Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22913 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22913 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Caserta il DATA_NASCITA
avverso la sentenza resa il 5 ottobre 2023 dalla CORTE di APPELLO di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per le parti civili costituite COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili , come da nota allegata
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 20 settembre 2019, ha confermato la responsabilità dell’imputato in ordine a tutti i reati a lui ascritti e, accogliendo l’ap delle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha condannato NOME COGNOME al risarcimento del danno in loro favore da liquidarsi in separata sede e al pagamento delle spese processuali per entrambi i gradi del giudizio.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso NOME COGNOME, deducendo:
2.1 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato ex art. 734 codice penale contestato al capo C dell’imputazione poiché all’imputato veniva contestata l’alterazione di bellezza e naturali con condotta accertate il 25 maggio 2015. La difesa aveva avanzato istanza di declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione e anche il
Procuratore generale si era associato alla difesa dell’imputato, chiedendo che venisse dichiarata l’estinzione del reato contravvenzionale, in quanto il primo sequestro preventivo aveva fatto cessare la permanenza del reato dalla data del 10 settembre 2013, con la conseguenza che era già maturato il termine quinquennale di prescrizione del reato contravvenzionale
2.2 Violazione di legge in relazione al reato di cui all’art. 632 cod.pen. contestato al cap B dell’imputazione poiché la contestazione ha per oggetto la realizzazione di un terrapieno artificiale e non vi è stata alcuna attività protratta nel tempo, ma la condot va perimetrata temporalmente al 10 settembre 2013, quando i Carabinieri intervenivano e sottoponevano l’escavatore a sequestro. È noto che nel caso in cui il reato viene contestato nella forma cosiddetta aperta, senza indicazione della cessazione della condotta illecita, spetta all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processual della sentenza di primo grado. In entrambi i gradi del giudizio non è mai stata accertata la permanenza della condotta illecita oltre il primo momento del sequestro, eseguito il 10 settembre 2013, con la conseguenza che la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione del delitto contestato al capo B.
2.3 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al delitto contestato al capo A dell’imputazione poiché la condotta ex art. 633 cod.pen. è stata contestata come accertata il 25 maggio 2015, senza indicazione della permanenza in atto; poiché il reato si è prescritto prima della celebrazione del giudizio di appello chiede che vengano revocate le statuizioni civili disposte con la sentenza gravata.
2.4 Violazione di legge e vizio di motivazione poiché la Corte ha reso una motivazione illogica nella parte in cui ha ritenuto irrilevanti le prove addotte dalla difesa a soste della estraneità del COGNOME rispetto ai fatti contestati e non ha preso in considerazione l’assunto difensivo secondo cui le opere di deviazione del corso del fiume Volturno risalgono a epoche di gran lunga precedenti rispetto all’anno di acquisto dei terreni da parte del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 primi tre motivi di ricorso incentrati sulla prescrizione dei tre diversi reati cont in rubrica vanno respinti ma non sono manifestamente infondati. Di conseguenza si impone l’annullamento della sentenza impugnata poiché tutti i reati si sono prescritti nelle more del presente giudizio.
1.1 Per ragioni di esposizione sistematica va esaminato dapprima il quarto motivo relativo al giudizio di colpevolezza.
Il motivo è manifestamente infondato poiché la Corte rende al riguardo adeguata motivazione immune dai vizi dedotti i valorizzando la data di acquisto dei terreni e il
vantaggio che i lavori realizzati producevano nei confronti dell’imputato, unico soggetto che aveva interesse a porre in essere la condotta illecita.
La Corte ha inoltre evidenziato l’assenza di elementi che confortino la versione dell’imputato, secondo la quale non avrebbe mai avuto il possesso dei luoghi, considerato che l’atto di comodato in favore della di lui madre non risulta avere data certa e presenta un contenuto piuttosto anomalo :in quanto la stessa comodataria non è neppure imprenditrice agricola. In relazione a queste articolate motivazioni il ricorrent nulla deduce e sotto questo profilo il motivo di ricorso è anche generico.
1.2 A diverse conclusioni deve pervenirsi nei confronti dei primi tre motivi, con cui deduce che tutti i reati erano prescritti prima della sentenza impugnata.
Dal tenore della sentenza emerge che il 29 gennaio 2015 è stata accertata la realizzazione del cordolo in cemento dell’altezza di 4 metri sull’argine del fiume che ha costituito e integrato la condotta illecita contestata nei tre capi d’imputazione, c indicano la data di accertamento dei reati al 25 maggio 2015.
La difesa aveva sostenuto con i motivi di appello che i sequestri intervenuti nel corso del giudizio, avendo comportato la cessazione della condotta illecita contestata all’imputato, avevano fatto decorrere il termine a prescrivere dalla data di lor esecuzione.
Il verbale di sequestro al quale fa riferimento la difesa è effettivamente intervenuto nel 2013, ma si riferisce ad un terreno di appena 4000 m. insistente su una particella diversa da quella interessata dall’attività illecita e ad un escavatore impegnato nella realizzazione delle opere nel 2013 e pertanto non comporta la dimostrazione che da quella data l’imputato si sia astenuto dal porre in essere ulteriori condotte, che sono state poi definitivamente accertate nel 2015. Solo a seguito di tale accertamento nel 2015, come si desume dalla stessa documentazione allegata al ricorso, è stato emesso il decreto di sequestro preventivo del 18 ottobre 2016, integrato da quello del 26 ottobre 2016.
Nella sentenza impugnata la Corte a pagina 4 ha affermato che trattandosi di reati permanenti il dies a quo del corso della prescrizione deve essere individuato nella data della sentenza di primo grado e quindi nel 20 settembre 2019, e ha sostenuto erroneamente che nelle more del giudizio non era intervenuto alcun sequestro da parte dell’Autorità giudiziaria.
Tale affermazione trova smentita in atti, poiché dalla documentazione allegata al ricorso emerge che in effetti nei confronti di COGNOME NOME veniva disposto nell’ottobre 2016 il sequestro preventivo di un’area di circa 10 ettari di terreno demaniale fluviale del fiume Volturno e di 8 ettari ricadenti nel Comune di Pratella, che coincidono con l’area indicata in rubrica. Ed è noto che in presenza di un sequestro l’attività illecita deve ritener conclusa, salvo prova contraria, e comincia a decorrere il termine di prescrizione, che va di conseguenza retrodatato all’ottobre 2016.
Facendo riferimento alla data del sequestro, intervenuto il 18 ottobre 2016 il termine di prescrizione dei due delitti sarebbe maturato il 18 Aprile 2023 e quindi in epoca successiva alla sentenza della Corte di merito.
Ma poiché il ricorso non è manifestamente infondato, in quanto rileva un errore di fatto e di diritto in cui è incorsa la sentenza impugnata, la stessa va comunque annullata senza rinvio ai fini penali, perché i reati alla data odierna sono tutti prescritti.
Deve tuttavia osservarsi che, a dispetto di quanto sostenuto dal ricorrente, anche se i reati si fossero prescritti prima della celebrazione del giudizio di appello, ma comunque in epoca successiva alla sentenza di primo grado, la declaratoria di estinzione dei reati non comporta la revoca delle statuizioni civili che avrebbero dovuto essere emesse con la sentenza di primo grado e sono state disposte ad integrazione della prima con la pronunzia di appello. Si impone pertanto la conferma delle statuizioni civili assunte per effetto della sentenza di primo grado.
Nel rispetto del principio di soccombenza l’imputato deve essere condannato alla rifusione in favore delle due parti civili delle spese sostenute in questo grado di giudiz che possono essere liquidate nella misura complessiva di 4791,80 oltre accessori di legge, considerato che risultano assistite dal comune difensore.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perchè i reati sono estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili . Condanna , inoltre , il alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 4791,80 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 24 aprile 2024.