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Maltrattamento animali: sequestro e limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una proprietaria contro il sequestro preventivo di tre cani. La sentenza conferma che il reato di maltrattamento animali sussiste anche in presenza di gravi condizioni igieniche e di abbandono, a prescindere dallo stato di salute fisico. Viene inoltre chiarito che nuove prove, come una relazione veterinaria, non possono essere presentate per la prima volta in sede di legittimità.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Maltrattamento animali: quando le condizioni igieniche giustificano il sequestro

Il tema del maltrattamento animali è sempre più al centro del dibattito giuridico e sociale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 30369/2024) offre importanti chiarimenti sui presupposti che legittimano il sequestro preventivo di animali e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La pronuncia sottolinea come la detenzione di animali in condizioni di degrado e abbandono integri il reato, anche in assenza di patologie evidenti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal sequestro preventivo di tre cani di proprietà di una signora, disposto dal GIP del Tribunale di Vicenza. Agli animali era contestata la detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura, in violazione dell’art. 727, comma 2, del codice penale. Nello specifico, si evidenziavano condizioni di abbandono, scarsa igiene, incuria nella somministrazione di acqua e nella cura di eventuali malattie.

L’ordinanza di sequestro veniva confermata anche dal Tribunale della Libertà. La proprietaria decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa principalmente su due punti: la mancata acquisizione e valutazione di una relazione veterinaria che, a suo dire, attestava il buono stato di salute degli animali, e la genericità del capo di imputazione provvisorio.

La Decisione della Corte sul Maltrattamento Animali

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: il ricorso per cassazione è consentito esclusivamente per ‘violazione di legge’ e non per vizi di motivazione come l’illogicità manifesta. Una violazione di legge sussiste solo in caso di mancanza assoluta o di motivazione meramente apparente del provvedimento impugnato.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale della Libertà fosse tutt’altro che apparente, ma al contrario puntuale, coerente e idonea a rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del fumus commissi delicti, ovvero la parvenza di reato. La Corte ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamento animali, la sofferenza non si limita a un processo patologico o a un pessimo stato di nutrizione. Rilevano tutte quelle condotte, anche colpose, che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione.

Le motivazioni del giudice di merito si fondavano su elementi concreti emersi da sopralluoghi effettuati dai militari, che avevano riscontrato:
– Precarie condizioni igieniche.
– Deiezioni diffuse e non rimosse.
– Cibo sparso sul terreno.
– Incuria nella somministrazione dell’acqua.
– Animali lasciati soli per ore in spazi angusti e pieni di rifiuti.

Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti a integrare le ‘gravi sofferenze’ previste dalla norma. Per quanto riguarda la relazione veterinaria favorevole, la Cassazione ha dichiarato la doglianza inammissibile per due ragioni decisive. In primo luogo, il documento era stato depositato solo successivamente alla decisione del Tribunale della Libertà, che non aveva quindi potuto esaminarlo. In secondo luogo, la questione non era stata sollevata davanti al giudice del riesame, ma introdotta per la prima volta in Cassazione, in violazione delle regole procedurali.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il reato di abbandono e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura è un reato che tutela la sensibilità dell’animale in senso ampio. Non è necessario provare una malattia o uno stato di denutrizione, essendo sufficiente dimostrare che le modalità di custodia provochino patimenti. La pronuncia serve anche da monito sull’importanza di presentare tutti gli elementi a propria difesa nelle fasi corrette del procedimento, poiché la Corte di Cassazione non è una sede per l’introduzione di nuove prove o per una rivalutazione dei fatti.

Quando è giustificato il sequestro preventivo di animali per maltrattamento?
Il sequestro è giustificato quando sussistono indizi sufficienti (fumus commissi delicti) del reato previsto dall’art. 727 cod. pen. Questo include la detenzione di animali in condizioni incompatibili con le loro esigenze minime, come sporcizia, abbandono sostanziale, incuria nella somministrazione di acqua e cibo, anche se non causano un vero e proprio processo patologico ma meri patimenti.

Una relazione veterinaria che attesta la buona salute di un animale può bloccare il sequestro per maltrattamento?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che la sofferenza rilevante per il reato non è solo quella fisica o patologica, ma anche quella psico-fisica derivante da abbandono e degrado. Inoltre, tale prova deve essere presentata e valutata nelle sedi di merito (come il Tribunale del riesame) e non può essere introdotta per la prima volta in Cassazione.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in un provvedimento di sequestro?
Una motivazione è ‘apparente’ quando è talmente generica, scoordinata o priva di coerenza da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice. Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto che il richiamo a specifici accessi della polizia giudiziaria e alle concrete condizioni di degrado riscontrate costituisse una motivazione solida e non apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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