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Porto di coltello: essere senza fissa dimora non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo senza fissa dimora condannato per il porto di un coltello a serramanico. Secondo la Corte, la condizione di senza fissa dimora non costituisce di per sé un ‘giustificato motivo’ per portare con sé un oggetto simile, poiché non esclude la possibilità di depositarlo in un luogo riservato. La sentenza conferma un orientamento rigoroso sul concetto di giustificato motivo per il porto di coltello.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto di coltello: quando è reato e perché essere senza tetto non giustifica

Il porto di coltello al di fuori della propria abitazione è una questione delicata, regolata da norme precise che mirano a tutelare la sicurezza pubblica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito l’interpretazione rigorosa del concetto di ‘giustificato motivo’, chiarendo che la condizione di persona senza fissa dimora non è, di per sé, una scusante valida. Analizziamo questa importante decisione per capire meglio i confini della legge.

Il caso: un coltello nello zaino e la condanna

I fatti riguardano un uomo condannato in primo e secondo grado alla pena di quattro mesi di arresto e ottocento euro di ammenda. Il reato contestato era quello previsto dall’art. 4 della legge n. 110/1975, per aver portato fuori dalla propria abitazione un coltello a serramanico lungo quindici centimetri.

L’imputato, privo di una dimora stabile, aveva sostenuto che il coltello fosse uno strumento di uso quotidiano, necessario proprio a causa della sua condizione di vita. La sua difesa si basava sull’idea che, non avendo una casa, non potesse fare a meno di portare con sé oggetti di uso comune.

L’appello e il giustificato motivo per il porto di coltello

La questione è arrivata fino alla Corte di Cassazione, dove l’imputato ha presentato ricorso lamentando una ‘manifesta illogicità’ nella motivazione della sentenza d’appello e la mancanza di una corretta qualificazione giuridica dei fatti.

La difesa dell’imputato

Il ricorrente ha cercato di far valere la sua condizione personale come ‘giustificato motivo’, un elemento che, se riconosciuto, esclude la punibilità del reato. La tesi era semplice: chi vive per strada ha esigenze diverse da chi ha un’abitazione e deve poter portare con sé strumenti utili alla sopravvivenza quotidiana.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero questioni di fatto, già correttamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, e non questioni di legittimità, le uniche che possono essere esaminate in Cassazione.

Le motivazioni: i limiti del ‘giustificato motivo’ nel porto di coltello

La Corte ha colto l’occasione per ribadire il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale sul concetto di ‘giustificato motivo’. Non basta una generica necessità legata alla propria condizione personale. Affinché il porto di un oggetto come un coltello sia giustificato, devono sussistere precise condizioni:

1. Corrispondenza tra esigenze e regole lecite: Le esigenze particolari della persona devono essere perfettamente corrispondenti a regole di comportamento lecite.
2. Contesto e natura dell’oggetto: Bisogna valutare la natura dell’oggetto, le modalità del fatto, le condizioni soggettive di chi lo porta, i luoghi e la sua funzione normale.

Nel caso specifico, i giudici hanno richiamato un precedente relativo al ritrovamento di un taglierino e un coltello nello zaino di una persona senza fissa dimora in un parcheggio. Anche in quel caso, la Corte aveva stabilito che l’indisponibilità di un’abitazione stabile non può, da sola, consentire il porto indiscriminato e ingiustificato di oggetti di tale tipo. La persona, infatti, avrebbe potuto fare riferimento a un luogo riservato dove depositarli.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza conferma una linea interpretativa molto chiara: la legge sul porto di coltello e di altri oggetti atti ad offendere non ammette deroghe basate unicamente su condizioni personali, per quanto disagiate. La tutela della sicurezza pubblica prevale sulla presunta necessità individuale, a meno che questa non sia ancorata a una situazione specifica, concreta e lecita che ne giustifichi il porto in quel preciso momento e luogo. Essere senza fissa dimora, quindi, non crea una ‘zona franca’ in cui la legge cessa di applicarsi. La decisione sottolinea la responsabilità individuale di trovare soluzioni alternative per la custodia di oggetti potenzialmente pericolosi, anche in assenza di una dimora stabile.

Essere una persona senza fissa dimora giustifica il porto di un coltello a serramanico?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la condizione di senza fissa dimora, di per sé, non costituisce un ‘giustificato motivo’ che autorizza il porto indiscriminato e ingiustificato di un coltello, in quanto la persona potrebbe far riferimento a un luogo riservato dove depositarlo.

Cos’è il ‘giustificato motivo’ per la legge sul porto di armi e oggetti atti ad offendere?
Il ‘giustificato motivo’ ricorre solo quando le particolari esigenze di chi porta l’oggetto corrispondono a regole di comportamento lecite, tenendo conto della natura dell’oggetto, del luogo, delle condizioni della persona e della funzione normale dell’oggetto stesso.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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