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Pene sostitutive: quando richiederle? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva la conversione della pena detentiva in lavoro di pubblica utilità dopo la pronuncia della sentenza d’appello. La Suprema Corte ha ribadito che la richiesta di pene sostitutive deve essere presentata al più tardi durante l’udienza di discussione in appello, non essendo previste fasi successive per tale istanza.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: la Cassazione fissa il termine ultimo per la richiesta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di pene sostitutive, chiarendo in modo definitivo i limiti temporali per la loro richiesta. La decisione sottolinea l’importanza dei termini procedurali e il ruolo attivo che l’imputato deve avere nel processo, specialmente quando si tratta di accedere a misure alternative alla detenzione. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere come e quando un condannato può chiedere la conversione di una pena detentiva breve.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di una donna, condannata in via definitiva, di sostituire la pena detentiva inflittale con il lavoro di pubblica utilità. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che l’istanza era stata presentata solo dopo la pronuncia della sentenza d’appello e, più precisamente, a seguito della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena.

La Corte d’Appello di Bologna, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Contro questa decisione, la condannata ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la necessità di chiedere la sostituzione della pena era sorta solo nel momento in cui la condanna era diventata effettivamente esecutiva, a causa della revoca della sospensione condizionale. A suo avviso, non esisterebbe un termine processuale perentorio per tale richiesta e un’interpretazione restrittiva della norma sarebbe contraria alla sua finalità (la ratio legis).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici di legittimità hanno ritenuto la tesi della ricorrente in aperto contrasto con la lettera della norma e con la giurisprudenza consolidata sul punto. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende, data l’evidente infondatezza dei motivi.

Le motivazioni: i termini per richiedere le pene sostitutive

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione degli articoli 20-bis del codice penale e 545-bis del codice di procedura penale, alla luce della recente Riforma Cartabia. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la richiesta di applicazione delle pene sostitutive deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del giudizio d’appello.

La Corte ha richiamato precedenti sentenze (in particolare la n. 4934/2024 e la n. 10641/2023) per affermare che la normativa è concepita per consentire all’imputato, personalmente o tramite un procuratore speciale, di acconsentire all’applicazione della pena sostitutiva al momento stesso della lettura del dispositivo della sentenza. Questo perché la fase processuale successiva alla decisione non prevede la possibilità di presentare nuove istanze di questo tipo.

La logica della norma, secondo la Cassazione, è quella di valorizzare la partecipazione delle parti nella definizione della risposta sanzionatoria più adeguata al caso concreto, in linea con il principio di individualizzazione della pena sancito dall’art. 27 della Costituzione. Attendere la fase esecutiva per formulare tale richiesta è, pertanto, proceduralmente tardivo. La revoca della sospensione condizionale, sebbene renda la pena esecutiva, non riapre i termini per modificare la natura della sanzione già definita in sede di cognizione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza della Cassazione offre una lezione chiara: la strategia difensiva deve essere pianificata con largo anticipo. La possibilità di accedere alle pene sostitutive non è una porta sempre aperta, ma una finestra che si chiude con la pronuncia della sentenza di appello. Gli imputati e i loro difensori devono quindi valutare e presentare l’eventuale richiesta di sostituzione della pena entro e non oltre l’udienza di discussione d’appello.

Questa pronuncia consolida un orientamento rigoroso che mira a garantire la certezza del diritto e la corretta scansione delle fasi processuali. Ignorare questi limiti temporali espone al rischio di vedersi preclusa una possibilità importante di evitare il carcere, con la conseguenza aggiuntiva di una condanna alle spese in caso di ricorso inammissibile.

Entro quale momento processuale è possibile richiedere la sostituzione di una pena detentiva breve?
La richiesta di applicazione di pene sostitutive, come il lavoro di pubblica utilità, deve essere presentata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del giudizio d’appello, prima della lettura del dispositivo della sentenza.

È possibile chiedere le pene sostitutive dopo che la sentenza è diventata definitiva, ad esempio a seguito della revoca della sospensione condizionale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la fase processuale successiva alla pronuncia della sentenza non prevede la possibilità di presentare istanze per la sostituzione della pena. La revoca della sospensione condizionale rende esecutiva la pena così come è stata decisa, senza riaprire i termini per la sua modifica.

Cosa succede se si presenta un ricorso per Cassazione basato su una richiesta di pene sostitutive tardiva?
Se il ricorso è ritenuto manifestamente infondato, come nel caso di specie, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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