Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11792 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11792 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME NOME a Pompei il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME Torre Annunziata il DATA_NASCITA
Avverso l’ordinanza resa il 31 ottobre 2023 dal Tribunale di Napoli.
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso di COGNOME e dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di COGNOME.
Sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO per entrambi che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli decidendo sull’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso il provvedimento del 15 settembre 2023 con cui il Gip del Tribunale di Napoli aveva disposto nei loro confronti la misura della custodia in carcere , in quanto indagati per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e di associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti commessi sino al settembre 2020, ha confermato la gravità indiziaria e la misura cautelare disposta nei confronti di COGNOME NOME e ha sostituito la misura cautelare
della custodia in carcere già applicata a NOMENOMEelli NOME NOME quella degli arresti domiciliari.
2. NOME COGNOME con il ricorso deduce:
2.1 Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e in particolare omessa motivazione in ordine alla gravità indiziaria per assoluta mancanza di autonoma motivazione da parte del Tribunale e del GIP in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, poiché il collegio si limita per relationem a rinviare alla motivazione resa dal GIP, non rispondendo alle censure formulate con cui si deduceva la errata identificazione del COGNOME NOME quale soggetto denomiNOME NOME. Osserva il ricorrente che la PG. è pervenuta all’identificazione del COGNOME valorizzando il rapporto di parentela con il coindagato COGNOME NOME, con cui l’odierno ricorrente veniva visto colloquiare una sola volta. Questi elementi non sono sufficienti a garantire neppure a livello indiziario la esatta identificazione del COGNOME, nei confronti del quale no risultano acquisite conversazioni con gli altri presunti associati.
3.NOME COGNOME con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deduce:
3.1 Violazione di legge e omessa motivazione in ordine alla gravità indiziaria poiché il tTribunale si è limitato a richiamare l’ordinanza del GIP che, a sua volta, ha richiamato l’informativa finale redatta dalla PG operante e non ha effettuato il vaglio degli elementi specifici a sostegno della ritenuta gravità indiziarla in ordine al reato associativo limitandosi a rinviare acriticamente al tenore delle trascrizioni delle conversazioni telefoniche contenute a pagina 345 e seguenti della ordinanza cautelare. Peraltro, nel valutare il tenore delle conversazioni intrattenute dal COGNOME ha escluso la sussistenza di gravi indizi in ordine a possibili ipotesi di cessione di sostanza stupefacente, tanto da respingere la richiesta di applicazione della misura in relazione a tali contestazioni, così pervenendo a conclusioni contraddittorie.
3.2 Violazione di legge in relazione alla prova della concretezza e attualità del pericolo di recidiva in quanto il Tribunale ha omesso ogni motivazione al riguardo e non ha considerato che l’associazione addebitata all’indagato ha cessato ogni attività nel settembre 2020 e l’indagato è soggetto incensurato.
4.1 ricorsi sono manifestamente infondati e poiché propongono motivi perlopiù analoghi possono essere trattati congiuntamente.
4.1 Le censure formulate dai ricorrenti in merito alla motivazione della gravità indiziaria sono manifestamente infondate poiché l’ordinanza del Tribunale ha fatto ampio ricorso alla motivazione per relationem, richiamando l’ordinanza cautelare in ordine all’operatività della organizzazione criminale denominata RAGIONE_SOCIALE, attiva nel Comune di Boscoreale, ma ha poi esposto in modo sintetico ed esaustivo gli elementi specifici che concorrono nell’integrare la gravità indiziaria in ordine ai singoli rea
contestati agli indagati. In particolare si è soffermata sulla sussistenza degli elementi indiziari in ordine al reato di associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti rilevando come dal tenore delle captazioni è emerso che COGNOME, avvalendosi del collaboratore COGNOME, gestiva una piazza di spaccio con la consapevolezza di operare nell’interesse e nell’ambito di un’associazione di stampo mafioso che controllava il territorio.
Il Tribunale risponde adeguatamente anche in merito alle censure relative alla corretta identificazione dell’indagato COGNOME, osservando che può ritenersi certa poiché l’utilizzatore dell’utenza intercettata forniva i dati anagrafici completi di NOME COGNOME nella conversazione del 4 novembre 2019.
Alla stregua di queste argomentazioni esposte nell’ordinanza, la censura formulata con il ricorso di COGNOME si rivela generica poiché omette di considerare tale dato dirimente e, così facendo, non supera il vaglio di ammissibilità.
Anche le censure in ordine alla gravità indiziaria a carico di COGNOME risultano generiche poiché non deducono elementi specifici che possano inficiare il compendio probatorio, costituito da una numerosa serie di intercettazioni telefoniche e ambientali da cui emerge il rapporto di stretta collaborazione con il COGNOME nell’ambito della gestione di una piazza di spaccio.
In particolare a pagina quattro dell’ordinanza il Tribunale evidenzia che dalle captazioni emerge che COGNOME e COGNOME si occupavano della piazza di spaccio ubicata in INDIRIZZO a Boscoreale, secondo le indicazioni ricevute da NOME COGNOME e non escludevano la possibilità di difendere il territorio facendo ricorso all’uso di armi.
Inoltre il Tribunale ha valorizzato le numerose conversazioni intrattenute dai ricorrenti adottando un linguaggio criptico sintomatico della riferibilità alla cessione di sostanze stupefacente ed anche se il tenore di detti scambi non è stato ritenuto sufficiente ad applicare la richiesta cautelare in ordine ai reati di cessione contestati ai capi 40 e 41 lo stesso assume rilievo nel contesto del reato associativo; ha inoltre osservato che sempre dal tenore delle intercettazioni emergono gravi indizi a carico di COGNOME in ordine al reato contestato al capo 34 relativo all’acquisto di un grosso quantitativo di marijuana. Ed anche in questo caso l’affidamento di un compito così delicato al COGNOME, chiamato NOME, è sintomatico della sua piena partecipazione al reato associativo.
4.2 Manifestamente infondate si rivelano le censure in merito alla esigenze cautelari nei confronti di COGNOME poiché è stato precisato che in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa, né alla data ultima dei reat fine, ma ha ad oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza. (Sez. 4 – , Sentenza n. 3966 del 12/01/2021 Cc. (dep. 02/02/2021 ) Rv. 280243 – 01)
In effetti il Tribunale dopo aver esamiNOME la posizione del COGNOME osservando che non vi sono elementi idonei a smentire le presunzioni relative di cui all’art. 275 cod.proc.pen., ha tuttavia ritenuto in relazione al COGNOME che la presunzione relativa di pericolosità potesse essere superata in ragione della sua posizione ancillare rispetto al COGNOME e ha considerato sufficiente applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Si tratta di motivazione non manifestamente illogica e immune dai vizi dedotti poiché anche nei confronti del RAGIONE_SOCIALE opera la presunzione di pericolosità e di adeguatezza della misura carceraria, che comunque è stata benevolmente ritenuta superabile da parte del Tribunale e il ricorrente non deduce elementi idonei a contrastarla.
2.L’inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene congruo liquidare in euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.att. cod.proc.pen. nei confronti di COGNOME NOME.
Roma 21 febbraio 2024