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Ne bis in idem: una sola dichiarazione, un solo reato

Un’imprenditrice, precedentemente assolta per dichiarazione fraudolenta, viene nuovamente processata per la medesima dichiarazione fiscale ma sulla base di fatture fittizie diverse. La Corte di Cassazione annulla la condanna, riaffermando che il reato è unico se la dichiarazione è una sola, indipendentemente dal numero di documenti falsi utilizzati, applicando il principio del ne bis in idem.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem nei reati tributari: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico: il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto, noto come principio del ne bis in idem. Il caso analizzato offre uno spunto cruciale per comprendere come questa garanzia si applichi specificamente ai reati fiscali, in particolare alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.

Il caso in esame: due processi per una sola dichiarazione

La vicenda riguarda un’imprenditrice, titolare di un’impresa individuale, accusata di aver evaso le imposte sui redditi. L’accusa si fondava sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per indicare elementi passivi fittizi nella dichiarazione fiscale relativa all’anno d’imposta 2014, presentata il 25 settembre 2015.

L’aspetto singolare del caso è che l’imputata era già stata processata e assolta con sentenza irrevocabile per lo stesso reato e per la stessa identica dichiarazione fiscale. La differenza tra i due procedimenti risiedeva unicamente nei fornitori delle fatture false: nel primo processo si contestavano fatture emesse da un soggetto, nel secondo da un altro.

Nonostante la precedente assoluzione, la Corte d’Appello aveva confermato la condanna inflitta nel secondo processo, sostenendo che si trattasse di fatti diversi. Contro questa decisione, l’imprenditrice ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio la violazione del principio del ne bis in idem.

La violazione del principio del ne bis in idem

Il cuore della questione giuridica ruota attorno alla definizione del “medesimo fatto” in ambito tributario. Il reato di dichiarazione fraudolenta, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, si perfeziona in un momento preciso: quello della presentazione della dichiarazione fiscale all’amministrazione finanziaria.

La registrazione in contabilità delle fatture false è solo un’attività preparatoria. Il reato si consuma con la presentazione di un’unica dichiarazione annuale che recepisce tali dati falsi. Di conseguenza, se la dichiarazione è una sola, anche il reato commesso è unico, a prescindere dal numero di fatture fittizie utilizzate o dalla pluralità dei loro emittenti.

Contestare un nuovo reato sulla base di fatture diverse, ma relative alla stessa dichiarazione per cui è già intervenuto un giudicato, significa processare la stessa persona due volte per la medesima condotta criminosa, in palese violazione dell’art. 649 del codice di procedura penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo fondato e assorbente il motivo relativo alla violazione del ne bis in idem. I giudici hanno chiarito che l’identità del fatto deve essere valutata non sulla base dei singoli documenti utilizzati (le fatture), ma sulla base della condotta complessiva contestata: la presentazione di una dichiarazione mendace per un determinato periodo d’imposta.

Nel caso di specie, sia nel primo processo (concluso con assoluzione) sia nel secondo (concluso con condanna), l’oggetto era la medesima dichiarazione annuale presentata il 25 settembre 2015. La diversità dei soggetti emittenti le fatture non è sufficiente a configurare un fatto diverso. Il reato è unico perché unica è la dichiarazione fraudolenta presentata.

La Corte ha sottolineato che, una volta divenuta irrevocabile la sentenza di assoluzione per quel fatto, l’azione penale non poteva essere nuovamente esercitata. Pertanto, il secondo procedimento non avrebbe dovuto neppure iniziare.

Le conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché l’azione penale non poteva essere proseguita. Questa decisione riafferma con forza il valore del ne bis in idem come principio di civiltà giuridica e garanzia fondamentale per il cittadino. Esso impedisce che una persona possa vivere sotto la costante minaccia di nuovi processi per un fatto per cui è già stato giudicato in via definitiva. In materia fiscale, stabilisce un chiaro limite: una dichiarazione, un periodo d’imposta, un solo possibile reato di dichiarazione fraudolenta.

È possibile processare una persona due volte per la stessa dichiarazione dei redditi fraudolenta se si scoprono nuove fatture false?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se la dichiarazione fiscale per un determinato anno d’imposta è unica, il reato è unico, indipendentemente dal numero di fatture false utilizzate o dalla diversità dei loro emittenti. Una volta emessa una sentenza definitiva (di assoluzione o condanna) per quel fatto, non si può avviare un nuovo processo.

Quando si considera consumato il reato di dichiarazione fraudolenta?
Il reato si consuma nel momento in cui la dichiarazione fiscale viene presentata all’amministrazione finanziaria. Le attività precedenti, come la registrazione di fatture false in contabilità, sono considerate solo atti preparatori e non integrano il reato in sé.

Cosa succede se viene violato il principio del ne bis in idem?
Se una persona viene processata e condannata per un fatto per il quale era già stata giudicata in via definitiva, la sentenza del secondo processo deve essere annullata senza rinvio. Ciò significa che la decisione viene cancellata in modo definitivo, poiché l’azione penale non avrebbe dovuto essere iniziata o proseguita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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