Prescrizione del Reato: Quando un Errore di Calcolo Rende il Ricorso Inammissibile
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di prescrizione del reato: il calcolo dei termini deve essere meticoloso e tenere conto di tutti i fattori interruttivi e sospensivi previsti dalla legge. L’ordinanza in esame evidenzia come un errore in questa valutazione possa portare a conseguenze gravi, come la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento di spese e sanzioni. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprenderne la portata pratica.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma con una sentenza del 14 settembre 2023, ha presentato ricorso per Cassazione. L’unico motivo addotto a sostegno del ricorso era l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione, che, a suo dire, si sarebbe compiuta prima della pronuncia della sentenza d’appello.
Il reato contestato era stato commesso il 29 ottobre 2014. Secondo la tesi difensiva, il tempo necessario a prescrivere era già decorso al momento della decisione della Corte territoriale.
L’Errato Calcolo della Prescrizione del Reato
Il ricorrente, nel formulare la propria eccezione, ha commesso un errore di calcolo decisivo. La sua analisi non ha tenuto in considerazione due elementi cruciali che incidono direttamente sulla decorrenza dei termini di prescrizione:
1. La recidiva contestata: la condizione di recidiva, ovvero l’aver commesso un nuovo reato dopo una condanna precedente, può comportare un allungamento dei termini di prescrizione.
2. La sospensione della prescrizione: durante il processo possono verificarsi eventi che ‘congelano’ il decorso del tempo. Questi periodi di sospensione non vengono conteggiati nel calcolo complessivo, facendo slittare in avanti la data di estinzione del reato.
L’omissione di questi due fattori ha portato il ricorrente a una conclusione errata sulla data di maturazione della prescrizione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Prescrizione del Reato
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha ritenuto ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno rapidamente rilevato l’errore di calcolo, sottolineando che, considerando correttamente la recidiva e la sospensione, il termine di prescrizione non era affatto maturato al momento della sentenza d’appello.
Infatti, il termine corretto per la prescrizione del reato in questione è stato individuato nel 28 dicembre 2023, una data successiva a quella della sentenza impugnata (14 settembre 2023). Di conseguenza, il motivo del ricorso era palesemente privo di fondamento.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è netta e lineare. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su una premessa giuridica errata e facilmente smentibile dagli atti processuali. La Corte non ha nemmeno dovuto entrare nel merito della vicenda, poiché l’errore preliminare sul calcolo della prescrizione era sufficiente a chiudere la questione. La manifesta infondatezza del motivo di ricorso ha comportato, come previsto dalla legge, la condanna del ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito pratico: l’istituto della prescrizione, sebbene fondamentale per garantire la ragionevole durata del processo, è regolato da norme complesse. Il calcolo dei termini non è un mero esercizio aritmetico, ma richiede un’attenta analisi di tutti gli atti processuali per individuare correttamente cause di interruzione e sospensione, nonché l’impatto di aggravanti come la recidiva. Un ricorso basato su un calcolo superficiale o errato non solo è destinato al fallimento, ma espone l’imputato a ulteriori conseguenze economiche. La decisione sottolinea l’importanza di un’assistenza legale scrupolosa e tecnicamente preparata in ogni fase del procedimento penale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. L’unico motivo, relativo all’avvenuta prescrizione del reato, si basava su un calcolo palesemente errato dei termini.
Quali elementi chiave ha ignorato il ricorrente nel calcolare la prescrizione del reato?
Il ricorrente ha omesso di considerare due fattori determinanti: la recidiva che gli era stata contestata e i periodi di sospensione della prescrizione intervenuti durante il processo. Entrambi gli elementi hanno l’effetto di posticipare la data di estinzione del reato.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito di questa decisione?
A causa dell’inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22883 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22883 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MERCATO SAN SEVERINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato prima della sentenza di appello, è manifestamente infondato, posto che non tiene conto né della contestata recidiva, né della sospensione della prescrizione per cui, essendo stato il reato commesso il 29 ottobre 2014 il termine di prescrizione è da individuare nel 28 dicembre 2023, data successiva alla sentenza della Corte di appello;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 maggio 2024.