempo silente’ non è sufficiente a superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari. È necessario fornire elementi concreti, evidenziati dalla parte o desumibili dagli atti, che dimostrino il venir meno di tali esigenze.

Quali elementi valuta il giudice per superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.?
Il giudice deve valutare elementi astrattamente idonei a escludere la presunzione, desunti dalla fattispecie di reato, dalle concrete modalità del fatto e dalla sua risalenza nel tempo. Non è consentito alcun automatismo valutativo e la motivazione deve essere adeguata.

Perché il ricorso dell’indagato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del riesame fosse congrua e specifica. Il Tribunale aveva adeguatamente giustificato la sussistenza delle esigenze cautelari sulla base della personalità dell’indagato, del suo ruolo di referente fiduciario e del suo legame consolidato con l’associazione criminale, ritenendo non superata la presunzione di pericolosità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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