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Prescrizione reati edilizi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente una condanna per abusi edilizi a causa della prescrizione reati edilizi. La sentenza chiarisce come si calcolano i termini di prescrizione per reati commessi prima della riforma del 2005, distinguendo tra contravvenzioni punite con la sola ammenda e quelle punite con arresto e ammenda. La Corte ha estinto un capo d’imputazione ma ha confermato la condanna per gli altri, dichiarando inammissibile il motivo relativo al calcolo della pena perché non sollevato in appello.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione reati edilizi: quando il tempo estingue il reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso complesso relativo alla prescrizione reati edilizi, offrendo importanti chiarimenti sul calcolo dei termini, specialmente per i fatti risalenti a prima della riforma Cirelli del 2005. La decisione evidenzia come la natura della pena prevista per la violazione (sola ammenda o arresto e ammenda) sia determinante per stabilire se un reato possa considerarsi estinto. Questo caso nasce da un ricorso presentato a seguito di una rimessione in termini per impugnare una sentenza di condanna emessa quasi venticinque anni prima.

I fatti del processo

Una cittadina era stata condannata nel 1998 dalla Corte di Appello per una serie di abusi edilizi. Le contestazioni includevano la realizzazione di un manufatto in cemento armato su due livelli senza concessione edilizia, l’omessa denuncia dei lavori al genio civile, l’esecuzione di opere in zona sismica senza il deposito degli atti progettuali e la violazione dei sigilli apposti sulla costruzione. A seguito di un’ordinanza del 2023 che ha riconosciuto un vizio di notifica della vecchia sentenza, l’imputata ha potuto finalmente presentare ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso in Cassazione

Il ricorso si basava su due motivi principali:

1. Intervenuta prescrizione: La difesa sosteneva che il reato relativo alla costruzione in zona sismica (punito all’epoca dei fatti con la sola ammenda) fosse già prescritto al momento della sentenza d’appello del 1998. Inoltre, si eccepiva la prescrizione anche per tutti gli altri reati, maturata nel lungo lasso di tempo trascorso fino alla nuova possibilità di impugnazione.
2. Vizio di motivazione sulla pena: Si lamentava che la Corte d’Appello avesse confermato la pena finale senza specificare gli aumenti applicati per i reati in continuazione, in violazione dei principi di trasparenza del calcolo sanzionatorio.

La decisione della Corte sulla prescrizione reati edilizi

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il primo motivo, distinguendo attentamente la sorte dei diversi reati contestati. Per il reato di costruzione in zona sismica, ha applicato la normativa vigente all’epoca dei fatti (ante-riforma Cirelli), più favorevole all’imputata. Poiché tale reato era una contravvenzione punita con la sola ammenda, il termine di prescrizione era di due anni, estendibile a tre in presenza di atti interruttivi. Essendo il fatto del 1996, la Corte ha riconosciuto che la prescrizione era già maturata prima della fine del 1999 e, quindi, il reato doveva essere dichiarato estinto.

Diversa è stata la valutazione per gli altri abusi. La violazione della legge edilizia del 1985 e della normativa sul cemento armato del 1971 erano contravvenzioni punite congiuntamente con arresto e ammenda. Per queste, il termine di prescrizione era di tre anni, estendibile a quattro anni e mezzo. Al momento della sentenza del 1998, tale termine non era ancora decorso. Infine, la violazione dei sigilli, qualificata come delitto, prevedeva un termine ancora più lungo.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una precisa applicazione del principio del favor rei, secondo cui si applica la legge più favorevole all’imputato, in questo caso la disciplina sulla prescrizione anteriore alla riforma del 2005. La distinzione tra contravvenzioni punite con la sola ammenda e quelle punite anche con pena detentiva è stata cruciale. Solo per la prima tipologia il termine di prescrizione più breve ha consentito di dichiarare l’estinzione del reato.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla motivazione della pena, la Cassazione lo ha dichiarato inammissibile. La ragione è puramente procedurale: la ricorrente non aveva sollevato questa specifica censura nei motivi di appello. Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano state proposte in appello. Di conseguenza, pur potendo esistere un vizio, la mancata contestazione nel grado di giudizio precedente ne ha precluso l’esame.

Le conclusioni

La sentenza viene annullata senza rinvio, ma solo limitatamente al reato estinto per prescrizione. La Corte ha quindi proceduto a ricalcolare la pena, eliminando l’aumento relativo a tale capo d’imputazione. Per il resto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la condanna è diventata definitiva. La pronuncia ribadisce due principi fondamentali: l’importanza di un’attenta analisi dei termini di prescrizione, che possono variare significativamente a seconda della natura del reato e della normativa applicabile ratione temporis, e la necessità di articolare in modo completo e tempestivo tutti i motivi di doglianza nei gradi di merito, pena l’inammissibilità in sede di legittimità.

Come si calcola la prescrizione per i reati edilizi commessi prima della riforma del 2005?
Secondo la normativa dell’epoca, più favorevole, le contravvenzioni punite con la sola ammenda si prescrivevano in un termine massimo di tre anni. Quelle punite con arresto e ammenda si prescrivevano, invece, in un termine massimo di quattro anni e mezzo.

Perché solo uno dei reati contestati è stato dichiarato prescritto?
Solo il reato di costruzione in zona sismica (capo C) era una contravvenzione punita con la sola ammenda, il cui termine di prescrizione di tre anni era già decorso. Gli altri reati erano puniti anche con l’arresto e avevano termini di prescrizione più lunghi, non ancora maturati alla data della sentenza d’appello.

Perché la Corte di Cassazione ha rifiutato di esaminare il motivo sulla motivazione della pena?
Il motivo è stato dichiarato inammissibile perché la ricorrente non aveva sollevato questa specifica censura nel precedente grado di giudizio (l’appello). La legge processuale penale impedisce di presentare in Cassazione motivi che non siano stati dedotti in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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