Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30104 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30104 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Cariati il 04/04/1981
avverso la sentenza del 30/10/2024 della Corte d’appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito per l’imputato l’avv. COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Castrovillari con la quale l’imputato era stato condannato, alla pena sospesa di anni uno di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, perché quale legale rappresentante della ditta RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte, non presentava, pur essendovi obbligato, la dichiarazione annuale per dette imposte per l’anno 2015, in presenza di maggior reddito accertato di C 164.591,00, di cui C 83.313,00 quale maggiore
imposta accertata in presenza di omessa fatturazione di vendita e di C 80.278,00 per omesso versamento Iva. In Rossano il 30/09/2016
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 220 disp.att. cod.proc.pen. e all’inutilizzabilità a fini di prova del processo verbale di contestazione. La Cort d’appello avrebbe erroneamente ritenuto acquisibile al fascicolo del dibattimento, in presenza di consenso che non si estendeva agli allegati, e utilizzabile il processo verbale di contestazione della Guardia di Finanza, redatto in occasione della verifica fiscale della società ed avrebbe erroneamente ritenuto utilizzabile tale atto in violazione del disposto di legge, di cui all’art. 220 disp. att. Cod.proc.pen. secondo cui qualora nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’articolo 220 disp. att. cod.proc.pen. in quanto la parte del documento redatta successivamente all’emersione degli indizi di reità non potrebbe avere efficacia probatoria e non potrebbe essere utilizzato.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 5 d.lgs 10 marzo 2000 n. 74, e il correlato vizio di motivazione in relazione alla prova del fatto desunta dai dati acquisiti dai sistemi informatici RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in assenza di acquisizione di tutte le fatture e in presenza di sole cinque fatture che non determinerebbero il superamento della soglia di punibilità. Insufficienza a fini di prova degli accertamenti automatizzati.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’inammissibilità delricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché prospetta, in parte, motivi manifestamente infondati e, in parte, generici.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, e anche in parte generico perché privo di confronto specifico con le ragioni della decisione.
Sotto un primo profilo la censura è manifestamente infondata perché
contraria all’orientamento consolidato di Questa Corte di legittimità. È, indubbio che, a norma dell’art. 220 disp. att. c.p.p., quando nel corso di attività ispettive di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale devono essere compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice.
Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale, la cui natur non muta sia che venga acquisito quale atto irripetibile, come ritenuto da una risalente pronuncia, Sez. 3, n. 36399 del 18/05/2011, Aponte, Rv. 251235, ovvero quale prova acquisibile ex art. 234 cod.proc.pen., come affermato in epoca più recente da Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, COGNOME Rv. 242523.
Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’art. 220 disp. att., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 242523). Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito. Il presupposto per l’operatività dell’art. 220 disp. att. cod.proc.pen., cui segue il sorge dell’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 246599; Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477, COGNOME, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, COGNOME, Rv. 233330).
Non di meno, la violazione dell’art. 220 disp.att. cod. proc. pen. non determina automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, ma è necessario che l’inutilizzabil o la nullità dell’atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l’art. 220 disp. att. rimanda (Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, COGNOME, Rv. 269299). Diversamente opinando, si giungerebbe a ritenere l’inutilizzabilità di tutti i risultati probatori e gli altri risultati della verifica dopo la comunicazione d notizia di reato, situazione, all’evidenza priva di fondamento.
Non, dunque, la generica violazione dell’art. 220 disp.att. cod.proc.pen. può essere dedotta, occorrendo la specifica indicazione della violazione codicistica
che avrebbe determinato l’inutizzabilità con riguardo ai singoli atti compiuti dalla Guardia di Finanza e riportati nel processo verbale di constatazione redatto dalla medesima.
La corte territoriale, nel fare corretta applicazione dello ius receptum, ha rilevato la genericità della censura in quanto la difesa non aveva individuato specificamente le violazioni codicistiche che avrebbero determinato l’inutilizzabilità degli indizi acquisiti a sostegno dell’ipotesi accusatoria, né tale onere allegativo è stato dedotto con il ricorso per cassazione, da cui anche la genericità estrinseca per mancato confronto con la ratio decidendi che aveva già evidenziato la genericità della censura.
Alla stessa sorte non si sottrae il secondo motivo di ricorso con cui si denuncia il vizio di motivazione in relazione alla prova del reato.
La sentenza impugnata, in continuità con quella del Tribunale, ha argomentato che dalle banche dati (Index e Serpico) e non, dunque, da accertamento automatizzato che viene espletato in presenza di presentazione della dichiarazione, era stato dimostrato che l’imputato per l’anno d’imposta 2015 aveva acquistato da fornitori tedeschi autovetture per un ammontare di C 550.000,00 che aveva successivamente immesso sul mercato senza l’emissione di una fattura di vendita, mentre per altre vendite regolarmente fatturato aveva poi omesso di versare l’imposta dovuta. La prima imposta evasa per le operazioni omesse era pari a euro 84.313,00, ed era di euro 80.278,00 quella per le operazioni fatturate e di cui non era stata versata l’iva, dunque, l’imposta evasa era superiore alla soglia di punibilità per entrambe le imposte.
La censura per un verso non coglie nel segno là dove lamenta la mancata acquisizione di tutte le fatture giacchè all’imputato è contestata l’omissione della dichiarazione a fini dell’imposta sui redditi e iva proprio sul rilievo dell’omess fatturazione (vendita in nero) e, per altro verso, non si confronta con la decisione impugnata che ha fondato la prova su dati ricavati da banche dati e non su controlli automatizzati.
Il terzo motivo di ricorso con cui si censura il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 131 bis cod.pen. Non è pertinente il richiamo all’assenza di abitualità, in quanto il diniego di riconoscimento della speciale causa di non punibilità è stata argomentato in ragione dell’ammontare delle imposte evase, non esiguo, e sulla circostanza che il fatto riguardava l’evasione di due imposte (redditi e iva), da cui la ritenuta gravità dell’offesa.
La valutazione della corte territoriale sulla non minima offensività della condotta in ragione dell’ammontare dell’imposta evasa, seppur ritenuta modesta ma non di minima offensività, non può dirsi manifestamente illogica atteso che la non particolare tenuità dell’offesa deriva da una valutazione congiunta degli
indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, e, pertanto non è
censurabile in questa sede.
8. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Alla dichiarazione di
inammissibilità del ricorso consegue l’obbligo del pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 09/07/2025