Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7705 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7705  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: nel procedimento a carico di: COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI TRIESTE
avverso l’ordinanza del 27/04/2023 del TRIB. LIBERTA’ di TRIESTE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME
Il PG conclude chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per nuovo esame al Tribunale di Trieste.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato (COGNOME) COGNOME del foro di PAOLA in difesa di NOME ( CODICE_FISCALE ) che conclude chiedendo il rigetto del ricorso del PM.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Trieste ha rigettato l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di quella stessa città, con la quale era stata respinta la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, per ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari in relazione al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 12 comma 1, 3 d) e 3 -ter d. Igs. n. 286 del 1998 contestato agli indagati, per avere, in concorso tra loro e con ignoti, gestito l’ingresso illegale di 2 clandestini, trasportandoli dietro il compenso, pattuito con gli organizzatori, di 800-1.000 euro, in Italia a bordo di un veicolo di COGNOME, da questi guidato e con a bordo COGNOME; reato aggravato dall’avere agito in almeno 3 persone ed al fine di trarne profitto; in Trieste il 30/03/2023.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Trieste, che, con un unico articolato motivo, denuncia violazione di legge in ordine alla ritenuta insussistenza di esigenze cautelari, e carenza di motivazione quanto alla presunzione di sussistenza delle esigenze ex art. 274 comma 3 cod. proc. pen.
Secondo il Procuratore ricorrente, il Tribunale del riesame ha escluso l’esigenza cautelare del pericolo di fuga attraverso un’errata applicazione della legge processuale e un altrettanto errata interpretazione della giurisprudenza di legittimità che, invece, si è costantemente espressa nel senso che detto pericolo non deve essere desunto esclusivamente da comportamenti materiali che rivelino l’inizio dell’allontanamento o una condotta indispensabilmente prodromica, essendo al contrario necessario e sufficiente stabilire un reale ed effettivo pericolo.
Il Tribunale ha anche omesso di considerare la regola di cui all’art. 274 comma 3 cod. proc. pen. in ordine alla presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari per i reati di cui all’art. 51 comma 3 bis cod. proc. pen., tra i quali rientra quello in contestazione, sempre che non siano stati acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, nella specie il pericolo di fuga; elementi in questo caso mai emersi.
Il Tribunale ha infine anche errato nell’escludere la sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidivanza, rendendo sul punto una motivazione carente ed errata in diritto. Sussiste il concreto pericolo della commissione di reati analoghi rispetto a quello per cui si procede, dovendo gli indagati ritenersi inseriti in un meccanismo criminale collaudato, anche tenuto conto della particolare natura del traffico di esseri umani, che si inserisce in un contesto di criminalità organizzata; ciò
che, pertanto, consentirebbe di utilizzare nuovamente gli indagati in ruoli e in tratte diverse.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato osservazioni scritte con le quali ha avversato il ricorso, evidenziandone l’infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è fondato.
Va osservato come, in virtù delle modificazioni apportate alla disciplina delle misure cautelari dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, il pericolo di fuga deve essere, non solo concreto, ma anche attuale. L’esigenza di acclarare questo ulteriore connotato non comporta la necessità di enucleare l’esistenza di condotte materiali che rivelino l’inizio dell’allontanamento o che siano comunque espressione di fatti ad esso prodromici.
2.1. La Corte di cassazione, in diverse pronunce, si è pronunciata sulla esigenza cautelare del pericolo di fuga nel caso di soggetto straniero. In particolare nella sentenza della I Sezione penale n. 20780 del 27 maggio 2022, citata in ricorso e richiamata nella stessa ordinanza impugnata, la Corte ha chiarito che il pericolo di fuga non può essere certamente desunto dalla semplice circostanza dello status di straniero del soggetto agente, ma che non possa essere esclusa la sussistenza di tale esigenza cautelare qualora il carattere temporaneo della presenza sul territorio italiano sia funzionale alla commissione del reato (nella specie, il traffico di esseri umani) e renda di difficile realizzazione comportamenti preparatori alla fuga stessa. In motivazione si legge in particolare: “Nel ribadire il principio per cui il giudice della cautela, in tema di pericolo di fuga, è chiamato a svolgere un giudizio prognostico verificabile che deve attagliarsi, di volta in volta, al caso concreto prospettatosi, va qui precisato che la situazione fattuale oggetto di ricorso – ovverosia quella del soggetto agente di nazionalità straniera, presente nel territorio dello Stato con il quale non ha alcun radicamento e al solo fine di commettere oltre confine condotte criminose, per poi rientrare nel paese di origine – avrebbe richiesto un più articolato e approfondito giudizio, esteso a qualsiasi elemento, desumibile dagli atti, obiettivamente sintomatico di un prossimo pericolo di fuga tale da rendere necessario un tempestivo intervento cautelare”.
2.2. Nella sentenza della Quinta Sezione penale n. 7729 del 20 febbraio 2023, poi, nell’affermazione degli stessi principi, si evidenzia come ancora una volta il Tribunale distrettuale confondeva i principi applicabili alla situazione di persone presenti nel
territorio nazionale, con la diversa situazione dell’indagato, soggetto privo di qualunque legame con l’Italia, la cui presenza sul territorio italiano era funzionale alla commissione. Si affermava, in particolare: “In conclusione, nella sede di merito – a cui la valutazione del profilo del concreto pericolo di fuga deve essere nuovamente rimessa – lo scrutinio dovrà essere condotto – secondo razionali criteri di valutazione calati nel caso concreto – risolvendo due aporie rinvenibili nel provvedimento impugnato: quella che pretende di assimilare la situazione dello straniero radicato sul territorio italiano con quella, qui rilevante, del soggetto di altra nazionalità che giunga sul territorio dello Stato al solo fine di portare a compimento la condotta illecita, senza alcun tipo di collegamento; l’affermazione che esclude collegamenti con le organizzazioni che svolgono il traffico di clandestini facendo leva sul carattere occasionale della condotta, contraddittoriamente affermato nell’ordinanza impugnata.”
Ebbene, l’ordinanza impugnata non ha fatti buon governo dei principi che regolano la materia.
Va innanzitutto chiarito che, nel caso di specie, non possa farsi riferimento – come ha fatto il GIP nell’ordinanza reiettiva – su un elemento (condotte preparatorie della fuga stessa) insuscettibili ab initio di possibile, reale accadimento, proprio in ragione dell’assenza di qualsivoglia radicamento, anche provvisorio, dell’indagato in territorio italiano e, dunque, l’impossibilità di indici di concreta rivelazione della fuga, prodromici e sintomatici della fuga stessa. In sintesi, è nel vero il ricorrente allorquando, nella sostanza, evidenzia la palese circolarità del discorso giustificativo inerente al pericolo di fuga. Esso non può e non potrà mai fondarsi su concrete condotte preparatorie e sintomatiche, posto che l’assoluta temporaneità dell’indagato nel territorio italiano esclude ogni possibile ‘preparazione’ della fuga stessa e, dunque, l’esistenza stessa di ‘indici rivelatori’ specifici e concreti finalizzati alla fuga.
Va poi ricordato che, per ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, è necessario e sufficiente accertare – con giudizio prognostico verificabile, perché ancorato alla concreta situazione di vita del soggetto, alle sue frequentazioni, ai precedenti penali, alle pendenze giudiziarie e, più in generale, a specifici elementi vicini nel tempo l’esistenza di un effettivo e prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento, tale da richiedere un tempestivo intervento cautelare (Sez. 6, n. 48103 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274220 – 01; Sez. 6, n. 16864 del 07/03/2018, COGNOME, Rv. 273011 – 01): in definitiva, il requisito dell’attualità del pericolo di fuga postula la formulazione di un giudizio prognostico in base al quale si giunga a ritenere, senza il ricorso a formule astratte e non verificabili in concreto, che sia imminente la sottrazione dell’indagato al processo e, in caso di condanna, all’irrogazione della pena (Sez. 3, n. 18496 del 11/01/2017, F., Rv. 269630 – 01).
Il pericolo di fuga è, infatti, la “rilevante plausibilità che l’indagato, se lasciato libertà, si sottragga alla pretesa di giustizia” (Sez. 2, Sentenza n. 2935 del 15/12/2021, dep. 2022, PM in proc. Sylla, Rv. 282592); nel pericolo di sottrazione alla pretesa di giustizia non c’è solo il rischio di non esecuzione della decisione irrevocabile di condanna, ma anche la possibilità che l’indagato si sottragga ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria in fase di indagini, alla celebrazione del processo, o all’esecuzione di ulteriori misure cautelari a suo carico (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 7270 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267135), con conseguente rischio di allontanamento clandestino da parte della persona (Sez. 6, Sentenza n. 27357 del 19/06/2013, NOME, Rv. 256568).
Alla luce di tali principi la motivazione dell’ordinanza impugnata non risulta avere correttamente esaminato la sussistenza dei presupposti del pericolo di fuga alla luce della particolare condizione dei soggetti stranieri (il NOME è cittadino croato e bosniaco, NOME è cittadino bosniaco, ed entrambi abitano in Bosnia), provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione Europea e pertanto non residenti nel territorio italiano, ove risultano giunti al solo fine di portare a compimento la condotta illecita, in relazione ai quali la valutazione degli elementi che denotano un concreto ed attuale pericolo di fuga assume una valenza particolare connessa alla possibile impunità connessa al ritorno dei predetti nel proprio Paese.
Del pari, nell’escludere il pericolo di recidivanza, il Tribunale ha omesso di considerare che, tra gli elementi di valutazione, occorreva anche esaminare la gravità del fatto e le concrete modalità di commissione dello stesso, denotante chiari contatti con la criminalità transnazionale.
Va infatti ricordato come questa Corte abbia chiarito che il nuovo testo dell’art. 274, comma 1,1ett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Silvestrin Rv. 271522 – 01).
Ed ancora, giova rilevare che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non va interpretato nei termini della imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, quanto in quelli di una continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata in rapporto alla vicinanza
5  GLYPH
v
ai fatti in cui si è espressa la potenzialità criminale dell’indagato ovvero alla presenza di circostanze recenti idonee a configurare un effettivo pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a neutralizzare (Sez. 1, n. 14840 del 22/1/2020, Oliverio, Rv. 279122-01).
L’ordinanza deve dunque essere annullata con rinvio al Tribunale di Trieste Sezione per il Riesame per nuovo giudizio, libero nell’esito, ma ossequioso dei principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Trieste Sezione per il Riesame.
Così deciso il 3 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente