Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46886 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46886 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 17/02/1986
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale di sorveglianza di Bari ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà presentata nell’interesse di NOME COGNOME
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
deve essere osservato il principio per cui «ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174, conforme Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
va considerato e ribadito, che «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (Sez. 1, Sentenza n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924).
le fonti di conoscenza che il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la
proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante;
se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misurai reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745);
il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata;
rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16822 del 20/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284500) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto;
con riferimento, invece, alla semilibertà, deve essere ribadito che «sono richieste due distinte indagini, l’una delle quali concernente i risultati del trattamento individualizzato e l’altra relativa all’esistenza delle condizioni che garantiscono un graduale reinserimento del detenuto nella società ed implicanti la presa di coscienza, attraverso l’analisi delle negative esperienze del passato e la riflessione critica proiettata verso il ravvedimento»» (Sez. 1, n. 197 del 25/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285550);
le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Ry. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione alle misure alternative sul rilievo che COGNOME è stato giudicato incapace di adeguarsi alle prescrizioni imposte dalla stessa misura in corso (arresti domiciliari ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen.) avendo commesso un’evasione il 26 ottobre 2022, oltre che essere soggetto proclive a delinquere, per come segnalato dalla Questura di Bari che lo ha indicato come pericoloso,
anche perché collegato ad ambienti di criminalità organizzata e indagato, allo stato, per reati in materia di stupefacenti commessi con metodo mafioso;
non decisiva, in senso favorevole al condannato, è stata ritenuta l’attività lavorativa svolta alle dipendenze della moglie, per come confermato anche dalla relazione dell’UEPE;
a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente eccepisce violazione di legge e vizi di motivazione con argomenti meramente confutativi di aspetti già presi in considerazione (con particolare riferimento alle emergenze derivanti dalla relazione UEPE) e funzionali a sollecitare una rivalutazione del merito della decisione;
ritenuto che:
il provvedimento impugnato resiste, pertanto, alle censure difensive, in quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale di sorveglianza in vista della delibazione dell’istanza del condannato che, nella fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni prive di qualsivoglia deficit di linearità o coerenza razionale;
pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/11/2024