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Pericolo di fuga per stranieri: la decisione Cassazione

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza che negava la custodia cautelare a due stranieri accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Corte ha stabilito che, per valutare il pericolo di fuga di uno straniero senza legami con l’Italia, non sono necessarie prove di specifici atti preparatori. La sua stessa presenza temporanea e finalizzata al reato è un indice significativo. Anche il pericolo di recidiva va valutato considerando la gravità del fatto e i legami con la criminalità transnazionale.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di fuga per stranieri: la decisione della Cassazione

Le misure cautelari rappresentano uno strumento delicato nel processo penale, bilanciando la libertà individuale con le esigenze di giustizia. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 7705 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sulla valutazione del pericolo di fuga, specialmente quando riguarda cittadini stranieri privi di legami stabili con il territorio italiano. Questo provvedimento chiarisce come l’assenza di radicamento possa costituire un elemento decisivo per giustificare la custodia in carcere.

I fatti del processo

Il caso ha origine da un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a carico di due cittadini stranieri, uno croato e bosniaco, l’altro bosniaco, entrambi residenti in Bosnia. Erano accusati di aver trasportato illegalmente in Italia due persone dietro un compenso di circa 800-1.000 euro. Il Pubblico Ministero aveva richiesto la custodia cautelare in carcere, ma sia il Giudice per le Indagini Preliminari sia, in seguito, il Tribunale del riesame avevano respinto la richiesta, ritenendo insussistenti le esigenze cautelari.

La decisione del Tribunale del Riesame e il ricorso del PM

Il Tribunale del riesame aveva escluso sia il pericolo di fuga sia quello di recidiva. Secondo i giudici, non vi erano elementi concreti per ritenere che gli indagati stessero preparando una fuga. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nell’interpretare la legge, specialmente in relazione a soggetti stranieri la cui presenza in Italia era unicamente funzionale alla commissione del reato. Il PM ha sottolineato come l’assenza di qualsiasi legame con il territorio nazionale rendesse intrinseco e attuale il rischio che gli indagati, una volta liberi, tornassero nel loro paese per sottrarsi alla giustizia italiana.

L’analisi del pericolo di fuga da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando l’ordinanza del Tribunale del riesame. I giudici supremi hanno chiarito un principio fondamentale: la valutazione del pericolo di fuga per un cittadino straniero, privo di qualsiasi radicamento in Italia e presente sul territorio al solo fine di commettere un reato, deve seguire criteri specifici.

Pretendere la prova di ‘condotte preparatorie’ alla fuga, in un caso del genere, è un ragionamento circolare e illogico. L’assoluta temporaneità della presenza dell’indagato in Italia, infatti, esclude la possibilità stessa di tali preparativi. La sua condizione è intrinsecamente precaria e finalizzata all’allontanamento una volta compiuto l’illecito. Pertanto, la mancanza di legami familiari, lavorativi o sociali diventa l’elemento centrale per formulare un giudizio prognostico di un concreto e attuale pericolo di allontanamento.

Il pericolo di recidiva e i legami con la criminalità

La Cassazione ha bacchettato il Tribunale del riesame anche per quanto riguarda la valutazione del pericolo di recidiva. Il Tribunale aveva escluso tale rischio senza considerare adeguatamente la gravità del fatto e le sue modalità, che suggerivano un inserimento degli indagati in un meccanismo criminale collaudato e transnazionale.

Secondo la Corte, la modalità della condotta e le circostanze del reato sono elementi imprescindibili per valutare la probabilità che il soggetto commetta nuovi crimini. In contesti come il traffico di esseri umani, spesso legato a organizzazioni criminali, il rischio che gli indagati possano essere ‘riutilizzati’ in ruoli e tratte diverse è concreto e attuale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che il Tribunale del riesame ha errato nel non considerare la specifica condizione degli indagati. Essendo cittadini di paesi extra-UE, senza alcun legame stabile con l’Italia e giunti nel paese al solo scopo di commettere il reato, la valutazione del pericolo di fuga non può basarsi sulla ricerca di atti preparatori, ma deve fondarsi sulla concreta e attuale probabilità che essi si sottraggano alla giustizia tornando nel loro paese d’origine. Allo stesso modo, il pericolo di recidiva deve essere analizzato tenendo conto della gravità del reato e del suo inserimento in un contesto di criminalità transnazionale, elementi che il giudice del riesame aveva omesso di valutare.

le conclusioni

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando il caso al Tribunale di Trieste per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati, procedendo a una più corretta e approfondita valutazione delle esigenze cautelari. La decisione riafferma l’importanza di un’analisi caso per caso, che tenga conto di tutte le circostanze specifiche, specialmente in contesti di criminalità che superano i confini nazionali.

Quando si può considerare concreto il pericolo di fuga per uno straniero senza legami in Italia?
Secondo la Corte di Cassazione, il pericolo di fuga è concreto e attuale quando la presenza dello straniero sul territorio italiano è temporanea e funzionale esclusivamente alla commissione di un reato. In questi casi, l’assenza di qualsiasi radicamento (familiare, lavorativo, sociale) è un elemento sufficiente per ritenere probabile il suo allontanamento per sottrarsi alla giustizia.

Per applicare una misura cautelare per il pericolo di fuga, è sempre necessario provare che l’indagato sta preparando la fuga?
No. La sentenza chiarisce che nel caso di uno straniero senza legami con l’Italia, la cui presenza è temporanea, non è necessario dimostrare l’esistenza di specifici atti preparatori alla fuga. La sua stessa condizione rende illogico attendersi tali atti, e il pericolo può essere desunto dalla sua mancanza di interesse a rimanere nel territorio nazionale.

Come si valuta il pericolo di commettere nuovi reati (recidivanza) in casi di criminalità transnazionale?
Il pericolo di recidivanza deve essere valutato esaminando la gravità del fatto, le concrete modalità di commissione del reato e il contesto in cui si inserisce. Se questi elementi denotano chiari contatti con la criminalità transnazionale, si deve considerare la probabilità che l’indagato possa essere nuovamente impiegato in attività criminali, rendendo il pericolo concreto e attuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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