Inammissibilità ricorso patteggiamento: la Cassazione fissa paletti invalicabili
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito la rigida disciplina che governa l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, sottolineando come la riforma del 2017 abbia drasticamente ridotto i margini di manovra per i ricorrenti. Il caso in esame, relativo a un’imputazione per bancarotta fraudolenta, offre uno spunto cruciale per comprendere l’inammissibilità del ricorso contro il patteggiamento e le sue severe conseguenze procedurali ed economiche.
I Fatti di Causa
Un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva dal Giudice dell’Udienza Preliminare una sentenza di patteggiamento con una pena fissata a due anni e quattro mesi di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando che il giudice di merito avesse omesso di valutare la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte sull’inammissibilità del ricorso patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure procedere alla fissazione di un’udienza. Gli Ermellini hanno fondato la loro decisione sulla base della disciplina introdotta dalla legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando), che ha modificato in modo sostanziale l’art. 448 del codice di procedura penale. A seguito di questa dichiarazione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si concentra interamente sull’interpretazione e applicazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. La Corte spiega che, per le richieste di patteggiamento successive al 3 agosto 2017, la sentenza è ricorribile in Cassazione solo per un numero chiuso e tassativo di motivi. Questi includono:
1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo non è stato espresso liberamente.
2. Difetto di correlazione: se c’è una discrepanza tra la richiesta di patteggiamento e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato qualificato in modo giuridicamente errato.
4. Illegalità della pena: se la pena applicata è illegale o non conforme ai limiti di legge.
Il motivo addotto dal ricorrente, ossia la mancata valutazione di una possibile causa di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non rientra in questo elenco. Pertanto, il ricorso è stato considerato proposto per un motivo non consentito dalla legge. La Corte ha inoltre specificato che, in base all’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., l’inammissibilità del ricorso contro il patteggiamento deve essere dichiarata de plano, cioè con ordinanza e senza alcuna formalità procedurale, accelerando così la definizione del giudizio. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta e automatica di tale declaratoria, come previsto dall’art. 616 c.p.p.
Le Conclusioni
La pronuncia in esame conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: l’accesso al ricorso per Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento è estremamente limitato. La scelta di questo rito speciale comporta una sostanziale rinuncia a far valere gran parte delle doglianze difensive in sede di legittimità. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve attentamente verificare che i propri motivi rientrino nel perimetro ristretto disegnato dal legislatore del 2017, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità e l’addebito di significative sanzioni economiche. La sentenza cristallizza l’idea che l’accordo tra le parti, una volta ratificato dal giudice, acquisisce una stabilità quasi definitiva, alterabile solo in presenza di vizi eccezionali e specificamente individuati dalla norma.
Dopo la riforma del 2017, per quali motivi si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena applicata.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento è proposto per motivi non consentiti?
La Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile con un’ordinanza emessa ‘de plano’, cioè senza udienza. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
È possibile impugnare un patteggiamento sostenendo che il giudice avrebbe dovuto prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No, secondo la decisione in esame, questo motivo non rientra tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale e, pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36187 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36187 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2025 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di MILANO udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Milano su richiesta delle parti ha applicato a NOME COGNOME, in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, preferenziale e impropria, la pena di anni due e mesi quattro di reclusione;
che il ricorso dell’imputato è inammissibile ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., in quanto è stato proposto avverso la sentenza applicativa di pena ex art. 444 cod. proc. pen., richiesta dopo il 03.08.2017;
che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha stabilito che la sentenza di patteggiamento è ricorribile per cassazione solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiest e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica e all’illegalità della pena e tra t motivi non rientra l’omessa valutazione delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen, cosicché il ricorso è inammissibile in quanto proposto per un motivo non consentito dalla legge;
che, peraltro, in tale ipotesi, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., anch’esso introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 ed applicabile alla fattispecie, l’inammissibilità del ricorso contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti deve essere dichiarata senza formalità di procedura, ossia con ordinanza de plano senza neppure avvisare le parti della fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai fini della instaurazione del contraddittorio;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 4.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 24/09/2025.