Motivazione della Pena: Quando il Giudice d’Appello Può Integrarla
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il potere del giudice d’appello di integrare la motivazione della sentenza di primo grado. Questo intervento si rivela cruciale, soprattutto quando la decisione impugnata presenta lacune riguardo alla motivazione della pena. Vediamo nel dettaglio il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di guida senza patente, aggravato dalla recidiva nel biennio. L’imputato si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, la Corte d’Appello aveva illegittimamente “sopperito” alla totale mancanza di motivazione della sentenza del Tribunale riguardo alla determinazione della pena (il cosiddetto trattamento sanzionatorio).
In sostanza, il ricorrente sosteneva che il primo giudice non aveva spiegato come fosse arrivato a quella specifica condanna e che la Corte d’Appello, invece di annullare la sentenza, avesse autonomamente aggiunto le ragioni mancanti, violando così la legge.
L’Integrazione della Motivazione della Pena in Appello
Il cuore della questione riguarda i poteri del giudice del gravame. Può una Corte d’Appello “sanare” una sentenza di primo grado che non spiega a sufficienza il percorso logico-giuridico seguito per quantificare la pena? Secondo la Cassazione, la risposta è affermativa. Il giudice d’appello, in virtù dei suoi poteri di piena cognizione e valutazione dei fatti, può integrare la motivazione della sentenza impugnata. Questo principio, noto come integrazione tra le sentenze di primo e secondo grado, si applica pienamente quando la lacuna riguarda il calcolo della pena finale. Una mancata specificazione di tale calcolo non costituisce motivo di nullità della sentenza, ma una semplice lacuna motivazionale che può essere colmata nel giudizio successivo.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali.
In primo luogo, ha ritenuto il motivo del ricorso una mera riproduzione di censure già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorso, inoltre, è stato giudicato manifestamente infondato.
Nel merito, gli Ermellini hanno ribadito che la determinazione della pena è un’attività che rientra nella discrezionalità del giudice. Tale decisione non può essere sindacata in sede di legittimità, a meno che non sia il risultato di un puro arbitrio o sia supportata da una motivazione palesemente illogica. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una spiegazione adeguata e coerente delle ragioni che giustificavano la pena inflitta, esercitando correttamente il proprio potere di integrazione motivazionale. Pertanto, non vi era alcun vizio da censurare.
Conclusioni
La decisione in commento consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Si conferma che il processo non è una sequenza di compartimenti stagni, ma un percorso unitario in cui la decisione di appello può completare e rafforzare quella di primo grado. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che contestare la motivazione della pena richiede la dimostrazione di un’irragionevolezza manifesta o di un arbitrio da parte del giudice, non essendo sufficiente evidenziare una semplice lacuna nel percorso argomentativo del primo giudice, se questa è stata colmata in appello. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Può il giudice d’appello correggere una motivazione mancante nella sentenza di primo grado riguardo alla pena?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello (giudice del gravame) ha il potere di integrare la motivazione della sentenza impugnata se questa non ha specificato il calcolo per arrivare alla pena finale. Questa è considerata una lacuna motivazionale e non una causa di nullità della sentenza.
Quando è possibile criticare in Cassazione la determinazione della pena decisa dal giudice?
La determinazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se è frutto di arbitrio o se la motivazione fornita è manifestamente illogica.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse critiche già respinte in appello?
Se il ricorso è meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte con argomenti giuridici corretti dal giudice d’appello, e inoltre risulta manifestamente infondato, viene dichiarato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16031 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16031 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CITTIGLIO il 23/03/1989
avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Milano che ha confermato la pronuncia resa in data 20 giugno 2023 dal Tribunale di Varese che lo ha dichiarato colpevole del reato di guida senza patente con recidiva nel biennio.
Ritenuto che l’unico motivo sollevato (Violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello integralmente sopperito alla mancanza di motivazione della sentenza di primo grado in punto di trattamento sanzionatorio, nonché relativa mancanza di motivazione) non è consentito in sede di legittimità, perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici (pp. 2 e 3 sent. app.) dal Giudice di merito, oltre ad essere manifestamente infondato. In tema di appello, il giudice del gravame, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto e conformemente al principio di integrazione tra le sentenze di primo e secondo grado, può integrare la motivazione della sentenza impugnata che non abbia specificato il calcolo effettuato per giungere alla pena finale, trattandosi di lacuna motivazionale che non dà luogo ad alcuna nullità. (Sez. 3, n. 9695 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 286029. Fattispecie in cui il primo giudice non aveva esplicitato la pena base e l’entità della diminuzione su di essa operata per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; così anche Sez. 5, n. 13435 del 04/03/2022, NOME COGNOME, Rv. 282878). Quanto alla motivazione resa al riguardo dalla sentenza di appello, deve rammentarsi che, essendo il trattamento sanzionatorio naturalmente rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, la relativa determinazione è incensurabile, qualora non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte di appello ha dato conto delle ragioni della statuizione in punto di pena (p. 3 sent. app.); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 gennaio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Pr idente