Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35322 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35322 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Montechiarugolo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della Corte d’appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 6 giugno 2023, la Corte di appello di Bolog ha confermato la sentenza del Tribunale di Parma, che aveva dichiarato la pen responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 de previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, lo aveva condann
alla pena di un anno di reclusione, e aveva disposto la confisca del profitto reato, quantificato in 411.320,00 euro, anche per equivalente.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, NOME COGNOME, in qualità legale rappresentante della società “RAGIONE_SOCIALE“, al fine di evadere le im non avrebbe presentato le dichiarazioni per l’anno 2014 entro il 30 settemb 2015, con evasione di IRES per 331.736,00 euro e di IVA per 79.584,00 euro.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d appello indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’a 5 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, com 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo al metodo utilizzato per determinare l’imposta evasa.
Si deduce che, illegittimamente, la Corte d’appello ha quantificato l’impos evasa sulla base di un ragionamento deduttivo, ossia tramite il raffronto tr fatture emesse e la comunicazione IVA, senza, tuttavia, considerare l’incidenza operazioni passive idonee a ridurre il reddito imponibile, sia ai fini IVA soprattutto, ai fini IRES, ed operando un mero controllo a campione sulle fattu emesse. Si osserva che la Corte d’appello non si è confrontata puntualmente con le doglianze difensive, che avevano contestato in maniera specifica il metodo d calcolo dell’imposta utilizzato dagli investigatori, il controllo sempliceme campione sulle fatture, le modalità per l’individuazione delle aliquote di impost fini IRES. Si segnala, inoltre, che, sulla base della ripartizione dell probatorio, non spetta alla difesa il compito di indicare puntualmente i costi passività atti a quantificare, ed eventualmente ridurre, l’imposta evasa.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimen all’art. 131-bis cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità p particolare tenuità del fatto.
Si deduce che la Corte, nel valutare se lo scostamento di 29.000 euro rispet alla soglia di punibilità prevista dalla legge fosse o meno esiguo, avrebbe dov rapportare l’entità dell’imposta evasa all’intero volume d’affari della so operazione che avrebbe dimostrato la particolare tenuità del fatto.
2.3 Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge, in riferimento all’ 5 d.lgs. n. 74 del 2000, a norma dell’art. 606 comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla determinazione dell’importo oggetto di confisca.
Si deduce che i giudici di merito hanno determinato l’importo della confisc senza comprendere che la richiesta difensiva relativa alla rideterminazione d
quantum da sottoporre ad ablazione aveva come presupposto l’inattendibilità de calcolo relativo all’IRES, con conseguente riduzione dell’imposta evasa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate, se non prive di specificità, sono le censu esposte nel primo motivo di ricorso, le quali contestano il metodo utilizzat determinare l’imposta evasa, lamentando che la Corte d’appello ha utilizzato ragionamento di tipo deduttivo e non ha tenuto conto della presenza di operazio passive idonee a ridurre la base imponibile ai fini IVA e IRES.
2.1. Per un corretto esame delle censure sopra sintetizzate, è opport muovere dai dati esposti in modo convergente nelle sentenze di merito.
La Corte d’appello e il Tribunale ha ritenuto accertato che l’attuale ricor quale legale rappresentante della società “RAGIONE_SOCIALE“, al fine di ev imposte, ha omesso di presentare le dichiarazioni fiscali dovute per l’anno 2 con evasione di IRES per euro 331.736,00 ed evasione di IVA pari a 79.584,00 euro, sulla base dei dati risultanti sia dalla comunicazione annuale ai fini I dai registri contabili esibiti dallo stesso imputato nel corso delle indagini.
In particolare, i Giudici di secondo grado hanno evidenziato che: a) la soc “RAGIONE_SOCIALE” aveva presentato, per l’anno 2014, la sola comunicazione ann ai fini IVA, omettendo di presentare la dichiarazione IVA e quella relativa imposte dirette, con superamento della soglia di rilevanza penale; b) dai comunicati ai fini IVA dall’azienda risultano, per l’anno 2014, operazioni attiv 1.224.591,00 euro ed operazioni passive per 18.227,00 euro; c) i dati indi nella comunicazione annuale ai fini IVA hanno trovato esatta corrispondenza i quelli risultanti dalle scritture contabili prodotte dall’imputato alla Gu Finanza; d) l’imputato non ha documentato e nemmeno allegato l’esistenza di cost ulteriori sostenuti dalla società rispetto a quelli indicati nella comunicazione contabilizzati nelle scritture contabili; e) sulla base degli elementi contabili e delle aliquote applicabili all’epoca dei fatti, per l’anno 2014 VIVA esigibile a 79.584,00 euro, mentre l’IRES dovuta è pari a 331.736,00 euro.
2.2. Ciò posto, ai fini della quantificazione dei costi rilevanti, o richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza penale di legittimi
Invero, è costante l’indirizzo secondo cui, in tema di reati tributari, al determinare l’ammontare della imposta evasa, il giudice deve operare una verifi che, pur non potendo prescindere dai criteri di accertamento dell’imponib stabiliti dalla legislazione fiscale, subisce le limitazioni che derivano dalla finalità dell’accertamento penale e dalle regole che lo governan
conseguenza che i costi deducibili non contabilizzati vanno considerati solo presenza, quanto meno, di allegazioni fattuali da cui desumere la certezz comunque il ragionevole dubbio della loro esistenza (cfr., per tutte, Sez. 40412 del 13/06/2019, Tírozzi, Rv. 277120 – 01, e Sez. 3, n. 37094 de 29/05/2015, Granata, Rv. 265160 – 01).
2.3. Nella vicenda in esame, muovendo da quanto indicato in precedenza, deve ritenersi che le conclusioni della sentenza di merito in ordine determinazione dell’importo delle imposte evase sono immuni da vizi.
Precisamente, la determinazione dell’ammontare dei ricavi non è specificamente oggetto di censure; e, del resto, lo stesso è stato rìcostruìt base di tutta la convergente documentazione acquisita, né l’imputato ha m contestato, almeno in modo puntuale, la veridicità delle fatture emesse.
La determinazione dell’ammontare dei costi, poi, deve ritenersi correttament motivata, in quanto è stata effettuata anche sulla base della documentazio prodotta dall’imputato, e non sono nemmeno allegati, o comunque rilevabili dagl atti, costi sostenuti e non indicati nelle scritture contabili.
La individuazione delle aliquote applicate per calcolare le imposte dovut infine, non costituisce oggetto di alcuno specifico rilievo nel ricorso.
Manifestamente infondate sono anche le censure formulate nel secondo motivo di ricorso, le quali contestano la mancata applicazione della causa di punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., deducendo che il rapporto tra la m entità del superamento della soglia di punibilità e il volume d’affari della s evidenzia la particolare tenuità del fatto.
La conclusione della sentenza impugnata, che esclude la particolare tenuit del fatto in ragione dell’entità del superamento della soglia di punibilità, immune da vizi.
Invero, in giurisprudenza si è ripetutamente affermato che la causa di n punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., nei reati tributari, è applic laddove la omissione abbia riguardato un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, perché il grado di offensività che fonda il reato è stato valut legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (cfr., per Sez. 3, n. 16599 del 20/02/2020, Latorre, Rv. 278946 – 01).
E, nella specie, già lo scostamento dalla soglia di punibilità per VI individuato in 29.000,00 euro, è pari ad oltre il 50 % del limite di 50.000,00 fissato dall’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000. Non va trascurato, poi, che, in reati accertati sono due, uno relativo all’IVA e l’altro relativo alle impo redditi, e che, in relazione a quest’ultimo, l’imposta evasa è pari a 3 euro, ossia pari ad oltre un sestuplo della soglia di punibilità.
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Manifestamente infondate, infine, sono pure le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano la quantificazione dell’importo oggetto di confisca, presupposto dell’inattendibilità del calcolo IRES.
Invero, stante l’inammissibilità delle censure mosse rispetto a determinazione dell’imposta evasa per le ragioni indicate nei §§ 3, 3.1, 3.2 e deve ritenersi correttamente quantificato l’importo oggetto di confisca, così c determinato dai giudici d’appello. La confisca, infatti, deve essere parametrat norma dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, al profitto del reato, e tale è, appunt nel reato di omessa dichiarazione, l’importo dell’imposta evasa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favo della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Così deciso in data 20/06/2024.