Lieve Entità Spaccio: Quando la Quantità di Droga Fa la Differenza
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18570/2024 offre un’importante chiave di lettura sui criteri di valutazione del reato di lieve entità spaccio. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile un ricorso, ha ribadito come un quantitativo ingente di stupefacente sia un elemento decisivo per escludere la configurabilità del fatto di lieve entità, delineando un confine netto tra piccola criminalità e attività strutturata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Messina per un reato legato agli stupefacenti. L’imputato, trovato in possesso di 249,5 grammi di sostanza illecita, chiedeva alla Suprema Corte di riqualificare il reato nell’ipotesi più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, sostenendo che la sua condotta avesse una minima offensività penale. Inoltre, contestava il diniego delle attenuanti generiche.
La Decisione della Cassazione e i Parametri della Lieve Entità Spaccio
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il suo ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la decisione della Corte d’Appello era ben motivata e giuridicamente corretta.
Il punto centrale della pronuncia ruota attorno all’interpretazione del concetto di lieve entità spaccio. Secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite, questa fattispecie può essere riconosciuta solo in casi di minima offensività della condotta. Tale valutazione non si basa solo sulla quantità e qualità della droga, ma anche su altri parametri come i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.
Nel caso specifico, il quantitativo di quasi 250 grammi è stato ritenuto un fattore “negativamente assorbente”, ovvero un elemento talmente grave da rendere irrilevante ogni altra considerazione favorevole. Un tale quantitativo, secondo la Corte, non è compatibile con una detenzione per uso occasionale o piccolo spaccio, ma è invece sintomatico di un “pregresso approvvigionamento di stupefacente da destinare a continua cessione” e di una “collaudata professionalità nell’attività di spaccio”.
L’Importanza dei Precedenti Penali
La Corte ha anche confermato la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche (previste dall’art. 62 bis del codice penale). La motivazione si fonda sulla “negativa personalità del prevenuto”, desunta dai suoi numerosi precedenti penali. Questo elemento ha rafforzato il quadro di un soggetto dedito ad attività illecite, rendendo inappropriata qualsiasi forma di clemenza.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione si allinea a un orientamento rigoroso e consolidato. La Corte ha spiegato che, per valutare la lieve entità spaccio, il giudice deve effettuare un’analisi complessiva. Tuttavia, quando uno degli indici previsti dalla legge (come la quantità di droga) assume una valenza particolarmente negativa, questo è sufficiente a escludere la fattispecie attenuata. La quantità di 249,5 grammi è stata ritenuta logicamente indicativa di un’attività criminale strutturata e non di un episodio isolato o marginale. Di conseguenza, la condotta non poteva essere qualificata come di minima offensività. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende è la diretta conseguenza procedurale della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: nel valutare il reato di lieve entità spaccio, il dato quantitativo della sostanza stupefacente assume un peso preponderante. Un quantitativo rilevante può essere considerato di per sé un indicatore di professionalità criminale, sufficiente a escludere l’applicazione della norma più favorevole. Questa decisione serve da monito, chiarendo che il beneficio della lieve entità è riservato a situazioni oggettivamente e soggettivamente marginali, e non a chi dimostra, attraverso la quantità di droga detenuta e i propri precedenti, una consolidata inclinazione al crimine.
Quando un reato di spaccio può essere considerato di “lieve entità”?
Un reato di spaccio può essere considerato di lieve entità quando la condotta presenta una minima offensività penale. Questa valutazione si basa sull’analisi complessiva di diversi parametri: la qualità e quantità dello stupefacente, i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e la personalità dell’imputato.
Una grande quantità di stupefacente esclude automaticamente la lieve entità?
Sì, secondo l’orientamento della Cassazione confermato in questa ordinanza, un quantitativo rilevante (in questo caso 249,5 grammi) può essere considerato un indice “negativamente assorbente”, ovvero un elemento talmente grave da escludere da solo la lieve entità, in quanto ritenuto sintomatico di un’attività di spaccio professionale e continua.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e quali sono le conseguenze?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le motivazioni presentate erano manifestamente infondate e non idonee a scalfire la correttezza logico-giuridica della sentenza impugnata. La conseguenza principale, prevista dall’art. 616 c.p.p., è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18570 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18570 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di MESSENA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’imputazione inammissibile.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo e corretta in diritto per quanto concerne l’applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. 2.1. Per consolidata giurisprudenza, invero, il reato in questione può essere riconosciuto in ipotesi di minima offensività pena della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri para richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni alt considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 247911; Sez.U, n.17 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216668).
Nel caso di specie, è proprio tale minima offensività che è stata motivatamente esclusa dai giudici territoriali, alla luce del rilevante quantitativo di stupefacente tro possesso del prevenuto, pari ad un peso lordo complessivo di 249,5 grammi, ritenuto – non illogicamente – indicativo di un pregresso approvvigionamento di stupefacente da destinare a continua cessione e quindi sintomatico di una collaudata professionalità nell’attività spaccio. Anche la motivazione sul diniego di attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen. è incensurabile in questa sede, in quanto fondata sulla negativa personalità del prevenuto desunta dai plurimi precedenti a carico.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2024
Il Consi liere estensore
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Il Presidente