Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10743 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10743 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SULMONA il 28/05/1989
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del TRIBUNALE DEL RIESAME di L’aquila
Udita la relazione della Consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni depositate dalla Procura Generale, in persona della Sostituta Procuratrice NOME COGNOME con le quali si è chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale per il riesame di L’Aquila, con ordinanza del 27 dicembre 2024 / 16 gennaio 2025, decidendo ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento con i quale il G.i.p. del Tribunale di Sulmona, il 12 dicembre 2024, aveva applicato la misura cautelar degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico – subordinato al conse dello stesso, in difetto del quale sarebbe stata applicata la custodia in carcere – nei confron NOME COGNOME in relazione a tre capi di accusa – per avere cioè detenuto illecitamente 2 grammi di cocaina, aver ceduto una bustina di cocaina di peso pari a gr. 0,2 e per aver portato fuori dalla propria abitazione una pistola del tipo “scacciacane”, fatti commessi, in Sulmona, i dicembre 2024.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza, l’indagato, tramite difensore di fiduci affidandosi a tre motivi con i quali denunzia:
violazione degli artt. 280, commi 1 e 4, cod.proc.pen., per difetto delle condizioni genera richieste, sotto il profilo della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto e con rif alla convalida dell’arresto e all’applicazione della misura cautelare, nonché manifesta illogi della motivazione, per aver frettolosamente escluso che il fatto non rientrasse nell’alveo del previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990; in tal modo, basandosi solo sul dato ponderale, si era omessa la necessaria motivazione in punto di differenza tra l’ipotesi del comma 1 e quella del comma 5 dell’art. 73 cit.;
violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla violazione dell’art. 274 c), cod.proc.pen., in ragione del difetto delle condizioni generali previste per l’applicazione misura cautelare in carcere, quanto al pericolo di reiterazione criminosa, in relazione presupposti dell’attualità e concretezza e della proporzionalità e adeguatezza della misura.
Rileva il ricorrente che, avendo disposto la misura della custodia in carcere, il Tribun aveva disatteso il monito di cautela nell’applicazione di tale misura che invece la giurispruden di legittimità ha indicato, richiedendo che vi sia il pericolo, espresso da elementi concreti e at e non meramente congetturali, che l’imputato commetta delitti della stessa specie; difetterebbe, inoltre, anche il requisito della proporzionalità della misura, giacché non era stato spieg perché la sola misura cautelare in carcere consentirebbe di fronteggiare le esigenze cautelari come indicato dal GIP alla pagina 5) dell’ordinanza genetica; le ragioni cautelari, invec sarebbero insussistenti e la motivazione sul punto si risolverebbe in una mera ripetizione d formule di stile, mentre le indicate esigenze sarebbero state sicuramente soddisfatte anche con l’imposizione dell’obbligo di firma;
violazione dell’art. 274 lett. a) cod.proc.pen., in relazione al difetto delle condizioni ge di applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere sotto il profilo dell’inquina probatorio; l’ordinanza impugnata avrebbe del tutto omesso di esplicitare le ragioni che
depongono per un pericolo di alterazione della genuinità della fonte di prova, né esse potrebbero trarsi dalla circostanza che l’indagato non ha ammesso gli addebiti.
La Procura generale, nella persona della Sostituta procuratrice NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricors
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità in quanto del tutto aspecifico e pr confronto con il provvedimento impugnato.
2.11 Tribunale del riesame di L’Aquila, adito dall’odierno ricorrente, ha conferma l’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Sulmona, il quale in sede di contestuale convalida dell’arresto avvenuto in flagranza il 9 dicembre 2024, aveva osservato quanto segue.
I Carabinieri di Sulmona, nel corso di un servizio mirato di osservazione e controllo per prevenzione e repressione dei reati in materia di stupefacenti, avevano assistito ad uno scambio, tra un assuntore di stupefacenti, già loro noto, e NOME COGNOME, pure noto per esser gravato da numerosi precedenti per reati di droga. La successiva perquisizione personale dell’assuntore, avvenuta poco dopo, confermava che lo stesso aveva ricevuto una bustina trasparente contenente gr. 0,2 di cocaina, come confermato dai successivi esami.
Anche il Passoforte fu sottoposto a perquisizione, dopo che lo stesso era entrato e riuscit dalla propria abitazione e si era mostrato nervoso e reticente all’avvicinarsi dei Militari. L della perquisizione consenti di rinvenire, all’interno di un borsello da donna, occultate dentro pacchetti di sigarette svuotati dal loro originario contenuto, n. 41 bustine trasparenti, chius nastro adesivo e contenenti complessivamente gr. 20 di cocaina, come poi confermato. Inoltre, strumenti per la pesatura, quali bilancino di precisione intriso di sostanza polverosa bianca, somma in contanti di euro 11.000,00, suddivisa in banconote di diverso taglio, nonché una pistola del tipo scacciacani priva del tappo rosso.
Estesa la perquisizione all’abitazione dell’indagato, veniva rinvenuto altro materiale pe confezionamento dello stupefacente, cioè 500 bustine trasparenti, identiche a quelle trovate all’interno del borsello e contenenti le dosi di cocaina.
Erano presenti le condizioni della flagranza in ordine ai reati oggetto di contestazio provvisoria, in ragione della constatazione diretta da parte dei militari dell’avvenuta cess della dose da parte del Passoforte, di tal ché non assumeva rilievo la dichiarazione dell’assuntor di averla avuta da altro soggetto; inoltre, rendeva evidente la condotta contestata ritrovamento all’interno del borsello delle 41 bustine trasparenti, contenenti complessivament 20 grammi di cocaina, pronta per essere ceduta al taglio, nonché anche il ritrovamento di un bilancino intriso di polvere bianca e di una somma in contanti pari a euro 11000 (essendo l’indagato sprovvisto di occupazione lavorativa); significativa era pure la circostanza ritrovamento in casa di 500 bustine trasparenti, identiche a quelle utilizzate per confezionar dosi. Non poteva, peraltro, il fatto inquadrarsi nel comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990
quanto la condotta si era caratterizzata per un complessivo apprestamento (numero di bustine pronte per lo smercio, bilancino di precisione, pistola scacciacani e bustine pronte per ulter utilizzi) di mezzi rilevanti al fine di suscitare un rilevante allarme sociale.
Ricorrevano anche le esigenze cautelari, atteso il rischio di reiterazione di reati della ste specie, proprio in ragione del rinvenimento degli oggetti sopra ricordati, che lasciavano intender come non si trattasse di condotta occasionale, anche in considerazione dell’insussistenza di altre fonti di reddito, non essendo l’indagato occupato in attività lavorativa. La pericolosità soc dell’indagato emergeva anche dal fatto che lo stesso, nonostante la recente espiazione di pena in regime di detenzione alternativa, quale la detenzione domiciliare, aveva nuovamente reiterato condotte illecite.
Tuttavia, la richiesta del p.m. andava accolta nei limiti della applicazione della mis cautelare degli arresti domiciliari presso l’abitazione della compagna, dichiaratasi disponibi con contestuale applicazione del braccialetto elettronico, in quanto strumento adeguato per la salvaguardia delle cennate esigenze di difesa sociale, atteso che l’esclusione di ogni forma d contatto con l’ambiente esterno, anche mediante l’imposizione di non comunicare con qualsiasi mezzo con persone diverse da quelle conviventi, gli avrebbe impedito di mantenere i contatti con determinati ambienti relativi alle fonti di approvvigionamento dello stupefacente cui avev fatto ricorso.
Nessun altro mezzo più blando avrebbe reso possibile la rescissione dei legami che univano l’indagato a certi ambienti criminali, per cui agli stessi non poteva farsi ricorso per evi rischio della ricaduta nella recidiva.
La prognosi sulla pena da applicare nel caso concreto e sulla non sussistenza della prevedibile concessione della sospensione condizionale della pena confermavano, anche per questi aspetti, la legittimità della misura adottata.
Il Tribunale del riesame ha confermato, punto per punto, la decisione del GIP del Tribunale di Sulmona. Si tratta di motivazione rispondente ai canoni elaborati dalla giurisprudenza d legittimità, giacché, in tema di riesame dell’ordinanza applicativa di misure cautelari, è legit la motivazione che richiami o riproduca le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato (tra tante, Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Rv. 272628).
Quindi, deve ricordarsi che entrambi i giudici della cautela hanno disatteso la richiesta inquadramento della condotta nella fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/199 facendo riferimento al fatto che il ricorrente è stato trovato in possesso di 41 dosi di cocaina confezionate e quindi pronte alla vendita a terzi unitamente alla somma di 11.000 euro, in banconote di piccolo taglio, somma del tutto sproporzionata per una persona priva di capacità reddituale perché priva di occupazione e da poco ritornato dalla Spagna, ove lo stesso aveva dichiarato di aver svolto solo lavori saltuari. Tali elementi sono stati dichiarati complessivame come significativi dell’inserimento dell’indagato all’interno di una rete di contatti abitu finalizzare la destinazione dello stupefacente.
La decisione è pienamente conforme all’indirizzo interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità per cui il riconoscimento dell’indicata fattispecie ric un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo d pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offens proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, Rv. 271959-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fat rilevanti per stabilire la sua entità alla luce dei criteri di legge e che tale percorso valutati ricostruito,’ si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta preva eventualmente riservata solo ad alcuni di essi (cfr., in questi termini, Sez. U, n. 51063 27/09/2018, Muroio, Rv. 274076-01)
Ciò premesso in punto di diritto, va rilevato che il Tribunale ha offerto una motivazion pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità, essendo stati posti in rilievo aspetti rivelatori della finalità di spaccio e della profes con cui lo stesso veniva svolto da parte dell’indagato, in particolar modo considerata la rileva quantità di dosi pronte per lo spaccio da lui posseduta, nonché il livello dell’inserimento contesto criminale, come dimostrato dal possesso della somma di denaro del tutto ingiustificata. In modo palesemente adeguato, quindi, il Tribunale ha mostrato di aver valutato i plurimi e variegati dati probatori disponibili, negando la ricorrenza del fatto di lieve entità sulla b elementi cui hanno ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto a altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
Il ricorrente non ha contrastato in modo specifico i diversi punti della motivazio complessivamente resa dai giudici della cautela, limitandosi a reiterare le medesime doglianze avanzate in sede di riesame e puntualmente disattese dal Tribunale, con ciò omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la decisione oggetto di ricors (per tutte, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
A parte la genericità delle doglianze espresse dal difensore, non può non rilevarsi come le stesse siano manifestamente prive di fondamento, atteso che il Tribunale del riesame ha adeguatamente esposto le proprie valutazioni in merito tanto al quadro indiziario emerso nel corso delle indagini quanto a quello strettamente afferente alle esigenze di cautela sociale, c motivazione che non è affatto una acritica adesione alla ordinanza genetica o alla richiesta de Pubblico Ministero.
Si deve ricordare che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso p cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, consente al giudice di legittimità, in relazione peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle cen inerenti l’ adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica
principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze e non il controllo di qu censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito” (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è, quind rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità non comprende il potere di revisione degli elementi materi e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi e quello di riconsiderazi delle caratteristiche soggettive dell’indagato: tali apprezzamenti, infatti, rientrano valutazioni del g.i.p. e del tribunale del riesame, mentre al giudice di legittimità si chi esaminare l’atto impugnato al fine di verificare che esso contenga l’esposizione delle ragion giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti verificare, quindi, la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificati provvedimento (così, tra le tante, Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, COGNOME, 6 Rv. 269438).
Nessuno degli ulteriori motivi di ricorso, ciascuno orientato al cumulo d prospettazione di affermati vizi di violazione di legge e di motivazione, prende peraltro le mos dal concreto tessuto motivazionale adottato dall’ordinanza impugnata, limitandosi a generiche doglianze formulate mediante il ricorso a massime giurisprudenziali di cui non è neanche chiara la stretta pertinenza con la motivazione impugnata.
Addirittura, il ricorrente lamenta l’illegittima applicazione della misura cautel della detenzione in carcere quando gli sono stati applicati gli arresti domiciliari con braccia elettronico, così dimostrando di non correlarsi ai contenuti del provvedimento che afferma di voler impugnare. Allo stesso modo allude all’insussistenza di esigenze probatorie mai richiamate dall’ordinanza impugnata, che ha piuttosto ritenuto sussistenti esigenze di prevenzione specifica.
Essendo, in definitiva, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima congrua e conforme a diritto, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 11 marzo 2025.