Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27337 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo avverso la sentenza emessa in data 05/12/2024 dalla Corte di Appello di Palermo, nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato a Palermo il 04/02/1969;
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo;
udito il difensore avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
vista la memoria difensiva datata 11/06/2025 con la quale l’Avv. COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile ovvero infondato il ricorso con conseguente rigetto;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 05/12/2024 la Corte di Appello di Palermo, in riforma della sentenza emessa in data 7 luglio 2023 dal tribunale di Trapani di condanna, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all’articolo 112 c.p. alla pena ritenuta di anni 16 di reclusione euro 4.000,00 di multa), appellata da NOME COGNOME ha assolto quest’ultimo per non avere commesso il fatto in relazione al reato di concorso, con NOME NOME e COGNOME NOME (nei confronti dei quali si è proceduto separatamente con giudizio abbreviato), in rapina aggravata commesso in Trapani il 6 luglio 2020 (artt. 110, 112, 628, commi 1 e 3 n. 1, cod. pen.), con volto travisato e mediante minacce, ai danni dell’istituto bancario Credem, all presenza di dipendenti, del direttore e di clienti, facendosi aprire le casseforti dalle cass COGNOME e Santo e facendosi consegnare la somma complessiva di euro 63.679,15.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il Sostituto Procuratore generale, deducendo la violazione dell’articolo 606 comma 1 lettera e), per mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, per non avere la Corte di appello, nel riformare la sentenza primo grado, assolto l’onere di motivazione rafforzata; si deduce anche la violazione del principi disposto dall’articolo 192 cod. proc. pen. in tema di valutazione della prova indiziaria.
2.1 Ti ricorrente osserva che la Corte di appello, nel riformare la sentenza di primo grado, ha erroneamente ritenuto che la pronuncia impugnata si fonda unicamente sui seguenti elementi: le intercettazioni telefoniche delle conversazioni tra il coimputato NOME NOME (giudicato separatamente) e terzi; l’analisi dei tabulati telefonici e dei contatti tra l’ut NOME, moglie del COGNOME, e quella di NOME NOME; le sommarie informazioni testimoniali rese dalle persone presenti presso l’istituto di credito al momento della rapina.
In particolare, osserva il ricorrente, la Corte di appello ha omesso di analizzare le numeros intercettazioni telefoniche e ambientali (allegate al ricorso) dalle quali emergono importanti ind circa la partecipazione alla rapina di tale “COGNOME” identificato in NOME COGNOME: n conversazione ambientale n. 64 del 22 luglio 2020 tra il coimputato NOME COGNOME e NOME COGNOME il primo, nel raccontare la spartizione della refurtiva della rapina, fa riferimento a correo indicato in “COGNOME” e alla moglie di quest’ultimo, tale NOMECOGNOME che corrisponde soprannome della moglie di NOME COGNOME, NOME COGNOME; nella conversazione ambientale n. 65 del 22 luglio 2020, tra i medesimi soggetti, COGNOME riferisce che, durante la spartizion del bottino, “COGNOME” aveva proposto un extra di euro 250,00 per il concorrente che aveva utilizzato la propria automobile durante la rapina, ma il concorrente COGNOME si era opposto con espressione triviale, tanto da irritare “COGNOME“, attesa la presenza della moglie NOME COGNOME a scusarsi, giustificando l’espressione volgare con la loro confidenza, considerando la donna come una sorella e confermando così il loro rapporto di conoscenza, emerso anche dai numerosi contatti telefonici registrati tra loro, come attestato da i tabul acquisiti; dalla conversazione telefonica n. 20 in data 1 agosto 2020, tra NOME COGNOME e il
fratello NOME si evince che COGNOME aveva intenzione di cedere la vettura acquistata con i proventi della rapina a “Iachino” e che quest’ultimo, prima di quel momento, non aveva avuto la disponibilità economica utile; effettivamente, risulta che in data 1 agosto 2020 COGNOME aveva ceduto la propria vettura modello Smart, acquistata due giorni dopo la rapina, ad NOME COGNOME moglie del COGNOME, e poi regalata al figlio NOME COGNOME; nella conversazione ambientale n. 612 del 29 agosto 2020 tra NOME NOME e un amico, tale NOMECOGNOME il primo lamenta l’ingratitudine di “NOME“, il quale, a fronte della richiesta di un prestito di 200,00 e aveva prestato soltanto 140,00 euro, dicendogli che si trattava di denaro della moglie NOME e nonostante egli lo avesse aiutato ad ottenere 20.000,00 euro, per essere stato coinvolto da “NOME” nella rapina per avere più possibilità di successo; viene sottolineata nel ricorso rilevanza di tale conversazione, laddove emergono diversi dati identificativi di “NOME“, ossia nome di battesimo “NOME“, l’età anagrafica di cinquantenne, gli anni di reclusione scontati (20 anni di carcere), l’età del figlio diciottenne, il nome della moglie NOMECOGNOME quale deposit della somma di 20.000,00 euro, perfettamente corrispondente al provento della rapina oggetto del presente ricorso; infine, si segnala la conversazione telefonica n. 240 datata 1 settembre 2020, tra il COGNOME e la moglie NOMECOGNOME in cui i due parlano proprio della restituzione d somma di 140,00 euro.
A fronte dei dati indicati, il P.G. ricorrente ritiene non decisivi gli elementi valorizzati dall di appello ai fini dell’esclusione della penale responsabilità di COGNOME, individuati nell’ negativo della perquisizione presso il Cardella, nella mancanza di esame antropometrico di confronto dei tratti sonnatici del COGNOME con quelli del “rapinatore 2” ripreso dalle immagini de telecamere di videosorveglianza in atti e nell’asserita contraddittorietà delle dichiarazioni re dai dipendenti dell’istituto di credito in ordine alle fattezze fisiche dell’imputato: ded ricorrente come la perquisizione domiciliare della vettura dell’imputato sia avvenuta a distanza di molti mesi dopo la commissione del reato, risalente al 6 luglio 2020; parimenti, appaiono elementi neutri l’assenza di indagini antropometriche , come anche le ritenute contraddizioni dei testi, che non inficiano la validità della tesi accusatoria; in particolare, le descrizioni de COGNOME e COGNOME convergono sostanzialmente verso l’imputato COGNOME, soggetto alto m. 1.80, cinquantunenne al momento della rapina e originario di Palermo; i due testi hanno infatti descritto il “rapinatore 2”, individuato in NOME COGNOME, come un uomo di circa 40-45 anni, dell’altezza di m. 1.75-1.80, di carnagione scura e con cadenza dialettale palermitana; aggiunge il ricorrente che eventuali imprecisioni sono spiegabili con il particolare stato di agitazio panico in cui si trovavano il testimoni presi in ostaggio durante la rapina.
Il ricorrente ha quindi concluso che la Corte di Appello, con motivazione inadeguata, senza un attento vaglio del complessivo quadro indiziario, ha svilito le acquisizioni probatorie agli a attribuendo valore dirimente ad elementi neutri. Ha pertanto chiesto di annullare la sentenza emessa in data 05/12/2024 dalla Corte di appello di Palermo nei confronti di NOME COGNOME con rinvio ad altro giudice per il giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. E’ utile innanzitutto ricordare le linee guida giurisprudenziali che governano il metro di giudiz in caso di riforma in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado. La riforma della sentenza da parte della Corte di merito di Palermo impone la verifica, sollecitata da Procuratore Generale, dell’osservanza del principio della motivazione rafforzata. Nella specie, trattandosi di ribaltamento assolutorio, è sufficiente ricordare la sentenza delle Sezioni un Troise (n. 14800 del 21/12/2017 Ud,. Dep.. 03/04/2018, Rv. 272430 – 01), secondo la quale non è possibile “far confluire all’interno dell’indistinta locuzione “motivazione rafforzata” ipotesi di ribaltamento della prima decisione, accomunandovi obblighi dimostrativi che hanno origine e finalità sostanzialmente differenti, perché derivanti da una insuperabile asimmetria di statuti probatori necessariamente imposti dalla interazione della presunzione di innocenza e del canone del ragionevole dubbio con la peculiare tipologia di esito decisorio della pronuncia riformata”, pervenendo all’affermazione di principio secondo la quale “il giudice di appello, ne riformare la condanna pronunciata in primo grado con una sentenza di assoluzione, dovrà confrontarsi con le ragioni addotte a sostegno della decisione impugnata, giustificandone l’integrale riforma, senza limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della riform pronuncia delle generiche notazioni critiche di dissenso, ma riesaminando, sia pure in sintesi, i materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte”.
2.2. Ciò premesso, occorre prendere atto che la Corte d’appello di Palermo si è conformata a tali principi ed ha riformato in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado seguendo un adeguato percorso logico motivazionale, scevro da valutazioni parziali e frammentarie lamentate dal P.G. ricorrente, secondo il quale la Corte territoriale avrebbe svilito le acquisizi probatorie senza motivare “le ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado” (p.3 ricorso), e si sarebbe così posta in contrasto anche con il principio sancito dall’art. 192 cod. pr pen. in tema di valutazione della prova indiziaria, che impone al giudice di merito di non limitar ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi ovvero alla mera sommatoria di questi ultimi, dovendo invece, preliminarmente, verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca valenza dimostrativa, p procedere, poi, all’esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguità d ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa risolversi in una visione unitaria, consentendo di attribuire il reato all’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio e, cioè, con un alto gra credibilità razionale indiziaria (cfr. Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 04/03/2021, Rv. 280605 – 02).
E’ d’uopo ricordare anche l’orientamento di legittimità, pure citato dalla Corte territori secondo il quale gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni a quali non abbia partecipato l’imputato – come nel caso di specie con riferimento all’imputato COGNOME – costituiscono fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del lib convincimento razionalmente motivato, previsto dall’art. 192, comma primo, cod. proc. pen., senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno; qualora, tuttavia, tali elemen abbiano natura indiziaria, essi dovranno possedere i requisiti di gravità, precisione e concordanza in conformità del disposto dell’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. Sez. 5, sent. n. 42981 del 28/06/2016 Ud., dep. 12/10/2016, Rv. 268042 – 01)
Orbene, la Corte territoriale, nella motivazione della sentenza impugnata, ha compiutamente disaminato gli elementi indiziari ed i passaggi argomentativi in forza dei quali il primo giudice era pervenuto alla condanna (pp. 2 e 3): gli esiti delle intercettazioni ambientali telefoniche avvenute tra il coimputato COGNOME e soggetti terzi; l’analisi dei tabulati telefo relativi all’utenza di COGNOME e dei suoi contatti; le dichiarazioni dei testimoni (dire dipendenti e clienti dell’istituto di credito e dell’ispettore di polizia giudiziaria COGNOME); la dei filmati della banca Credem in cui è avvenuta la rapina del 6 luglio 2020 da parte di tr soggetti travisati. In particolare, la Corte di appello ha valorizzato il dato, certamente pregnan della “macchiatura” delle banconote frutto della rapina narrata nelle conversazioni intercettate, che il P.G. ha totalmente omesso di considerare nel ricorso.
Più specificamente, dalle conversazioni acquisite (v. in particolare conversazione n. 612 del 29.8.2020 riportata a p. 32 della sentenza impugnata) emerge che le banconote, sottratte durante la rapina di cui Immesi discorre, risultavano macchiate a causa dell’avvenuta esplosione della cassa. Come precisato dalla Corte territoriale (p.4) tale dato, di elevato signific individualizzante, non contraddistingue la rapina commessa il 6 luglio 2020, per cui è processo; ciò trova convergente conferma nell’analisi dei filmati di videosorveglianza dell’istituto di cred e nella testimonianza del direttore dell’istituto, delle cassiere e della polizia giudi intervenuta: da nessuna di tali mezzi di prova emerge l’esplosione della cassa e, quindi, la macchiatura delle banconote.
Con motivazione immune da vizi logici, la Corte di appello (pp. 2 e 4 sentenza impugnata), ai fini dell’esclusione della penale responsabilità del COGNOME, ha invece valorizzato tale elemento spiegando come le prove acquisite, ed in primis le intercettazioni ricordate dal ricorrente, non presentino natura individualizzante con specifico riferimento alla rapina commessa presso la Credem di Trapani il 6 luglio 2020, potendo riferirsi ad altra rapina commessa da COGNOME in concorso con COGNOME. Si tratta di dubbio ragionevole anche in rapporto alla tenuta degli altri elementi indiziari non oggetto di completa e specifica critica da parte del ricorso.
La Corte di appello, invero, ha rilevato altresì che le conversazioni telefoniche tra NOME COGNOME moglie di COGNOME, e il coimputato NOME COGNOME, risalendo a gennaio e febbraio 2020, sono molto precedenti alla rapina commessa il 6 luglio 2020 (p.5); ha pure rilevato il difetto acquisizione della mappatura delle celle agganciate dai telefoni in uso a COGNOME e alla COGNOME ne
periodi immediatamente antecedenti e successivi alla rapina del 6 luglio 2020; ha inoltre evidenziato l’assenza di accertamenti di polizia giudiziaria circa impronte papillari o trac
biologiche eventualmente riconducibili a COGNOME, oltre al difetto di indagini antropometriche di confronto dei tratti dell’imputato COGNOME con quelli del “rapinatore 2”, (visibile nelle imma
di videosorveglianza delle telecamere poste presso gli esercizi commerciali limitrofi all’istituto credito) che, lungi dal costituire un elemento neutro, come prospettato dal ricorrente, è un
ulteriore elemento negativo che rende il quadro indiziario non individualizzante rispetto all partecipazione del COGNOME quale concorrente, con COGNOME e COGNOME, alla rapina del 6 luglio
2020. La Corte di appello segnala in proposito (p.3) una significativa intercettazione ambientale
(n. 612 del 29/09/2020) nella quale COGNOME (conversando a bordo della sua vettura con “NOME“)
conferma di avere già commesso diverse rapine con COGNOME.
2.2 L’impugnazione risulta quindi aspecifica perché avulsa da un concreto e completo confronto con il contenuto della decisione impugnata e con il complesso degli elementi indiziari in essa
apprezzati, con riferimento particolare all’elemento della “macchiatura” delle banconote, che nel ricorso non viene nemmeno invocato ed allegato.
2.3. Alla luce di quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile,
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 18 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente