Minorata difesa: l’età non basta, la Cassazione chiede la prova dell’approfittamento
L’aggravante della minorata difesa, prevista dall’articolo 61 n. 5 del codice penale, è uno strumento fondamentale per tutelare le vittime più vulnerabili. Tuttavia, la sua applicazione non può essere automatica. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: per contestare questa aggravante a chi commette un reato ai danni di una persona anziana, non è sufficiente la sua età anagrafica, ma è necessario dimostrare che l’autore del reato abbia concretamente approfittato di tale condizione di fragilità.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una serie di reati commessi in concorso da due individui, tra cui un furto consumato in abitazione ai danni di persone ultraottantenni. Gli imputati si erano resi responsabili della sottrazione di 1.250 euro e di assegni bancari. La condotta era stata aggravata da diverse circostanze: l’uso di una bomboletta spray, la simulazione della qualifica di pubblico ufficiale e, appunto, l’aver approfittato della minorata difesa delle vittime in ragione della loro età. A questi reati si aggiungevano un tentato furto aggravato, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni.
La Corte di Appello di Genova, pur confermando la responsabilità penale, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena inflitta all’imputato. Tuttavia, aveva mantenuto l’aggravante legata alla minorata difesa, ritenendola integrata.
Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla minorata difesa
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando proprio la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa. La tesi difensiva sosteneva che i giudici di merito l’avessero riconosciuta basandosi su una mera presunzione, legata unicamente all’età avanzata delle vittime, senza compiere un accertamento concreto sulle modalità con cui tale vulnerabilità sarebbe stata sfruttata.
In altre parole, il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, poiché la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente spiegato in che modo l’età delle vittime avesse effettivamente facilitato la commissione del reato e come gli autori ne avessero tratto vantaggio.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa infondate. I giudici hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione della Corte d’Appello non si era limitata a prendere atto dell’età anagrafica delle vittime (ultraottantenni).
La motivazione della sentenza impugnata, infatti, descriveva in dettaglio il modus operandi degli imputati. Essi si erano presentati alle vittime fingendosi appartenenti alle forze dell’ordine. Questo stratagemma era stato determinante per ingenerare un falso affidamento nelle persone offese, inducendole ad abbassare le naturali difese che avrebbero opposto a degli sconosciuti. È proprio in questa condotta che la Corte ha ravvisato l’effettivo ‘approfittamento’ richiesto dalla norma.
La Cassazione ha quindi concluso che non vi è stata alcuna applicazione presuntiva della norma. L’aggravante è stata correttamente riconosciuta non per l’età in sé, ma perché l’età ha reso le vittime più suscettibili all’inganno architettato dagli imputati, i quali hanno sfruttato questa specifica vulnerabilità per portare a termine il loro piano criminale.
Conclusioni
Questa pronuncia consolida un importante principio di diritto: l’aggravante della minorata difesa legata all’età richiede una valutazione caso per caso. Il giudice deve accertare in concreto l’esistenza di un nesso causale tra la condizione di debolezza della vittima e la condotta dell’agente. Non basta dire ‘la vittima era anziana’, ma bisogna dimostrare che l’imputato ‘ha approfittato del fatto che la vittima fosse anziana’ attraverso specifiche azioni. Nel caso di specie, la simulazione della qualifica di pubblico ufficiale è stata la chiave che ha permesso di provare questo sfruttamento, rendendo la condanna e la relativa aggravante pienamente legittime.
L’età avanzata di una vittima è sufficiente per configurare l’aggravante della minorata difesa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’età anagrafica da sola non basta. È necessario che l’autore del reato abbia concretamente approfittato di tale condizione per facilitare la commissione del crimine.
Cosa significa ‘approfittare’ della minorata difesa in concreto?
Significa porre in essere una condotta specifica che sfrutta la vulnerabilità della vittima. Nel caso esaminato, gli imputati si sono finti appartenenti alle forze dell’ordine, un inganno che ha fatto leva sulla fragilità e sulla tendenza a fidarsi delle autorità delle vittime anziane per vincerne le resistenze.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello. La Corte d’Appello, infatti, non si era limitata a menzionare l’età delle vittime, ma aveva descritto in concreto le modalità con cui gli imputati avevano sfruttato la loro vulnerabilità, rendendo la decisione corretta in punto di diritto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45507 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45507 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 14/10/1998
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Genova ha parzialmente riformato, nei confronti di NOME COGNOME ed altro coimputato, la decisione del GIP del Tribunale della stessa sede dell’ 11 ottobre 2018, resa in sede di giudizio abbreviato, che aveva ritenuto entrambi, in concorso tra loro, responsabili dei reati, uniti dal vincolo della continuazione e commessi il 2 marzo 2023: a) di furto consumato in abitazione della somma di euro 1250 e di due assegni bancari, aggravato dall’aver portato una bomboletta spray, dall’aver simulato la qualifica di pubblico ufficiale e di aver approfittato della minorata difesa delle vittime in ragione dell’età; b) di tentato furto aggravato in abitazione per l’uso di armi ed in più persone; c) resistenza a quattro pubblici ufficiali; d) lesioni ai predetti e con l’aggravante per Narciso della recidiva reiterata specifica infraquinquennale, condannandoli alle pene ritenute di giustizia.
La Corte di appello, dato atto che non era in contestazione la ricostruzione dei fatti, né la responsabilità penale degli imputati, ha disapplicato, nei confronti di NOME la recidiva contestata, ha riconosciuto l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod.pen., escluso l’aggravante dell’art. 625 n. 3 cod.pen., riconosciuto la prevalenza delle attenuanti generiche e dell’art. 62 n. 6 cod.pen. sull’aggravante prevista dall’art. 61 n. 5 cod. pen., ha ridotto la pena inflitta ad anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro quattrocento di multa ciascuno.
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME con l’unico motivo, denunciando vizio di violazione di legge e di motivazione, relativamente al punto della decisione che ha ritenuto integrata la circostanza di cui all’art. 61, comma 1 n. 5, cod.pen., posto che la Corte territoriale non avrebbe compiuto il necessario accertamento in concreto, riconoscendo l’aggravante solo in ragione dell’età anagrafica delle vittime.
4.11 motivo, nella sua duplice formulazione, non supera il vaglio di ammissibilità. In primo luogo, lo stesso non si confronta con la sentenza impugnata, la quale, alla pagina 5, oltre ad evidenziare l’età delle vittime (ultraottantenni) ha descritto in concreto le modalità dell’affidamento ingenerato nelle stesse da parte degli imputati, i quali si erano fatti credere appartenenti alle forze dell’ordine. Non corrisponde dunque al vero che la circostanza sia stata riconosciuta in virtù di una mera presunzione di minorata difesa, per l’età, delle vittime. Pertanto, nessuna scorretta applicazione dei principi giurisprudenziali citati dal ricorrente può ipotizzarsi.
Dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.