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Ordine di demolizione: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cittadina contro un ordine di demolizione per un immobile abusivo. La ricorrente lamentava l’impossibilità di trovare un’altra casa a causa di una pensione bassa e contestava le modalità di esecuzione. La Corte ha stabilito che le difficoltà economiche, dopo 16 anni dalla condanna, non giustificano la revoca del provvedimento e che le questioni fattuali, come la demolizione parziale, non possono essere riesaminate dopo la sentenza definitiva.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione e Abuso Edilizio: Quando il Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24057 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema tanto delicato quanto frequente: l’esecuzione di un ordine di demolizione a seguito di una condanna per abuso edilizio. La decisione offre importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione, in particolare quando il condannato adduce motivazioni legate a difficoltà economiche o a presunte violazioni procedurali. Questo caso evidenzia la fermezza della giurisprudenza nel ritenere l’ordine ripristinatorio un atto dovuto e non negoziabile, anche a distanza di molti anni dalla condanna.

I Fatti del Caso: Un Abuso Edilizio e il Lungo Percorso Giudiziario

La vicenda trae origine da una sentenza di condanna per abuso edilizio emessa dal GIP nel lontano 2006. A seguito di tale sentenza, nel 2022 il Pubblico Ministero emetteva il decreto di esecuzione dell’ordine di demolizione dell’immobile abusivo. La proprietaria dell’immobile presentava un ricorso al Giudice dell’Esecuzione, che però veniva rigettato. Contro quest’ultima decisione, la ricorrente si rivolgeva alla Corte di Cassazione, articolando tre principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Tre Censure Contro l’Ordine di Demolizione

La difesa della ricorrente si basava su tre argomentazioni principali, volte a bloccare o limitare l’esecuzione della demolizione.

La Questione dell’Autodemolizione

In primo luogo, si lamentava la violazione di legge per esserle stata negata la possibilità di procedere autonomamente alla demolizione senza prima versare le spese di una consulenza tecnica disposta in precedenza dal Pubblico Ministero. Secondo la ricorrente, questa condizione preliminare era illegittima.

La Proporzionalità della Misura e le Difficoltà Economiche

Il secondo motivo di ricorso verteva sulla violazione di norme processuali e sul principio di proporzionalità sancito dall’art. 8 della CEDU. La ricorrente sosteneva di non essere in grado di trovare soluzioni abitative alternative a causa della sua precaria condizione economica, percependo una pensione di soli 700 euro. La demolizione, a suo dire, avrebbe rappresentato una misura sproporzionata.

La Demolizione Parziale dell’Immobile

Infine, veniva contestata la mancata concessione della possibilità di demolire solo l’ampliamento abusivo del manufatto, quantificato in 40 mq, anziché l’intera struttura.

Le Motivazioni della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile, confutando punto per punto le argomentazioni della ricorrente.

Sul primo punto, i giudici hanno osservato che la ricorrente non aveva mai formalmente chiesto di procedere all’autodemolizione. La facoltà concessa dal PM era quindi “meramente eventuale” e non un diritto che potesse essere fatto valere in sede di impugnazione.

In merito alla presunta sproporzionalità della misura, la Corte ha sottolineato che erano trascorsi ben sedici anni dalla sentenza di condanna, un lasso di tempo considerato più che sufficiente per reperire un alloggio alternativo. Inoltre, citando la giurisprudenza consolidata, ha ribadito che le condizioni economiche precarie, da sole, non bastano a giustificare la revoca di un ordine di demolizione. La ricorrente non aveva, peraltro, dimostrato di aver richiesto accesso a misure di sostegno pubblico.

Infine, riguardo alla richiesta di demolizione parziale, la Cassazione ha confermato la correttezza della decisione del giudice precedente. Tale richiesta implicherebbe un accertamento di fatto, incompatibile con la natura definitiva e non più modificabile (il cosiddetto “giudicato”) della sentenza di condanna. Il giudice dell’esecuzione, e a maggior ragione la Corte di legittimità, non possono riesaminare nel merito aspetti già decisi in via definitiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce con forza alcuni principi cardine in materia di abusi edilizi. In primo luogo, l’ordine di demolizione è una conseguenza quasi automatica e obbligatoria della condanna, finalizzata al ripristino dell’ordine urbanistico violato. In secondo luogo, il lungo tempo trascorso dalla condanna non gioca a favore del condannato, ma al contrario rafforza l’obbligo di conformarsi alla decisione. Infine, le difficoltà economiche e personali, pur comprensibili sul piano umano, non possono costituire un valido motivo per eludere la sanzione ripristinatoria, a meno che non si dimostri una situazione di vulnerabilità eccezionale e l’impossibilità oggettiva, nonostante l’attivazione di aiuti sociali, di trovare un’alternativa. La decisione conferma che, una volta formatosi il giudicato, gli spazi per contestare l’esecuzione della demolizione sono estremamente ridotti e limitati a questioni di mera legittimità.

Le difficoltà economiche possono bloccare un ordine di demolizione?
No, la sentenza chiarisce che le condizioni economiche precarie, da sole, non sono sufficienti per revocare un ordine di demolizione, specialmente se è trascorso molto tempo (in questo caso, sedici anni) dalla condanna senza che l’interessato abbia reperito soluzioni abitative alternative o dimostrato di aver richiesto misure di sostegno.

È possibile chiedere la demolizione solo della parte abusiva di un immobile in fase di esecuzione della sentenza?
No, la Corte ha stabilito che una richiesta del genere implica una valutazione dei fatti che non può essere fatta in sede di esecuzione, in quanto contrasterebbe con la sentenza di condanna ormai definitiva (giudicato). Tale accertamento è incompatibile con la cognizione del giudice dell’esecuzione e della Corte di Cassazione.

Se il Pubblico Ministero offre la possibilità di autodemolizione a determinate condizioni, il condannato può impugnare tali condizioni se non le accetta?
Secondo la Corte, se il condannato non ha mai formalmente richiesto di procedere in proprio alla demolizione, non può lamentarsi delle condizioni poste dal PM. La facoltà di autorizzare l’autodemolizione è una prerogativa del PM e, se non viene esercitata, rimane una possibilità meramente eventuale e non un diritto su cui fondare un’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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