Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5333 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5333 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME, nato a San Gennaro Vesuviano il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli del 17/07/2023
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
letta la memoria di replica depositata dal difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha contestato le conclusioni del PG, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli con ordinanza del 17 luglio 2023 (motivazione depositata il successivo 21 luglio) ha rigettato la richiesta di riesame formulata dall’indagato nei confronti dell’ordinanza emessa dal Gip il 22 giugno 2023, che aveva disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME NOME.
Le contestazioni provvisorie a carico dell’indagato concernono la detenzione di armi da guerra e comuni da sparo (mitra e pistole), con l’aggravante del favoreggiamento mafioso ex art. 416 bis.1 cod. pen., nonché la partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di stampo mafioso pluriaggravata (“RAGIONE_SOCIALE“) nell’ambito della quale “aveva il compito di custodire le armi in uso al RAGIONE_SOCIALE, di gestire la cassa, di setacciare i comuni di San Gennaro Vesuviano, San Giuseppe Vesuviano, Palma Campania e NOME alla ricerca di imprese da estorcere, aggiudicatarie di lavori pubblici in corso di realizzazione, di determinazione del prezzo della “tangente” dopo che i titolari delle imprese erano stati minacciati, di tenere i rapporti con gli affiliati detenuti e di provvedere al loro mantenimento ed a quello delle loro famiglie (compreso quello di COGNOME NOME, arrestato il 14 dicembre 2019)”.
Avverso detta ordinanza NOME NOME, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce tre motivi – declinati quali vizi di motivazione del provvedimento impugnato – e relativi, rispettivamente:
3.1. alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativamente alla contestazione di detenzione delle armi. Al riguardo si rileva che il Tribunale del riesame ha errato nell’interpretazione di due conversazioni intercettate (poste a fondamento di detto addebito, nonostante le armi non siano mai state rinvenute); dall’ascolto di esse emerge che: nella prima – intercorsa tra NOME e altro soggetto non identificato dagli inquirenti, ma indicato dallo COGNOME stesso come il proprio nipote COGNOME NOME NOME egli faceva riferimento alle ll assurde esternazioni U della moglie COGNOME NOME, con la quale si stava separando, che minacciava di parlare di “armi e summit” del tutto inesistenti; nella seconda (tra NOME NOME COGNOME NOMENOME in realtà non si è parlato di “mitra” ma di tale “NOMENOME (un dipendente della società) e il riferimento alle “pistole” era da ricondurre alle pistole dei compressori (tutto materiale che si trovava nei capannoni ove aveva sede operativa la società di edilizia dello NOME);
3.2. all’assenza di elementi idonei a ritenere COGNOME la partecipazione nell’RAGIONE_SOCIALE sostenendosi che gli elementi indicati nell’ordinanza sono o assenti o frutto di travisamento;
3.3. alla sussistenza di attuali e concrete esigenze cautelari, non avendo il Tribunale del riesame considerato il “tempo silente” (i fatti risalgono al 2020), il provvedimento di riabilitazione di prevenzione ottenuto, il nulla osta al rilascio della patente di guida e le relazioni positive della DIA nonché la circostanza che nell’ottobre del 2020 NOME è stato ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare per un reato commesso nel 2009.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – versato prevalentemente in fatto e che non si confronta con le motivazioni, certamente non illogiche, dell’ordinanza del riesame – è manifestamente infondato. 2. Per quanto riguarda la dedotta “erronea interpretazione” delle intercettazioni poste a fondamento della gravità indiziaria relativamente alle contestazioni cautelari, rileva il Collegio che è principio pacifico quello secondo cui nel procedimento “de libertate” la valutazione del contenuto e dei risultati delle intercettazioni telefoniche e del significato delle espressioni usate anche dagli interlocutori costituiscono accertamento di fatto, riservato al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto, come nella specie, da motivazione congrua e logica (Sez. 5, n. 6350 del 22/12/1999 – dep. 2000, Cannavò, Rv. 216269 – 01). Sul punto, il PG nelle sue conclusioni scritte ha correttamente evidenziato che, in materia di intercettazioni, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione (ex plurímis, Sez. 2, n. 27089 del 17/03/2023, Rv. 284795; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784). E si altresì è precisato che è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforrne da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 2, n. 27089 del 17/03/2023, Rv. 284795; Sez. 5, n.1532 del 09/09/2020). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1. Travisamento che nel caso in esame non ricorre. L’ordinanza impugnata dà infatti atto a pag. 8 che, a fronte della censura dell’indagato, il collegio de riesame ha proceduto in camera di consiglio all’ascolto dell’intercettazione ambientale del 2 maggio 2020, relativa alla conversazione tra NOME e NOME circa la detenzione delle armi e mitra – che venivano custodite in un sito
non meglio precisato, dove erano stati occultati da tale “NOMENOME, e ha constatato la corrispondenza con quanto trascritto, mentre la “lettura all:ernativa” proposta dalla difesa (secondo cui il “NOMENOME evocato come significato alternativo sarebbe un dipendente dell’indagato, peraltro deceduto) è certamente meno plausibile. Infondata risulta anche la censura del ricorrente in ordine al contenuto dell’altra intercettazione ambientale, relativa alla conversazione tra l’indagato e un altro soggetto rimsto ignoto nella quale NOME riferiva di essere preoccupato che la moglie lo potesse denunciare e “manifestava, quindi, l’intenzione, per mettersi al riparo da eventuali controlli delle forze dell’ordine, di spostare le armi in luogh diversi e non meglio specificati”. Sul punto, il Tribunale del riesame precisa che inequivoco è il significato della conversazione, il cui valore indiziario non viene scalfito dai messaggi audio asseritamente inviati a mezzo Whatsapp dall’indagato al figlio (messaggi dai quali dovrebbe trarsi la convinzione che la moglie dell’indagato non aveva mai visto, né sentito parlare di armi), atteso che di detti messaggi non è certa né la data, né la provenienza.
Anche la motivazione dell’ordinanza impugnata circa il ruolo dello NOME nella compagine associativa si basa su plurimi e congruenti riscontri indiziari (non adeguatamente contrastati dal ricorrente).
3.1. Invero, la necessaria piattaforma di gravità indiziaria per l’addebito di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE mafiosa viene affermata (paci. 6 s.) attraverso l’esame di una pluralità di risultanze probatorie, relative alla custodia di armi, all intermediazione nell’ambito delle estorsioni, all’assistenza a taluno dei familiari di detenuti, alla partecipazione a una riunione del sodalizio criminale. Condotte, queste (emergenti dal contenuto delle intercettazioni), che sono indicative dello stabile e continuativo inserimento dell’indagato nella struttura organizzativa dell’RAGIONE_SOCIALE, in modo concretamente idoneo ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (condotta integrante la partecipazione ex art. 416 bis cod. pen.: Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889 – 01). E sul punto, risulta condivisibile l’osservazione, contenuta nelle conclusioni scritte del PG, secondo cui dette condotte non integrano semplici rapporti di frequentazione con altri indagati, ma manifestano specifici atti funzionali alle dinamiche illecite dell’organizzazione mafiosa sul territorio, e sono accompagnati dalla volontà del ricorrente di fornire il suo contributo all’interno dell’RAGIONE_SOCIALE.
Per quanto concerne le esigenze cautelari (peraltro relative a delitti assistiti dalla doppia presunzione di adeguatezza ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen.) esse sono giustificate nell’ordinanza impugnata in modo congruo, e dunque non sindacabile in sede di Legittimità.
In particolare, si è evidenziata la circostanza che “l’appartenenza storica, ed anche all’attualità, dello COGNOME all’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, fonda un evidente pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede”.
4.1. Né tale elemento risulta superato dalle argomentazioni difensive ribadite nella memoria di replica – relative all’intervento di un provvedimento di riabilitazione e alle relazioni positive delle forze dell’ordine circa la situazione del NOME, sulla base delle quali nel maggio 2021 è stato emanato il nulla osta al rilascio al predetto della patente di guida. A prescindere dai diversi ambiti delle differenti valutazioni implicate in detti provvedimenti, è evidente che gli elementi emersi nel procedimento penale – dai quali, come indicato, l’ordinanza impugnata ha non illogicamente dedotto l’esistenza della gravità indiziaria – sono ben diversi da quelli posti alla base degli altri atti.
Ugualmente, non pertinente risulta la circostanza, anch’essa evidenziata dal ricorrente, che un altro soggetto, indagato per le medesime contestazioni cautelari, non sia stato sottoposto ad alcuna misura cautelare. Tale profilo viene affrontato dal Tribunale del riesame che evidenzia come in riferimento a costui non sono emersi elementi che consentano di attualizzare il ravvisato pericolo di recidivanza: ciò alla luce del fatto “che le condotte sono infatti circoscritte risalenti, al più, al mese di maggio del 2020” nonché della “incensuratezza dell’indagato”. Situazione personale diversa da quella – evidenziata nell’ordinanza impugnata – propria del ricorrente che risulta “già gravato da plurimi precedenti specifici” e per il quale “contesto e personalità … costituiscono la dimostrazione che la detenzione e il porto delle armi a cui si fa esplicito riferimento nell intercettazioni ambientali erano destinate effettivamente al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua in relazione alla causa di inammissibilità, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La cancelleria è incaricata di provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 6 dicembre 2023
siglie COGNOME esI.ore