Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31860 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31860 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PISA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato è prescritto;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile, che ha chiesto la conferma delle statuizioni civili, rimettendosi alla Corte quanto alla prescrizione e chiedendo la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata deliberata il 19 dicembre 2023 dalla Corte di appello di Brescia, che ha confermato la decisione del Tribunale di Mantova, che aveva condannato,- anche agli effetti civili – NOME COGNOME (in concorso
con NOME COGNOME, oggi non ricorrente), pubblico ufficiale in servizio presso il distaccamento della Polizia stradale di Ostiglia, per il reato di cui all’art. 479 cod. pen. per avere falsamente attestato:
nel verbale di elezione di domicilio nei confronti di NOME COGNOME, che era stata accertata la violazione dell’art. 186, comma 2, lett. c), Codice della Strada benché non fosse stato effettuato alcun accertamento etilometrico;
nel verbale di accertamenti urgenti sulla persona, che COGNOME si era rifiutato di sottoporsi agli accertamenti e che presentava alito vinoso ed equilibrio precario.
Con l’aggravante della fidefacenza.
I verbali anzidetti erano confluiti negli atti del procedimento penale a carico del cittadino straniero per i reati di cui all’art. 186, commi 2 lett. a) e 7 codice della strada; per la guida in stato di ebbrezza vi era stata archiviazione perché nelle more il reato era stato depenalizzato, mentre, per il reato di cui al comma 7, NOME era stato destinatario di decreto penale di condanna, cui era seguita la sua opposizione e poi l’assoluzione perché il fatto non sussiste allorché si era ritenuta accertata la falsità di quanto attestato dai PPUU, con trasmissione degli atti al pubblico ministero per le valutazioni a carico di questi ultimi.
Contro la sentenza della Corte di appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato NOME a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione dell’articolo 159 cod. pen. perché la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che i rinvii disposti all’udienza del 19 marzo 2021 e all’udienza del 19 gennaio 2022 avessero comportato la sospensione del corso della prescrizione, donde il reato, secondo la Corte territoriale, alla data del 19 dicembre 2023, non era ancora prescritto. Questa conclusione – sostiene il ricorrente – sarebbe errata, in quanto entrambi i rinvii non erano stati concessi su richiesta della difesa.
Nel caso del rinvio disposto all’udienza del 19 marzo 2021, in particolare, le difese degli imputati avevano chiesto un termine per proporre eccezioni relative alla documentazione depositata dalla parte civile, ma non si trattava di una richiesta di rinvio in quanto la Corte di appello avrebbe potuto anche concedere un termine ad horas; e, soprattutto, il rinvio non era stato disposto a causa della richiesta difensiva ma per consentire l’esame dei testi del pubblico ministero. A riprova del fatto che non vi fu alcun arresto dell’attività processuale dovuto alla richiesta difensiva, il ricorrente segnala la circostanza che il Tribunale ammise le prove, riservandosi solo l’acquisizione della documentazione.
Analoghe considerazioni – prosegue il ricorso – possono essere svolte quanto al rinvio dell’udienza dal 19 gennaio al 9 marzo 2022 in quanto, in quella
occasione, non vi era stata alcuna sollecitazione, da parte delle difese, al differimento della celebrazione del processo, come risulta chiaro dal relativo verbale. Aggiunge il ricorrente che, in entrambe le udienze, la richiesta finalizzata all’esame della documentazione di controparte era stata formulata anche dalla difesa di parte civile, il che consentirebbe di escludere comunque la sospensione della prescrizione, accedendo alla giurisprudenza secondo cui la richiesta concorde non consente la sospensione. Senza le sospensioni erroneamente considerate dalla Corte d’appello, il reato si sarebbe prescritto il 14 maggio 2023.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta contraddittorietà della motivazione con riferimento al contrasto tra la decisione della Corte di appello e il contenuto dei verbali delle due udienze del 19 marzo 2021 e del 19 gennaio 2022.
2.3. Il terzo motivo di ricorso lamenta omessa motivazione quanto alle censure formulate con l’atto di appello in ordine al vaglio di contraddittorietà delle dichiarazioni rese dall’imputato. La Corte distrettuale avrebbe ripetuto pedissequamente le considerazioni del primo Giudice, senza dare riscontro ai motivi di appello, che avevano dato una spiegazione alla difformità tra il narrato di NOME nel processo a carico di NOME e quanto dichiarato dal prevenuto nel presente processo. A sostegno della sua censura, il ricorrente trascrive interi passi dell’appello, che opponeva a quella del Tribunale la spiegazione secondo cui NOME, quando aveva deposto come testimone nel processo a carico di NOME, si era limitato a leggere i verbali prima di deporre e, solo una volta appreso del processo a suo carico, aveva cercato di ricostruire l’accaduto, anche confrontandosi con l’altro componente della pattuglia; che l’imputato avrebbe agevolmente potuto effettuare un diverso “aggiustamento” delle dichiarazioni; che il verbale era stato compilato in condizioni disagiate anche quanto alla scarsa illuminazione.
Il ricorrente prosegue sostenendo che la pretesa correzione della sua versione avrebbe potuto essere più completa laddove avesse anche aggiunto, quando esaminato come imputato, della sottoposizione del passeggero dei veicolo all’alcoltest.
2.4. Il quarto motivo di ricorso lamenta omessa motivazione quanto alle censure formulate con l’atto di appello a proposito della mancata valorizzazione di alcune dichiarazioni rese dal teste COGNOME, quanto alla possibilità che NOME avesse bevuto e che non fosse riuscito a fare la prova dell’etilometro, e circa la stranezza della decurtazione di venti punti dalla patente. Anche in questo caso il ricorrente riporta ampio stralcio dell’atto di appello.
2.5. Il quinto motivo di ricorso lamenta omessa motivazione circa le critiche formulate con l’atto di appello al vaglio delle testimonianze di NOME COGNOME e NOME rispetto a specifici passaggi ricostruttivi del fatto.
2.6. Il sesto motivo di ricorso lamenta omessa motivazione e travisamento della prova. Il ricorrente in effetti critica il ragionamento probatorio dei giudici di merito, evidenziandone alcune pretese anomalie che renderebbero la ricostruzione in fatto irragionevole e congetturale a giustificazione della pretesa, successiva manipolazione del verbale da parte del prevenuto per dissimulare la mancanza dei presupposti per la già disposta confisca del veicolo. Il verbale di accertamenti urgenti era stato redatto sul posto e l’unico verbale che conteneva un errore era quello di elezione di domicilio; il verbale di sequestro amministrativo non era errato in quanto conteneva il corretto riferimento al comma sei dell’articolo 186 Codice della Strada. In definitiva, sostiene il ricorrente che, durante il controllo del 14 novembre 2010, aveva compilato tre verbali, il verbale di accertamenti urgenti sulla persona ex articolo 354 codice di rito finalizzato alla verifica del tasso alcolemico nel sangue, il verbale di elezione di domicilio e il verbale di sequestro amministrativo del veicolo, verbali compilati nell’ordine predetto. Il secondo verbale conteneva un errore ed è stato corretto sul posto senza purtroppo correggere anche la copia consegnata a NOME COGNOME, mentre il verbale di sequestro amministrativo conteneva l’esatto riferimento normativo al comma 6 dell’art. 186 Codice della Strada. Il ricorrente quindi ricorda che il procedimento a suo carico era nato solo per una trasmissione degli atti da parte del Tribunale di Mantova nel processo a carico di NOME COGNOME e che il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione, il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto l’imputazione coatta e il pubblico ministero di udienza aveva chiesto l’assoluzione
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Il primo motivo di ricorso verte sulla mancata presa d’atto, da parte della Corte di appello, della maturazione del termine massimo di prescrizione prima della pronunzia della sentenza di appello.
1.1. A tale riguardo, è incontestato che il termine massimo di prescrizione dei reati ascritti all’imputato, pari ad anni dodici e mesi sei, andasse a cadere, al netto delle sospensioni, il 14 maggio 2023; ciò che è in contestazione, invece, è il calcolo delle sospensioni attuato dalla Corte di appello quando ha negato all’imputato la declaratoria di prescrizione già invocata in quella sede. Ne
consegue che, al fine di valutare la fondatezza del motivo, il Collegio ha dovuto esaminare gli atti, esame necessario in ragione della natura processuale della questione concernente la sospensione della prescrizione.
Ebbene, alla luce dell’esame dei verbali cui si riferisce la doglianza, è stato possibile accertare quanto segue.
All’udienza del 19 marzo 2021, dopo la formulazione della richiesta di ammissione dei mezzi di prova di tutte le parti, la difesa degli imputati e quella della parte civile avevano chiesto un termine per proporre eccezioni relative alla documentazione prodotta dalla controparte. Il Giudice ne aveva preso atto e aveva così provveduto «concede il termine per formulare le eccezioni sulla documentazione prodotta da tutte le parti alla prossima udienza». Dopodiché l’attività processuale non si era arrestata, ma era proseguita con la pronunzia dell’ordinanza di ammissione delle prove testimoniali, «riservandosi sulla documentazione» e con il rinvio «per l’audizione dei testi del PM all’udienza del 14.12.2021 ».
All’udienza del 19 gennaio 2022, poi, il rinvio era stato giustificato dal fatto che le parti avevano ribadito la volontà di proporre eccezioni sul contenuto delle produzioni.
Tanto premesso, l’esame dei verbali predetti induce ad escludere che, sia nell’uno che nell’altro caso, vi sia stata sospensione del termine prescrizionale.
L’art. 159, comma 1, n. 3) cod. pen., infatti, prevede che il corso della prescrizione rimane sospeso, tra l’altro, nei casi di «sospensione del procedimento o del processo penale su richiesta dell’imputato o del suo difensore». Il dettato normativo ricollega, dunque, strettamente la sospensione del procedimento cui consegue la sospensione della prescrizione alla richiesta difensiva, che ne deve costituire la ragione unica e determinante. Nella specie così non è stato in entrambi i casi.
Riguardo all’udienza del 19 marzo 2021, se è vero che anche la difesa dell’imputato aveva chiesto termine per esaminare la documentazione di controparte (termine che avrebbe potuto essere ad horas, come sostenuto dal ricorrente, ma che avrebbe anche potuto comportare il rinvio ad altra data), è altrettanto vero che l’attività processuale non era stata sospesa per questa ragione, ma che era proseguita con l’ammissione dei mezzi di prova da parte del Giudice. Il rinvio, inoltre, non era stato giustificato dalla necessità di accordare alla difesa dell’imputato il termine richiesto, ma per esaminare i testi del pubblico ministero, non indicati come presenti a quella udienza. Ne consegue che la necessità, prospettata anche dal difensore di COGNOME, di esaminare la produzione della parte civile non aveva né sospeso l’attività processuale proseguita regolarmente – né inciso sulla scelta del decidente di rinviare ad
altra data, apparendo tale scelta dettata dalla necessità di svolgere un’attività processuale (l’audizione dei testi del pubblico ministero) evidentemente non possibile a quella data. Quanto alla circostanza che il Giudice avesse “concesso” il termine per formulare le eccezioni alla successiva udienza prima di proseguire ammettendo le richieste di prova testimoniale delle parti, tale decisione non significa che il rinvio fosse giustificato da questa esigenza, ma solo che la facoltà delle parti di interloquire sulla produzione documentale e quella del Giudice di acquisire i documenti era differita alla data in cui il processo era stato rinviato, peraltro in coerenza con la regola che vede lo sbarramento di cui all’art. 493, comma 1, cod. proc. pen. non operare per la prova documentale (Sez. 5, n. 23004 del 09/03/2017, COGNOME e altro, Rv. 270218).
Ancora più agevole la decisione per quanto concerne l’altro rinvio (comunque, da solo non sufficiente a portare la prescrizione oltre la data della sentenza di appello), dal momento che, il 19 gennaio 2022, non vi era neanche stata una richiesta della difesa dell’imputato per la concessione di un termine, ma quest’ultima – secondo quanto si legge nel verbale – si era solo limitata a ribadire la volontà di presentare eccezioni sulla produzione documentale altrui, volontà di cui il Giudice aveva preso atto, rinviando di propria iniziativa al 9 marzo 2022.
I reati si sono, pertanto, prescritti allo scadere del termine massimo di dodici anni e sei mesi, cioè il 14 maggio 2023, prima della sentenza di appello, donde quest’ultima va annullata senza rinvio agli effetti penali per essere i reati estinti per prescrizione.
1.2. L’annullamento va disposto anche rispetto al coimputato non ricorrente NOME COGNOME, dal momento che la prescrizione, erroneamente non dichiarata dalla Corte di appello, è maturata prima che la sentenza impugnata divenisse irrevocabile nei suoi confronti. A questo riguardo, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte non dubita dell’operatività dell’effetto estensivo della prescrizione nei confronti del coimputato non impugnante nel caso in cui detta causa estintiva sia maturata – come in questo caso – precedentemente al passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti (Sez. 2, n. 9731 del 25/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269219; Sez. 5, n. 15623 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 266551). E’ utile ricordare che l’operatività dell’effetto estensivo in caso di prescrizione maturata prima dell’irrevocabilità della sentenza per il coimputato non impugnante è stata incidentalmente ribadita anche dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 3391 del 26/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271539), chiamate a dirimere il contrasto insorto quanto al – diverso – caso in cui la prescrizione fosse maturata dopo il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante. Ebbene, nell’escludere l’operatività
dell’effetto estensivo in quest’ultimo caso, le Sezioni Unite, richiamando, appunto, la sentenza COGNOME, hanno invece precisato che «quando l’effetto estensivo della prescrizione si sia verificato prima del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante si può sostenere che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in suo favore. In tal caso, infatti, non è intervenuta la cesura della sentenza irrevocabile che segna il limite di ogni possibile computo del tempo di prescrizione e la relazione tra imputazione e tempo di prescrizione è ancora in atto per il coimputato non impugnante. Ne discende che su una tale situazione possono utilmente riverberarsi gli effetti di una impugnazione altrui che porti ad una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, in quanto “in tale ipotesi la causa estintiva appare oggettiva (e quindi non esclusivamente personale) poiché svincolata rispetto alla scelta processuale del singolo coimputato non impugnante” (Sez. 5, n. 15623 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 266551)».
1.3. Quanto ad un eventuale proscioglimento ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., il Collegio osserva che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu ocull, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274). Nel caso di specie, come si vedrà, le censure sulla responsabilità, lungi dall’evidenziare elementi di per sé stessi direttamente indicativi della insussistenza de reati addebitati, deducono in sostanza un vizio di motivazione in grado di condurre ad annullare con rinvio la sentenza impugnata, rinvio tuttavia inibito, quanto agli effetti penali, poiché, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
La sentenza impugnata merita annullamento anche agli effetti civili, essendo viziato il giudizio di penale responsabilità cui sono state collegate le statuizioni risarcitorie.
2.1. Il vizio risiede nel fatto che la sentenza impugnata – che certamente non ha avuto il pregio di fare ordine nella confusa vicenda alla base dell’addebito – presenta delle precise carenze motivazionali quanto ad alcuni aspetti che erano stati oggetto dei motivi di appello.
In particolare, come specificamente dedotto dal ricorrente, la Corte di appello non ha fatto altro che ripetere il ragionamento probatorio del Tribunale, senza curarsi di dare risposta ai motivi di appello che, come è consentito fare nell’impugnativa di merito, avevano proposto una ricostruzione alternativa che faceva leva sulla tesi a discarico offerta dall’imputato.
L’appellante, infatti, aveva spiegato che la difformità tra la deposizione nel processo a carico di NOME e la versione difensiva offerta in questo processo era dovuta alla circostanza che, nel primo caso e come di routine, COGNOME esaminato in dibattimento a distanza di anni dall’accertamento – si era limitato a rileggere i verbali prima di deporre e, solo una volta appreso del processo a suo carico, aveva cercato di ricostruire l’accaduto, anche confrontandosi con l’altro componente della pattuglia; che le anomalie rilevate nei verbali potevano essere state causate dalla scarsa illuminazione; che, ove la versione resa in questo processo fosse stata effettivamente di comodo, sarebbe stato possibile e più utile un diverso aggiustamento.
Lo stesso dicasi – come dedotto nel quarto motivo di ricorso – quanto alla mancata valorizzazione di alcune dichiarazioni del teste COGNOME, che aveva dato atto della possibilità, esclusa invece dalla sentenza impugnata, che NOME avesse comunque bevuto prima del controllo; e con riferimento all’anomalia costituita dal quantum di decurtazione dei punti della patente, che corrispondevano a quelli che sarebbero derivati dall’accertamento delle violazioni che il ricorrente assume essere effettivamente scaturito dal controllo.
Di fronte a queste considerazioni, di ordine fattuale oltre che logico, la Corte territoriale non ha risposto, limitandosi, come anticipato, a fare proprie le conclusioni del Tribunale benché queste ultime fossero state sottoposte a specifiche censure dall’appellante.
2.2. Anche in questo caso, l’annullamento giova anche al coimputato non ricorrente NOME COGNOME, trattandosi di annullamento che segue all’accoglimento di motivi non esclusivamente personali e che non involgevano solo il profilo strettamente civilistico della vicenda, ma riguardavano il versante della responsabilità penale.
A questo riguardo, va ricordato che la Suprema Corte ha ritenuto inibito l’effetto estensivo agli effetti civili solo nel caso in cui fossero oggetto di impugnazione esclusivamente i punti concernente la responsabilità civile, ma non quando l’obiettivo dell’impugnativa fossero state le statuizioni penali, cui si
ricollegavano quelle risarcitorie (Sez. 5, n. 34116 del 06/05/2019, Ferri, Rv. 277300; Sez. 6, n. 13844 del 02/12/2016, dep. 2017, COGNOME e altri, Rv. 270369).
3. Da quanto sopra consegue:
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata agli effetti civili, nei confronti sia di NOME COGNOME che di NOME COGNOME, per essere i reati estinti per prescrizione:
l’annullamento delle medesima sentenza agli effetti civili nei confronti di entrambi gli imputati, con trasmissione degli atti al Giudice civile competente per valore in caso di appello.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perche’ i reati sono estinti per prescrizione e per l’effetto estensivo anche nei confronti di COGNOME NOME. Annulla altresi’ la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 29/05/2024.