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Omessa dichiarazione: calcolo imposta e confisca

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35322/2024, ha confermato la condanna per omessa dichiarazione, stabilendo che il calcolo dell’imposta evasa basato sui dati forniti dall’imputato è legittimo se non vengono allegati ulteriori costi. Viene esclusa la particolare tenuità del fatto quando le soglie di punibilità sono superate in modo significativo. Di conseguenza, la confisca del profitto, pari all’imposta evasa, è confermata.

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Omessa Dichiarazione: La Cassazione sui Criteri di Calcolo dell’Imposta e Confisca

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35322 del 2024, offre importanti chiarimenti sul reato di omessa dichiarazione, un tema di grande rilevanza per imprenditori e professionisti. La pronuncia si sofferma su aspetti cruciali come la determinazione dell’imposta evasa, l’onere della prova riguardo ai costi deducibili e i limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imprenditore, legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, condannato in primo e secondo grado per il reato di omessa dichiarazione fiscale previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000. Nello specifico, l’imprenditore non aveva presentato le dichiarazioni relative all’anno 2014, evadendo imposte per un importo considerevole: oltre 331.000 euro di IRES e quasi 80.000 euro di IVA. La condanna includeva una pena detentiva e la confisca del profitto del reato, quantificato nell’ammontare totale delle imposte evase.

Omessa Dichiarazione: I Motivi del Ricorso

L’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Errato Calcolo dell’Imposta Evasa

La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero calcolato l’imposta evasa in modo illegittimo, basandosi su un metodo deduttivo (il confronto tra fatture emesse e comunicazioni IVA) senza considerare adeguatamente i costi e le operazioni passive che avrebbero ridotto l’imponibile, specialmente ai fini IRES. Secondo il ricorrente, non spettava alla difesa l’onere di indicare puntualmente tutti i costi sostenuti.

2. Mancata Applicazione della Particolare Tenuità del Fatto

Il secondo motivo riguardava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ovvero la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa argomentava che lo scostamento rispetto alla soglia di punibilità per l’IVA (circa 29.000 euro in più) dovesse essere considerato esiguo se rapportato all’intero volume d’affari della società.

3. Errata Quantificazione della Confisca

Infine, si contestava l’importo della confisca, ritenuto errato in quanto diretta conseguenza del presunto calcolo inattendibile dell’IRES evasa.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa con argomentazioni chiare e precise.

In primo luogo, riguardo al calcolo dell’imposta, i giudici hanno sottolineato che la determinazione era avvenuta sulla base di documentazione convergente, inclusi i registri contabili esibiti dallo stesso imputato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: in un processo penale per reati tributari, i costi non contabilizzati possono essere considerati solo se l’imputato fornisce allegazioni fattuali concrete da cui desumere la loro esistenza. Non è sufficiente una generica contestazione del metodo di calcolo; spetta all’imputato, che contesta l’accusa, fornire elementi a sostegno della presenza di costi deducibili. In assenza di tali elementi, la ricostruzione basata sui ricavi accertati è da ritenersi corretta.

Sul secondo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha chiarito che nei reati tributari, dove la legge stessa fissa delle soglie di punibilità, questa causa di non punibilità può applicarsi solo se l’omissione riguarda un ammontare ‘vicinissimo’ alla soglia. Nel caso di specie, l’evasione IVA superava di oltre il 50% il limite di legge, mentre l’evasione IRES era addirittura sei volte superiore alla soglia. Tale entità del superamento esclude a priori la tenuità del fatto, dimostrando anzi un’offensività significativa.

Infine, la contestazione sull’importo della confisca è stata rigettata come diretta conseguenza del rigetto del primo motivo. Essendo stato confermato il corretto calcolo dell’imposta evasa, anche la quantificazione della confisca, che per legge deve essere pari al profitto del reato (ovvero l’imposta evasa), è stata ritenuta legittima.

Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di reati tributari. In caso di omessa dichiarazione, l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili non contabilizzati ricade sull’imputato, che deve fornire allegazioni specifiche e concrete. Inoltre, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto trova un’applicazione molto restrittiva quando si superano le soglie previste dalla legge, specialmente se lo scostamento è notevole. Questa decisione ribadisce la necessità di una gestione contabile e fiscale rigorosa e trasparente per evitare gravi conseguenze penali e patrimoniali.

In un processo per omessa dichiarazione, a chi spetta provare i costi deducibili non contabilizzati?
Secondo la Corte, l’onere di fornire allegazioni fattuali concrete sull’esistenza di costi deducibili non presenti in contabilità spetta all’imputato. Non è sufficiente una generica contestazione, ma occorre indicare elementi che dimostrino la certezza o almeno il ragionevole dubbio sulla loro esistenza.

Quando si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nei reati tributari con soglie?
Si applica solo quando l’importo dell’imposta evasa supera la soglia di punibilità di una cifra minima, ‘vicinissima’ alla soglia stessa. Un superamento significativo, come il 50% o più, esclude la possibilità di riconoscere la particolare tenuità del fatto.

Come si determina l’importo della confisca nel reato di omessa dichiarazione?
L’importo oggetto di confisca, anche per equivalente, è pari al profitto del reato. Nel caso di omessa dichiarazione, il profitto corrisponde all’ammontare totale dell’imposta evasa, sia ai fini delle imposte dirette (IRES) sia dell’IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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