Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14719 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14719 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/10/2015 del TRIBUNALE di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, che, nel riportarsi alle conclusioni in atti, ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, essendo i reati ascritti all’imputato estinti per prescrizione;
udito il difensore, AVV_NOTAIO NOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’8 ottobre 2015, il Tribunale di Genova dichiarava COGNOME NOME colpevole dei reati di trasporto abusivo di rifiuti speciali in quanto eseguito con mezzi non autorizzati (art. 256, comma 1, lett. a), d. Igs. n. 152/2006) e di violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione, segnatamente dell’art 3, punto 4 dell’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. GE04471 (art. 256, comma 4, e comma 1, lett. a), d. Igs. n. 152/2006), per aver effettuato il 16.10.2013 due trasporti di rifiuti non ricevuti dalla discarica di destinazione per irregolarità nei formulari, omettendo di sincerarsi dell’accettazione dei rifiuti da parte del destinatario, prima di iniziare il trasporto e comunque di riportare il rifiut all’insediamento di provenienza, in relazione a fatti contestati come commessi secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nelle imputazioni.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto atto di appello tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Chiede, con il primo motivo, l’assoluzione ex art. 530, comma 1, cod. proc. pen. per insussistenza dei fatti o per non averli l’imputato commessi, o per non costituire gli stessi reato o per non essere gli stessi previsti dalla legge come reato.
In sintesi, premesso che l’art. 256, TU Ambientale punisce il trasporto di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione di cui all’art. 212 TUA, si censura la sentenza impugnata in quanto la RAGIONE_SOCIALE, ossia l’impresa edile che produce, raccoglie e trasporta i propri rifiuti non pericolosi, era autorizzata al trasporto in quanto iscritta all’apposito RAGIONE_SOCIALE. Per mera dimenticanza l’AIE aveva omesso di aggiornare i mezzi adibiti al trasporto, sicché non si tratterebbe di mancanza di autorizzazione ma di mancato rispetto di prescrizioni che, non essendo comunque contenute/richiamate nell’iscrizione non sarebbero comunque penalmente rilevanti. Ove si sussumesse la mancanza di detto adempimento nella mancanza tout court di autorizzazione, si finirebbe per allargare le maglie di un reato puramente formale. Da qui la richiesta assolutoria. Quanto, poi, al reato di cui al capo b), pur ammettendo che l’art. 3, punto 4 dell’iscrizione dell’RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE, fa obbligo al trasportatore di sincerarsi preventivamente dell’accettazione dei rifiuti da parte del destinatario e, in caso di mancata ricezione da parte di questi, di riportarli nel sito di provenienza, tuttavia, osserva la difes
poiché la ricezione del fresato di asfalto era notoria, la AIE non avrebbe dovuto sincerarsi preventivamente dell’accettazione da parte della discarica, non rilevando le particolari procedure datesi dall’imputato motu proprio, inoltre, non essendo oggettivamente possibile riportare il rifiuto nell’insediamento di provenienza, ossia la sede autostradale, non poteva pretendersi che lo facesse l’imputato. Da qui la richiesta assolutoria.
2.2. Chiede, con il secondo motivo, in subordine, il proscioglimento dell’imputato per particolare tenuità dei fatti ex art. 131-bis, cod. pen.
In sintesi, si sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto escludere la punibilità dell’imputato a norma dell’art. 131-bis, cod. pen., censurandosi la sentenza impugnata laddove ha rigettato la richiesta in quanto la pluralità delle condotte osterebbe al suo accoglimento, affermazione non corretta in quanto l’imputato avrebbe commesso due modestissime violazioni, non potendo quindi il comportamento qualificare come abituale. Sussistevano, pertanto, tutte le condizioni per l’applicazione della causa di esclusione della punibilità.
2.3. Chiede, con il terzo motivo, in ulteriore subordine, il minimo della pena.
In sintesi, si sostiene che la mancanza di dolo, la lievità della colpa e l’assenza di alcun danno e pericolo, avrebbero dovuto portare all’applicazione dell’ammenda nella misura minima possibile.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 29 gennaio 2024, cui si è riportato in sede di discussione orale, ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, essendo i reati ascritti all’imputato estinti per prescrizione.
In sintesi, rileva il PG che nell’atto di impugnazione, presentato alla Corte d’Appello di Genova, e trasmesso in Cassazione ai sensi dell’art. 568, comma 5, c.p.p., trattandosi di atto non appellabile, si chiede, innanzitutto, una rivalutazione del merito del procedimento inammissibile in questa sede, non ravvisandosi vizi di legittimità nell’applicazione degli articoli di legge violati, né sul percorso logic argomentativo che ha portato il Tribunale di Genova a pronunciare la condanna dell’imputato. Deve, invece, ritenersi che la motivazione della sentenza in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti dell’art. 131-bis c.p., nella quale ci si limita ad affermare che non sia possibile dichiarare la non punibilità del fatto in presenza di più reati sia pure riuniti dal vincolo della continuazione nel medesimo procedimento, si ponga in contrasto con il principio recentemente affermato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022,
dep. 12/05/2022, rv. 283064). Essendo già decorsi i termini prescrizionali previsti dalla legge in relazione alle violazioni ascritte all’imputato, e non sussistendo, comunque, i presupposti per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p., si chiede, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione.
In data 24 gennaio 2024, l’AVV_NOTAIO ha fatto pervenire istanza di trattazione orale. Successivamente, in data 26.02.2024 ed in data 7.03.2024 ha fatto pervenire separate memorie, cui si è richiamato in sede di discussione orale, con cui ha insistito per l’accoglimento dei tre motivi (inosservanza o erronea applicazione dell’art. 256 c. I, lett. a) D.Igs. 152/2006; inosservanza o erronea applicazione dell’art. 256 c. IV e c. I lett. a) d.lgs. 152/2006; inosservanza o erronea applicazione dell’art. 131-bis C.p.), chiedendo, nell’ordine che questa Corte annulli la sentenza impugnata: 1) senza rinvio ai sensi dell’art. 620 lett. a), o lett. I): 1.1) principalmente, assolvendo NOME COGNOME ex art. 530 c. I C.p.p. perché i fatti non sussistono, lo stesso non li ha commessi, non costituiscono reato, non sono previsti come reato; 1.2) in subordine, prosciogliendo NOME COGNOME per la particolare tenuità dei fatti ex art. 131-bis C.p. e 651-bis C.p.p.; 2) in subordine all’annullamento senza rinvio, la annulli con rinvio (come e per tutte le ragioni espresse nell’impugnazione e nelle memorie), con ogni consequenziale pronuncia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato oralmente ex art. 23, comma 8, D.L. 137/2020 e successive modifiche ed integrazioni, è fondato nei limiti di cui si dirà oltre.
Deve premettersi che è stato proposto appello avverso sentenza inappellabile avendo il Tribunale inflitto solo la pena dell’ammenda, avverso cui è proponibile solo ricorso per cassazione (art. 593, ultimo comma, cod. proc. pen.).
Trova applicazione, pertanto, il consolidato principio secondo cui è inammissibile l’impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denomiNOME il mezzo di gravame non consentito dalla legge (Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, De Cicco, Rv. 277945 – 01; Sez. 5, n. 10092 del 26/05/2000, Rv. 217524 – 01).
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Nella specie è di palmare evidenza che la difesa ha inteso proporre esclusivamente un atto di appello avverso la decisione del tribunale (salvo, per quanto si dirà infra, con riferimento al secondo motivo, con cui ha chiesto l’applicazione dell’art. 131-bis, cod. pen,), come chiaramente risulta dalle richieste articolate in ricorso, in cui ha formulato l’istanza di “assoluzione” con una delle formule ritenute di giustizia (primo motivo) e, ancora più evidente, la richiesta di riduzione della sanzione nel minimo della pena (terzo motivo). Trattasi di richieste tipicamente “di merito” che lasciano con evidenza trasparire la volontà della difesa di proporre un atto di appello e non un ricorso per cassazione, unico mezzo che sarebbe stato invece esperibile avverso la sentenza in esame.
3. Tanto premesso, potendosi riqualificare l’impugnazione proposta come ricorso per cassazione quantomeno con riferimento al secondo motivo, i profili di doglianza dedotti nel primo motivo sono comunque inammissibili, non potendo certo valutarsi da parte di questa Corte le argomentazioni afferenti al merito, in quanto esulano dall’ambito della cognizione di legittimità.
Anzitutto, perché, con riferimento alla violazione sub a), la circostanza di aver eseguito i trasporti con mezzi non inseriti nell’elenco di quelli autorizzati nell’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE GE04471 integra pacificamente la contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d. Igs. n. 152/2006. Questa stessa Sezione ha infatti a più riprese affermato che configura il reato di cui all’art. 256, comma 4, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 il trasporto di rifiuti effettuato con mezzi dive da quelli originariamente comunicati in sede d’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Sez. 3, n. 6739 del 28/11/2017, dep. 2018, Rv. 272316 – 01).
Analogamente, poi, quanto alla violazione sub b), la circostanza di non essersi preventivamente sincerato l’imputato dell’accettazione dei rifiuti da parte della discarica (che li aveva respinti per irregolarità dei formulari), prima di iniziar il trasporto e, comunque, di riportare il rifiuto all’insediamento di provenienza, integra il reato di inosservanza delle prescrizioni dell’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE GE04471, posto che, come più volte affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 5912 del 11/12/2019, dep. 2020, Rv. 278411 – 01), in questa materia trova applicazione il cd. principio della responsabilità condivisa secondo cui la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi. Ne consegue, pertanto, che commette il reato di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE il trasportatore che ometta di controllare che i rifiuti trasportati (nella specie, fresato di asfalto) siano accettati d
discarica di destinazione, prima che il trasporto abbia inizio, omettendo comunque di riportare il rifiuto all’insediamento di provenienza.
Mentre il terzo motivo insiste sulla necessità di una riduzione dell’entità del trattamento sanzioNOMErio, giustificandola in base a ragioni fattuali (la mancanza di dolo, la lievità della colpa e l’assenza di alcun danno e di alcun pericolo) – ciò che non consente a questa Corte di esercitare il sindacato di legittimità, finalizzato alla verifica della correttezza giuridica dell’approdo cui è pervenuto il giudice di merito -, a diverso approdo deve pervenirsi invece con riferimento al secondo motivo afferente al giudizio di particolare tenuità del fatto, censurato con argomentazioni dall’impugnante che attingono la valutazione giuridica operata dal tribunale (non tanto la circostanza che si sarebbe trattato di mere dimenticanze, ciò che denotava una modalità della condotta meramente colposa e non dolosa, ma la circostanza che la condotta non avrebbe arrecato alcun danno, né messo in pericolo il bene giuridico tutelato).
Sul punto ritiene il Collegio di dover condividere l’approdo cui è pervenuto il PG, poiché la motivazione della sentenza, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti dell’art. 131-bis c.p., si limita ad affermare che non è possibile dichiarare la non punibilità del fatto in presenza di più reati sia pure riunit dal vincolo della continuazione nel medesimo procedimento.
Tale motivazione, invero, si pone in contrasto con il principio recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, così massimato: “La pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto la quale può essere riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale – tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continua zione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità delle disposizioni di leg violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza at tribuibile ai comportamenti successivi ai fatti” (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Rv. 283064).
6. L’assenza di tale valutazione complessiva imporrebbe, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata per colmare il deficit argomentativo.
Essendo tuttavia già decorsi i termini prescrizionali previsti dalla legge in relazione alle violazioni ascritte all’imputato (dovendosi rilevare, peraltro, che gli atti sono stati trasmessi a questa Corte dalla Corte d’appello di Genova con ordinanza del 19 aprile 2022, dunque a quasi quattro anni di distanza dall’intervenuta maturazione del termine di prescrizione in data 16 ottobre 2018, osservandosi come gli atti risultano pervenuti presso questa Corte solo in data 6 novembre 2023), e non sussistendo, comunque, i presupposti per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p., si impone invece l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione dei reati.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso, il 13 marzo 2024
Il Consiglier estensore