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Motivazione ordinanza cautelare: i limiti del riesame

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La sentenza chiarisce i diversi oneri di motivazione tra il giudice delle indagini preliminari e il Tribunale del riesame, sottolineando come quest’ultimo non sia tenuto a una valutazione completamente autonoma, ma a una verifica critica degli atti. Il ricorso è stato respinto perché le censure sollevate miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La corretta motivazione dell’ordinanza cautelare è stata confermata.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione ordinanza cautelare: la Cassazione definisce i limiti del riesame

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla motivazione dell’ordinanza cautelare, in particolare delineando le differenze tra gli obblighi del primo giudice e quelli del Tribunale del riesame. Il caso riguardava un ricorso contro una misura di custodia in carcere per un soggetto accusato di far parte di una complessa associazione dedita al narcotraffico. La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito principi fondamentali sulla struttura del processo cautelare e sui limiti del sindacato di legittimità.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, in quanto gravemente indiziato di partecipazione a un’associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. L’associazione era descritta come una complessa organizzazione operante su un vasto territorio, con una struttura gerarchica e collegamenti con clan di ‘ndrangheta.

L’indagato proponeva richiesta di riesame, ma il Tribunale confermava la misura restrittiva. Avverso tale decisione, la difesa presentava ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi di motivazione e violazioni di legge.

I Motivi del Ricorso e la corretta motivazione dell’ordinanza cautelare

La difesa articolava il ricorso su tre motivi principali:

1. Mancanza di autonoma motivazione: Si sosteneva che il Tribunale del riesame si fosse limitato a riproporre graficamente e argomentativamente il contenuto della richiesta del Pubblico Ministero e dell’ordinanza del GIP, senza una valutazione critica e autonoma degli elementi a carico.
2. Vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: Il ricorrente contestava l’assenza di una dimostrazione concreta dei suoi rapporti con i vertici dell’organizzazione, elemento fondamentale per giustificare il pericolo di recidiva.
3. Travisamento della prova: Si deduceva un errore nella valutazione delle prove riguardo alla consapevolezza del ricorrente di agire come dirigente del gruppo criminale e alla sussistenza delle aggravanti contestate.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di censurare il modo in cui il Tribunale del riesame aveva giustificato la sua decisione, ritenendola apparente e non fondata su un’analisi indipendente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una dettagliata spiegazione dei principi che regolano la materia.

In primo luogo, ha chiarito che l’obbligo di ‘autonoma valutazione’ previsto dall’art. 292 cod. proc. pen. riguarda esclusivamente il giudice che emette per primo la misura cautelare (inaudita altera parte), per garantire la sua terzietà rispetto all’organo requirente. Il Tribunale del riesame, invece, non è soggetto allo stesso stringente obbligo. Può fare riferimento all’ordinanza impugnata e alla richiesta del PM, purché dimostri di aver preso autonoma cognizione degli atti, di averli meditati e di averli ritenuti coerenti con la propria decisione. Nel caso di specie, il Tribunale aveva dato prova di tale analisi, ad esempio differenziando graficamente le fonti di prova (dichiarazioni di collaboratori, intercettazioni) e rigettando specificamente le eccezioni difensive.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione non può trasformarsi in una richiesta di nuova valutazione del merito. Le censure del ricorrente, pur presentate come vizi di motivazione, miravano in realtà a contestare il significato e la consistenza del materiale indiziario (intercettazioni, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia), un’operazione preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale aveva ricostruito in modo analitico e logico il quadro probatorio, evidenziando il ruolo di rilievo del ricorrente all’interno dell’associazione, la sua funzione organizzativa, la gestione della cassa e i rapporti con altre consorterie criminali.

Infine, anche le doglianze sulle esigenze cautelari sono state ritenute infondate. La Corte ha osservato che la motivazione del provvedimento impugnato spiegava in dettaglio l’attualità del pericolo di recidiva, basandosi non su presunzioni, ma sulle modalità stabili e pervasive delle condotte criminali, emerse da un vasto compendio investigativo.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio chiave del diritto processuale penale: il controllo della Cassazione sulla motivazione dell’ordinanza cautelare emessa in sede di riesame è circoscritto alla verifica della logicità e coerenza giuridica delle argomentazioni, senza poter entrare nel merito delle scelte probatorie. La decisione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia riafferma la distinzione funzionale tra i diversi gradi di giudizio cautelare e i relativi oneri motivazionali, ponendo un argine ai ricorsi che tentano di ottenere una terza valutazione di merito mascherata da vizio di legittimità.

Il Tribunale del riesame deve fornire una motivazione completamente autonoma rispetto a quella del primo giudice?
No. A differenza del giudice che emette la prima ordinanza cautelare, il Tribunale del riesame non è tenuto a una motivazione totalmente autonoma. Può richiamare gli atti precedenti, a condizione che dimostri di averli esaminati criticamente e di averne preso autonoma cognizione per fondare la propria decisione.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione il modo in cui il Tribunale del riesame ha interpretato le prove?
No. Il ricorso per cassazione può essere proposto solo per vizi di legittimità (violazioni di legge o motivazione manifestamente illogica), non per contestare l’apprezzamento dei fatti o la valutazione delle prove. Un tentativo di ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio viene considerato inammissibile.

Cosa si intende per ricorso ‘aspecifico’ in materia cautelare?
Un ricorso è considerato aspecifico quando si limita a riproporre le stesse critiche già mosse davanti al Tribunale del riesame o quando critica genericamente il quadro probatorio, senza individuare vizi logici o giuridici precisi nella motivazione del provvedimento impugnato. Questo tipo di ricorso mira a una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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