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Misure cautelari spaccio: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato sottoposto a misure cautelari per spaccio di stupefacenti. La decisione si fonda sulla genericità dell’appello, che si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal Tribunale del Riesame, senza confrontarsi specificamente con le motivazioni della decisione impugnata. La Corte ha inoltre confermato che la detenzione di 20 grammi di cocaina suddivisi in 41 dosi, unitamente a un ingente somma di denaro e materiale per il confezionamento, esclude la configurabilità del fatto di lieve entità, delineando un quadro di attività professionale e non occasionale.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari Spaccio: La Cassazione e il Ricorso Generico

L’applicazione di misure cautelari per spaccio di stupefacenti è un tema delicato che interseca la libertà personale dell’indagato con l’esigenza di tutela della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali su un aspetto cruciale del processo: i requisiti di ammissibilità del ricorso contro tali misure. La Corte ha stabilito che un ricorso generico, che non si confronta criticamente con le motivazioni del provvedimento impugnato, è destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’operazione di polizia che ha portato all’arresto di un individuo. Durante un servizio di osservazione, le forze dell’ordine hanno assistito alla cessione di una dose di cocaina. La successiva perquisizione personale e domiciliare ha permesso di rinvenire:

* 41 bustine di cocaina già confezionate, per un totale di 20 grammi.
* Un bilancino di precisione intriso di sostanza stupefacente.
* La somma di 11.000 euro in contanti, ritenuta sproporzionata rispetto all’assenza di un’attività lavorativa dichiarata.
* Materiale per il confezionamento, tra cui 500 bustine identiche a quelle utilizzate per le dosi.

Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Tale misura è stata poi confermata dal Tribunale del Riesame.

Il Ricorso in Cassazione e le relative misure cautelari per spaccio

L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Errata qualificazione del fatto: Si sosteneva che la condotta dovesse rientrare nell’ipotesi di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), data la quantità di sostanza, e che la motivazione fosse illogica.
2. Insussistenza del pericolo di reiterazione: Si contestava la proporzionalità della misura, ritenendo che non vi fossero elementi concreti e attuali per giustificare il rischio di nuovi reati.
3. Mancanza del pericolo di inquinamento probatorio: Si lamentava l’assenza di motivazione su questo specifico presupposto cautelare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e strutturata che rappresenta un monito per la prassi difensiva.

La Genericità e Aspecificità del Ricorso

Il punto centrale della decisione è la natura del ricorso. I giudici hanno evidenziato come le doglianze presentate fossero una mera reiterazione di quelle già esposte e respinte dal Tribunale del Riesame. L’appello non conteneva una critica argomentata e specifica contro le ragioni della decisione impugnata, ma si limitava a riproporre le stesse tesi difensive. Questo, secondo la Corte, trasforma il ricorso in un atto generico e, come tale, inammissibile.

L’Esclusione del Fatto di Lieve Entità

La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito nell’escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità. La motivazione non si è basata solo sul dato quantitativo (20 grammi di cocaina), ma su una valutazione complessiva degli elementi, che indicavano un’attività professionale e non occasionale. In particolare, il numero di dosi già pronte per la vendita (41), il possesso di un bilancino, l’ingente somma di denaro e la disponibilità di 500 bustine per il futuro confezionamento sono stati considerati indici inequivocabili di un inserimento stabile nel mercato dello spaccio.

L’Errore Fattuale nell’Impugnazione

Un ulteriore elemento che ha dimostrato la scarsa aderenza del ricorso alla realtà processuale è stato il fatto che il ricorrente lamentava l’illegittima applicazione della detenzione in carcere, mentre la misura effettivamente applicata era quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Questo errore ha evidenziato, secondo la Corte, una totale assenza di correlazione tra i motivi di ricorso e il contenuto del provvedimento che si intendeva impugnare.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità. Per essere ammissibile, un ricorso contro una misura cautelare deve contenere una critica specifica, puntuale e argomentata delle motivazioni del provvedimento impugnato. La semplice riproposizione di argomenti già vagliati e respinti, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella decisione del Tribunale del Riesame, rende l’impugnazione inammissibile. Questa decisione serve da guida per gli operatori del diritto, sottolineando l’importanza di redigere atti di impugnazione che affrontino concretamente le ragioni del giudice, piuttosto che limitarsi a ripetere formule o tesi generiche.

Perché il ricorso dell’indagato è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e aspecifico. Non conteneva una critica argomentata delle motivazioni della decisione del Tribunale del Riesame, ma si limitava a riproporre le stesse doglianze già respinte in precedenza, dimostrando inoltre di non correlarsi ai contenuti effettivi del provvedimento impugnato.

Quali elementi sono stati decisivi per escludere la qualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’?
La Corte ha escluso la lieve entità sulla base di una valutazione complessiva che indicava un’attività di spaccio professionale e non occasionale. Gli elementi determinanti sono stati: il numero di dosi già confezionate e pronte per lo smercio (41), il possesso di un bilancino di precisione, l’ingente somma di denaro contante (11.000 euro) non giustificata da redditi leciti, e la disponibilità di ulteriore materiale per il confezionamento (500 bustine).

È sufficiente, per un ricorso in Cassazione, ripetere le argomentazioni già presentate al Tribunale del Riesame?
No, non è sufficiente. La sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione deve essere una critica specifica e puntuale del provvedimento impugnato. La mera reiterazione di argomenti già esaminati e respinti, senza individuare specifici vizi di legittimità o manifesta illogicità nella motivazione del giudice precedente, porta a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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