Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37664 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37664 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA/07/2003
avverso il decreto del 15/04/2025 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; NOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 15 aprile 2025, la Corte di appello di Napoli confermava il decreto del Tribunale di Napoli che aveva applicato, nei confronti di COGNOME NOME, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di anni due, oltre che il pagamento della cauzione di euro 2.000,00 in quanto ritenuto pericoloso, riconducibile alla categoria di cui agli artt. 4, lett. c), e 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011, per essere dedito ad attività delittuose e che vive, abitualmente anche in parte, con i proventi delle stesse.
Il prevenuto, nonostante la sua giovane età, ha riportato due condanne per reati connessi alla cessione di droghe: nel novembre 2023 è stato rinvenuto in possesso di 40 dosi di cocaina, occultate nel vano motore del suo scooter mentre stava effettuando ‘consegna’ di droga a domicilio; nel febbraio 2024, dopo essere
stato rimesso in libertà, è stato rinvenuto in possesso di quasi 200 dosi di cocaina e di crack del peso di 92 grammi, da cui potevano essere ricavate più di 300 dosi.
È stato, altresì, evidenziato che, a fronte di un quadro reddituale modesto percepito dalla famiglia, e della mancanza di un’attività lavorativa, il prevenuto aveva, tuttavia, la disponibilità di due autovetture (intestate alla madre) e di un ciclomotore nuovo di recente acquisizione.
COGNOME NOME ha proposto ricorso con atto a firma del suo difensore articolato in tre motivi.
2.1. Con primo motivo denuncia , ai sensi dell’ art. 606 lett. b) cod.proc.pen., violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 4 , lett. c), e 1, lett. a), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per avere la Corte territoriale ritenuto il prevenuto soggetto dedito a traffici delittuosi nonostante la Corte costituzionale, con sentenza n. 24 del 2019, in adesione ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte EDU De Tommaso c.Italia, abbia dichiarato l’il legittimità costituzionale dell’articolo 4 lett. c) del d.lgs. n. 159 del 2011 nella parte in cui stabilisce che la sorveglianza speciale possa essere applicata anche ai soggetti indicati nell’art. 1 lett. a) del medesimo decreto, ovvero a soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi.
2.2. Con secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen., violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 4 , lett. c), e 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Deduce che il prevenuto non si troverebbe nelle condizioni di aver commesso delitti, abitualmente ed in un significativo arco temporale, avendo in realtà riportato due condanne per condotte rientranti nell’ambito di un medesimo disegno criminoso tanto da essergli stato riconosciuto il beneficio della continuazione; non risulterebbe accertato, inoltre, che tali delitti abbiano generato profitti in capo al prevenuto non essendo stato trovato in possesso di denaro al momento dei due arresti in flagranza; non sussisterebbe prova che gli introiti, comunque non dimostrati, derivanti da attività illecita, avrebbero costituito l’unico reddito del prevenuto o almeno una componente significativa.
2.3. Con terzo motivo denuncia , ai sensi dell’art. 606 lett. b) , cod.proc.pen., violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 17 e 14, co. 2-ter, d.lgs. 6 settembre 2011. Deduce che il prevenuto dovrà rimanere detenuto per la durata di quattro anni e quattro mesi, a decorrere dal febbraio 2024, e che, durante tale periodo, l’esecuzione della misura di prevenzione dovrà
rimanere sospesa, per essere successivamente rivalutata, a fine pena, ai sensi dell’articolo 14 ter del codice antimafia. Tale circostanza sarebbe, peraltro, in contrasto con la funzione di rieducazione della pena.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Relativamente alla doglianza veicolata attraverso il primo motivo di ricorso, deve rilevarsi che dalla trama del tessuto motivazionale del provvedimento impugnato risulta in maniera univoca che la Corte territoriale ha confermato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, nei confronti del prevenuto, sulla base di presupposti fattuali specifici e di condotte criminose riconducibili alla previsione di cui all’art. 1, lett. b), del d.lgs. n. 159 del 2011.
Il richiamo alla previsione di cui all’articolo 1 lett. a) del suindicato decreto deve ritenersi, pertanto, frutto di un refuso, essendo stata comunque la decisione incentrata sulla previsione di cui all’art. 1 lett. b) del d.lgs. 159/2011 ovvero sulla circostanza dell’essere il proposto soggetto che vive abitualmente anche in parte con i proventi di attività delittuose.
2. Il secondo motivo è infondato.
Relativamente alla specifica qualificazione di pericolosità generica, che viene in rilievo nel caso in esame, ossia, come chiarito dalla Corte distrettuale, quella delineata dall’art. 1, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 159 del 2011, occorre ricordare che la stessa Corte Costituzionale, proprio con la sentenza n. 24 del 2019, ha ritenuto detta figura – a differenza di quella di cui alla lett. a) della medesima disposizione – costituzionalmente legittima. In particolare, ha chiarito che la locuzione «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» è oggi suscettibile di essere interpretata come espressiva della necessità di predeterminazione non tanto di singoli “titoli” di reato, quanto di specifiche “categorie” di reato, il che «permette di ritenere soddisfatta l’esigenza – sulla quale ha da ultimo giustamente insistito la Corte europea, ma sulla quale aveva già richiamato l’attenzione la sentenza n. 177 del 1980 di questa Corte – di individuazione dei “tipi di comportamento” (” types of
behaviour “) assunti a presupposto della misura» (Corte Cost. n. 24 del 24/01/2019).
In linea con le indicazioni del giudice delle leggi, la giurisprudenza di legittimità si è assestata, pertanto, sul principio di diritto in forza del quale, in tema di misure di prevenzione, le “categorie di delitto” legittimanti l’applicazione di una misura fondata sul giudizio di cd. pericolosità generica, ai sensi dell’art. 1, lett. b), del d. lgs. n. 159 del 2011, devono presentare il triplice requisito – da ancorare a precisi elementi di fatto, di cui il giudice di merito deve rendere adeguatamente conto in motivazione – per cui deve trattarsi di delitti commessi abitualmente, ossia in un significativo arco temporale, che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca, l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo (Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, Rv. 280145 -03; Sez. 5, n. 38737 del 10/7/2019, COGNOME, Rv. 276648 – 01; Sez. 6, n. 38077 del 9/5/2019, COGNOME, Rv. 276711 – 01; Sez. 2, n. 27263 del 16/4/2019, COGNOME, Rv. 275827 – 01; Sez. 6, n. 21513 del 9/4/2019, COGNOME, Rv. 275737 – 01; Sez. 2, n. 11445 dell’8/3/2019, COGNOME, Rv. 276061).
Nella fattispecie in esame la Corte di appello ha confermato il giudizio di pericolosità sociale espresso dal Tribunale evidenziando le due condanne riportate dal proposto, nonostante la giovane età, per distinti reati legati alla detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, commessi a distanza ravvicinata nel breve volgere di mesi e indicativi di un suo inserimento nella rete dello spaccio delle suindicate sostanze in quanto non frutto di condotte improvvisate; è stato, altresì, sottolineato il dato del mancato svolgimento di attività lavorativa da parte del medesimo, dei ripetuti controlli con persone pregiudicate (pari a 12 tra il giugno del 2021 e il 28 ottobre 2023), del l’acquisto di uno scooter nuovo, del valore presumibile di circa 5.000 euro, e della disponibilità di due autovetture, pur intestate alla madre, a fronte del modesto quadro reddituale della stessa. La valutazione di pericolosità sociale risulta, pertanto, effettuata nel rispetto dei criteri stabiliti da questa Corte, tenendo conto del requisito dell ‘abitualità delle condotte e della loro riconducibilità ad un significativo arco temporale, anche in ragione della giovane età del prevenuto, oltre che del carattere lucrogenetico delle stesse e della presenza di indici significativi della configurabilità dei proventi relativi ottenuti come unica o componente significativa del reddito a disposizione del prevenuto, nel periodo oggetto di osservazione.
Rispetto a tale motivazione, logica e priva di aporie, le deduzioni difensive risultano sostanzialmente volte ad ottenere una non consentita rivalutazione delle evidenze acquisite. Deve, peraltro, ricordarsi che, ai sensi degli artt. 10 e 27 D.Lvo 159 del 2011, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure
di prevenzione patrimoniali è ammesso solo per violazione di legge, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs. 159/2011 e, sotto tale profilo, il motivo in esame, in quanto involgente presunti difetti di motivazione e non violazioni di legge, deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
È manifestamente infondato il terzo motivo, con cui la difesa si duole della violazione dell’art. 14 comma 2 ter d.lgs. n. 159 del 2011, per essere stata la misura di prevenzione applicata nonostante il prevenuto debba espiare una pena detentiva superiore a quattro anni di reclusione.
Deve ricordarsi che non sussiste incompatibilità tra la misura cautelare della custodia in carcere del proposto e l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ferma restando la sospensione di questa in costanza della prima e la necessità, ai fini della ripresa del suo decorso, di una rinnovata valutazione sulla attualità della prognosi di pericolosità, per effetto della sentenza della Corte cost. n. 291 del 2013 (tra le molte, Sez. 1, n. 7307 del 28/01/2014, COGNOME, Rv. 259167-01).
Come noto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 291 del 2013, ha dichiarato illegittimo l’art. 15 del d.lgs. n. 159 del 2011, «nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui l’esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l’organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato nel momento dell’esecuzione della misura». Nel motivare tale decisione, la Consulta ha osservato che non può giustificarsi una presunzione – sia pure solo iuris tantum – di persistenza della pericolosità malgrado il trattamento detentivo che equivale alla negazione della sua stessa funzione; peraltro, la pericolosità sociale deve risultare attuale nel momento in cui la misura viene eseguita, giacché, in caso contrario, le limitazioni della libertà personale nelle quali la misura stessa si sostanzia rimarrebbero carenti di ogni giustificazione (punto 6 del Considerato in diritto). La medesima pronuncia aveva precisato, nella parte conclusiva della motivazione, che sarebbe stata rimessa all’applicazione giudiziale l’individuazione delle ipotesi nelle quali la reiterazione della verifica della pericolosità sociale potrà essere ragionevolmente omessa, a fronte della brevità del periodo di differimento dell’esecuzione della misura di prevenzione.
Nel caso in esame le doglianze della difesa prescindono dalle coordinate normative sopra delineate, che lasciano aperta la porta a una verifica della persistenza della pericolosità sociale del prevenuto dopo l’espiazione di pena detentiva e risultano legate ad una generica doglianza sulla vanificazione della
funzione rieducativa della pena, senza individuare alcun possibile persistente profilo di illegittimità costituzionale della norma in esame.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 16/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME