Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23662 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23662 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TEANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/02/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso, con le conseguenti statuizioni ex art. 616 c.p.p.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di COGNOME NOME che dopo avere illustrato i punti principali del ricorso ne chiede l’accoglimento.
RTENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 7/2/2023, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia del Tribunale di Piacenza con cui COGNOME NOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) e 2-sexies cod. strada, è stato condannato alla pena di mesi due di arresto ed euro 1600,00 di ammenda. E’ stata altresì confermata l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi nove e la revoca della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso la sentenza di cui sopra ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, articolando, a mezzo del difensore, i seguenti motivi di ricorso (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
I) Violazione di legge, inosservanza o erronea applicazione dell’art. 603 cod. proc. pen.; vizio di motivazione in relazione al medesimo articolo di legge per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità delle giustificazioni poste a fondamento della ritenuta irrilevanza ai fini della decisione della nuova prova di cui si era chiesta l’acquisizione.
Si impugna il capo ed il punto della sentenza relativo al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale volta all’acquisizione dell relazione a firma della dott.ssa COGNOME NOME, assistente sociale all’UEPE territorialmente competente. La relazione suddetta non era stata rinvenuta in atti, benché fosse stata regolarmente inviata a mezzo PEC anche al giudice del dibattimento. L’acquisizione risultava rilevante non solo ai fini della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, ma anche in relazione alla richiesta di concessione delle attenuati generiche, rendendo palese i tratti positivi della personalità dell’imputato ed il corretto contegno processuale.
II) Violazione di legge, difetto di motivazione in relazione agli artt. 168-bis, 464-bis, 464-quater, comma 3, cod. proc. pen.
Si impugna il capo ed il punto della sentenza relativo al rigetto della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova. La sentenza impugnata, con motivazione apodittica, ha rigettato la richiesta, facendo cattivo governo dell’art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen.
Il giudizio negativo in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati è disancorato da elementi concreti che lo giustifichino. La Corte di merito pone in essere un vero travisamento della prova nella parte in cui valorizza un passaggio dell’esame dell’imputato per sostenere la spregiudicatezza della sua condotta; reputa inoltre di notevole gravità il reato in contestazione per l’entità
del tasso alcolemico accertato, per la circostanza dell’orario notturno ed il notevole pericolo causato. Ad eccezione dell’orario notturno, gli altri elementi richiamati sono frutto di forzature valutative: emerge ictu ocull come il tasso alcolemico rilevato (1,01 g/I e 1,15 g/I) fosse più vicino alla soglia minima che a quella massima,’ risulta altresì evidente come il riferimento alla notevole gravità della condotta sia asserzione priva di elementi a sostegno.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 62-bis cod. pen.
Si impugna il capo della sentenza relativo al rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti generiche, essendo la motivazione viziata da violazione di legge e carenza di motivazione nella parte in cui è rigettata la concessione del beneficio richiesto con motivazione apodittica, attraverso un’applicazione distorta dell’art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen.
IV) Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 164 e 168 cod. pen.; assenza grafica della motivazione con riferimento al motivo di gravame relativo alla richiesta di riforma della sentenza di primo grado in ordine alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena; mancata applicazione del disposto normativo di cui all’art. 164, ultimo comma, cod. pen., che prevede la possibilità di concedere più di una volta la sospensione condizionale della pena.
In udienza il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione si è riportato alla requisitoria scritta nella quale concludeva per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi dedotti sono manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La Corte di appello ha confermato il giudizio di responsabilità espresso dal giudice di primo grado, ribadendo le argomentazioni contenute nella sentenza del Tribunale ed offrendo congrua risposta ai rilievi difensivi.
In ordine alla dedotta violazione dell’art. 603 GLYPH cod. proc. pen., la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato il principio secondo cui la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito a
avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 2, n. 41744 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264659; Sez. 6, n. 33105 del 08/07/2003, Pacor, Rv. 226534). Si è anche precisato come la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, sia un istituto di carattere eccezionale, a quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (cfr. Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820).
Quanto alla possibilità di sindacare la motivazione dei giudici di merito in tema di ammissione di nuove prove, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., si è più volte affermato che la valutazione della loro pertinenza e rilevanza sia correlata alla conoscenza dei fatti di causa già acquisita da parte del giudice, con la conseguenza che l’omesso esercizio di tale potere-dovere può essere sindacato in sede di legittimità, ma in limiti più ristretti rispetto al poter ammissione delle prove a richiesta di parte, richiedendosi una manifesta assoluta necessità della trascurata assunzione probatoria, emergente dal testo della sentenza impugnata (così Sez. 4, n. 8083 del 08/11/2018, NOME, Rv. 275149).
Nella specie i giudici hanno considerato superfluo aderire alla richiesta della difesa di procedere all’acquisizione della relazione a firma della dott.ssa COGNOME NOME sulla base di argomentazioni non censurabili in questa sede, avendo la Corte d’appello ritenuto non necessaria detta acquisizione perché inidonea ad incidere sulla valutazione del complesso degli elementi già acquisiti.
3. Il secondo motivo di ricorso è da ritenersi parimenti inammissibile. La valutazione circa l’ammissione dell’imputato alla messa alla prova, come è noto, è subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito circa la possibilità di rieducazione e di inserimento dell’interessato nella vita sociale. Essa è fondata su un giudizio prognostico, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione, condotto sulla scorta dei molteplici indicatori desunti dall’art. 133 cod.pen. – inerenti sia alla modalità della condotta che alla personalità del reo – sulla cui base ritenere che l’imputato si asterrà dal compiere ulteriori reati (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 37346 del 14/09/2022, COGNOME, Rv. 283883).
Nel caso di specie il rigetto della richiesta di ammissione alla messa alla prova è stato motivato sulla base di plurimi elementi, costituiti dall’esistenza di un precedente specifico, dalle modalità della condotta e dalla gravità del fatto contestato. Lungi dall’affidare la giustificazione a considerazioni apodittiche,
come lamentato dalla difesa, la Corte di merito ha posto in rilievo che il COGNOME, in orario notturno, trasportava nel veicolo due colleghi, con rischio per l’incolumità sua e dei passeggeri.
Le precedenti analoghe violazioni al codice della strada (artt. 186, comma 7 e 187, comma 8, cod. strada) commesse dall’imputato, per le quali è intervenuta sentenza di patteggiamento irrevocabile il 16/9/2017, risalgono ad epoca vicina a quella oggetto del presente giudizio, essendo state commesse il 26/10/2015: la ricaduta nel reato a distanza di un anno dalla irrevocabilità della sentenza, oltre a rivelare l’inefficacia della funzione special-preventiva e rieducativa della condanna, dimostra l’inclinazione del ricorrente alla commissione di reati.
Il valore rilevato in occasione della seconda misurazione (pari a 1,15 g/I), definito in sentenza “ben superiore alla soglia minima prevista dalla norma incriminatrice”, si colloca in una posizione intermedia tra il minimo ed il massimo dei valori soglia indicati nell’art. 186 comma 2, lett. c) cod. strada, pertanto l valutazione non è incoerente.
Le dichiarazioni rese dall’imputato sui fatti dimostrano la sua consapevolezza della esistenza di frequenti posti di blocco nel tragitto che egli andava a compiere, rivelando la sua indifferenza verso la possibilità d’incorrere in controlli dopo essersi posto alla guida in stato di ebbrezza.
Si tratta, a ben vedere, di argomentazioni non censurabili in questa sede, perché sorrette da valutazioni logiche ed aderenti alle risultanze processuali illustrate in sentenza.
E’ d’uopo rilevare come il sindacato di legittimità non abbia per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logica de provvedimento e non può quindi estendersi all’esame degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservatgalla competenza del giudice di merito, rispetto al quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione o valutazione dei fatti in vista di una decisione alternativa (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945; Sez. U., 27-9-1995, COGNOME, Rv. 202903; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, iakani, Rv. 216260 – 01) .
La medesima giurisprudenza di legittimità considera, inoltre, inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvano nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici, in quanto non idonei ad assolvere la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 25559 del 15/06/2012, COGNOME; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, NOME, Rv. 231708).
Deve aggiungersi come la prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati da parte dell’imputato,richiedente la sospensione del procedimento con messa alla prova )esoneri il giudice dal valutare il programma di trattamento (cfr. Sez. 4, n. 8158 del 13/02/2020, Cattareggia, Rv. 278602, così massimata:”In tema di sospensione del processo per la messa alla prova dell’imputato, il giudice che rigetti l’istanza di sospensione sul presupposto dell’impossibilità di formulare una prognosi favorevole in ordine all’astensione dell’imputato dal commettere ulteriori reati non è tenuto a valutare anche il programma di trattamento presentato”).
La mancata concessione delle attenuanti generiche riposa su una motivazione non censurabile.
La Corte territoriale, con specifico riferimento alla censura proposta in appello, ha rimarcato l’esistenza di un precedente specifico a carico dell’imputato, la gravità del fatto, l’assenza di positivi elementi di valutazione i grado di giustificare la concessione del beneficio.
Deve evidenziarsi come, in tema di concessione delle attenuanti generiche, il giudice di merito non sia tenuto ad esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo invece sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione del beneficio (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826).
Nondimeno la sentenza si è fatta carico di valutare gli elementi evidenziati dalla difesa a sostegno della meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche, escludendo, con argomentare logico, la loro rilevanza a questo fine.
Le ragioni del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche e l’ammissione alla messa alla prova dell’imputato (cfr. Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244 -05:”Le ragioni del diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosità del comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall’art. 133 cod pen. “)
La richiesta di riforma della sentenza di primo grado, quanto alla revoca della sospensione condizionale della pena, era formulata nell’atto di appello in termini del tutto generici, pure a fronte della puntuale illustrazione delle ragioni
poste a fondamento della decisione da parte del giudice di primo grado. La mancanza di motivazione in ordine al rigetto di un motivo di gravame non costituisce vizio della sentenza di appello ove l’assunto posto a fondamento della doglianza stessa non sia stato, a sua volta, concretamente motivato (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 53710 del 23/02/2016, C., Rv. 268705: “In tema di motivazione in sede di impugnazione, il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili per genericità o per manifesta infondatezza”).
Consegue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616, cod. proc. pen., al versamento della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente