Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26854 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26854 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Nizza NOME nato a Marsala il 04/01/1988
avverso la sentenza del 02/12/2024 della Corte d’appello di Palermo
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Proc. Gen., L.
NOMECOGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna, pronunciata dal Tribunale di Marsala, in data 13 marzo 2024, nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 7 5 d.lgs. n. 159 del 2011, perché sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni quattro, in data 22 marzo 2018, trasgrediva alla prescrizione della permanenza presso la propria abitazione dalle 20:00 alle 07:00 del mattino seguente, in quanto veniva colto il data 26 dicembre 2021, alle 01:00 circa non all’interno dell’abitazione.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME affidandosi a due motivi, di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di deduce vizio di motivazione quanto agli elementi richiesti per la configurabilità del reato ascritto all’imputato .
La motivazione del Giudice di appello è scarna e fonda su quella del primo grado, senza apportare alcun elemento idoneo a giustificare la ritenuta sussistenza degli elementi, oggettivi e soggettivi, del reato, con particolare riferimento al dolo, non integrato dalla mera carenza di giustificazioni, peraltro in base ad un accertamento che fonderebbe su mere supposizioni della polizia giudiziaria preposta al controllo.
2.2. Con il secondo motivo si contesta vizio di motivazione in ordine alla configurabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis cod. pen., stante il mero richiamo ai precedenti di Nizza, in assenza di ogni valutazione della condotta, peraltro, reputata sussistente solo in base all’assenza di giustificazioni offerte dall’imputato circa la presunta violazione accertata, nonché di giustificazioni in ordine all’attualità della sua pericolosità sociale.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME in assenza di tempestiva richiesta di trattazione in pubblica udienza partecipata, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo è inammissibile per genericità.
La censura non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte che ammette il rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, in caso di cd. doppia conforme affermazione di responsabilità (le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello, come nel caso in esame, abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle due sentenze costituiscano una sola entità: Sez. 3, n. 1392 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 197250).
In ogni caso, il ricorso non si rapporta compiutamente al contenuto della sentenza di secondo grado che si esprime, con ragionamento completo e immune da illogicità manifesta, sull ‘idoneità dell’accertamento svolto, di cui
hanno reso conto gli operanti preposti al controllo, circa l’assenza dall’abitazione da parte del sorvegliato speciale, in orario notturno, fascia oraria in cui aveva l’obbligo di permanenza .
1.2. Il secondo motivo è infondato.
È noto che la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131bis cod. pen. è un istituto di natura sostanziale per il cui riconoscimento è necessario effettuare un “giudizio sulla tenuità” che richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo arrecato alla persona offesa dal reato (cfr. Sez. U, n. 13681 de 25/2/2016, Tushaj, Rv. 166590).
Al giudice di merito è, dunque, demandata la verifica delle condizioni di applicabilità del l’ istituto, alla stregua degli indici-criteri delineati dallo stesso art. 131bis cod. pen., laddove, accanto a specifici limiti di pena, è stata indicata la particolare tenuità dell’offesa, articolata, a sua volta, in due “indici-requisiti”, quali, da un lato, la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’art. 133, comma primo, cod. pen. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato e intensità del dolo o grado della colpa) e, dall’altro, la non abitualità del comportamento.
Quanto alla ricostruzione della nozione di abitualità del comportamento elaborata dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. cit., si rileva che, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità, il comportamento è considerato abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento oltre che alle condanne irrevocabili ed alle precedenti pronunzie relative a reati in precedenza ritenuti non punibili ai sensi dell’art. 131bis cod. pen., anche agli illeciti il cui accertamento è ancora in fase di cognizione di cui il giudice è in grado di valutare l’esistenza.
Si afferma, infatti, che, posto che l’art. 131bis , comma terzo, cod. pen., allorché tipizza l’abitualità del comportamento, fa riferimento alla commissione di più reati e non a precedenti condanne «la pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza».
La necessità di un siffatto accertamento incidentale è stata ribadita da pronunce di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 6551 del 9/1/2020, COGNOME, Rv.
278347- 01) affermando che, in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente. In continuità con tale arresto, si ritiene che, ai fini della valutazione del presupposto ostativo dell’abitualità del comportamento, il giudice debba procedere ad una valutazione incidentale, relativa alla commissione da parte dell’imputato di almeno altri due reati della stessa indole di quello per cui si procede, verificandone la sussistenza degli elementi costitutivi.
1.3. Il principio è stato ulteriormente specificato da Sez. 6, n. 10796 del 16/02/2021, COGNOME, Rv. 280787 -01 ove si è affermato che una lettura del requisito in esame, coerente con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.), non consente di ritenere sufficiente la mera constatazione della presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia”, di cui si ignora la sorte.
Il Giudice, investito della richiesta di applicazione della causa di non punibilità dovrà, dunque verificare, su richiesta della difesa o d’ufficio, l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino la abitualità del comportamento dell’imputato (Sez. 4, n. 51526 del 4/10/2018, NOME COGNOME, Rv. 274274-01).
Dunque, i precedenti di polizia a carico dell’imputato, potranno essere ritenuti sintomatici di una serialità ostativa alla concessione del beneficio solo all’esito della verifica: a) del loro contenuto e degli elementi fattuali dalle stesse emergenti; b) delle eventuali allegazioni difensive anche in ordine alla presenza di cause di giustificazione o di non punibilità della condotta; c) degli esiti delle segnalazioni e, dunque, della loro iscrizione nel registro delle notizie di reato e dell’avvio di un procedimento penale.
Ciò premesso, si osserva che, nel caso al vaglio, la Corte territoriale non ha argomentato sufficientemente rispetto al requisito dell ‘ abitualità del comportamento, secondo i parametri interpretativi fin qui illustrati, facendo riferimento ai precedenti penali, senza altro aggiungere sulla qualità di questi e sul loro numero. Tuttavia, la Corte territoriale ha, comunque, giustificato il diniego della causa di non punibilità esponendo che l ‘offesa non ha mostrato le caratteristiche di tenuità necessarie per accedere all ‘ istituto, rilevando la carenza assoluta di giustificazioni rispetto all’ accertata violazione, reputata, per le sue modalità, non minimale (allontanamento in orario notturno dall ‘ abitazione, alle ore 1:20, commesso in data 26 dicembre 2021, per misura di prevenzione applicata il 13 ottobre 2021). Con tale ragionamento, comunque, la Corte territoriale ha svolto il necessario giudizio ex art. 133 cod. pen., concluso in
senso negativo facendo riferimento alle descritte modalità dell ‘ azione e, seppure implicitamente, all ‘ intensità del dolo; sicché non appare decisivo che si sia soffermata sui precedenti penali anche gravi risultanti a carico dell ‘ imputato, in modo soltanto generico (v. p. 2).
Deriva da quanto sin qui esposto il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 24 aprile 2025