Inammissibilità Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spaccato chiaro e didattico sui requisiti formali e sostanziali di un ricorso, evidenziando come la mancanza di specificità e il mancato rispetto dei termini portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità ricorso. Questo provvedimento ribadisce principi fondamentali della procedura penale, essenziali per chiunque intenda impugnare una sentenza.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, confermata dalla Corte di Appello. Altri reati, come la truffa e la bancarotta semplice, erano già stati dichiarati estinti per prescrizione. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione della legge penale e il vizio di motivazione riguardo all’accertamento della sua responsabilità penale. In particolare, contestava la sua identificazione come gestore di fatto della società fallita.
La Decisione della Corte e le Regole sull’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, chiudendo di fatto la vicenda giudiziaria. La decisione si fonda su due pilastri procedurali ben consolidati: la genericità dei motivi di impugnazione e la tardività della presentazione di nuovi argomenti difensivi.
La Genericità dei Motivi di Appello
Il primo punto critico sollevato dai giudici riguarda la natura del motivo di ricorso. La Corte ha osservato che l’imputato non ha mosso critiche specifiche e puntuali alla motivazione della sentenza d’appello. Al contrario, si è limitato a riproporre le stesse censure e argomentazioni già esaminate e respinte, con motivazione logica e coerente, dalla Corte di merito. Quest’ultima aveva chiaramente indicato gli elementi probatori sulla base dei quali era stata attribuita al ricorrente la gestione effettiva della società. Un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve confrontarsi criticamente con la decisione impugnata, non limitarsi a reiterare doglianze già superate.
La Tardività dei Nuovi Motivi e delle Memorie Difensive
In un secondo momento, la difesa ha tentato di integrare il ricorso presentando nuovi motivi e, successivamente, una memoria difensiva. Tuttavia, entrambi gli atti sono stati depositati oltre il termine perentorio previsto dalla legge. Il codice di procedura penale (art. 611, comma 1) stabilisce un termine di quindici giorni liberi prima dell’udienza per il deposito di nuove memorie. Nel caso di specie, essendo l’udienza fissata per il 10 settembre 2025, il termine era già spirato quando gli atti sono stati depositati (il 26 e 27 agosto 2025). Questo ritardo ha reso i nuovi argomenti irricevibili, precludendone ogni esame.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si ancora a principi giurisprudenziali consolidati. L’inammissibilità ricorso per genericità deriva dalla necessità che l’impugnazione contenga una critica specifica e argomentata al provvedimento contestato. Non è sufficiente una mera riproposizione di argomenti già vagliati, ma è richiesto un confronto diretto e puntuale con le ragioni della decisione di secondo grado. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione.
Inoltre, il rigido rispetto dei termini processuali è un cardine dello stato di diritto, volto a garantire la certezza dei rapporti giuridici e la ragionevole durata del processo. La tardività nel deposito di atti difensivi integrativi comporta la loro automatica inammissibilità, senza possibilità di sanatoria. La conseguenza diretta della declaratoria di inammissibilità è la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione palesemente infondata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rappresenta un monito fondamentale: il diritto di impugnazione deve essere esercitato con rigore tecnico e rispetto delle scadenze procedurali. Un ricorso generico, che non dialoga criticamente con la sentenza impugnata, è destinato all’insuccesso. Allo stesso modo, la strategia difensiva deve essere pianificata per tempo, poiché i termini perentori stabiliti dal legislatore non ammettono deroghe. La decisione conferma che l’accesso alla giustizia è un diritto che va esercitato con responsabilità, per evitare non solo una pronuncia sfavorevole, ma anche ulteriori conseguenze economiche.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni evidenziate in questa ordinanza: 1) quando i motivi sono generici, ossia si limitano a ripetere argomenti già respinti nei gradi precedenti senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata; 2) quando nuovi motivi o memorie vengono presentati oltre i termini perentori previsti dalla legge.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è dovuta a colpa del ricorrente (come nel caso di motivi palesemente infondati), viene anche condannato al pagamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
È possibile presentare nuovi argomenti dopo aver depositato il ricorso in Cassazione?
Sì, è possibile presentare nuovi motivi o memorie difensive, ma è necessario rispettare un termine perentorio. Come specificato nel provvedimento, tali atti devono essere depositati almeno quindici giorni liberi prima della data fissata per l’udienza. Il mancato rispetto di questo termine rende gli atti irricevibili e, di conseguenza, non possono essere presi in considerazione dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34434 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34434 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VENEZIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di che ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, dichiarando di non doversi pro ordine ai reati di truffa e bancarotta semplice (capi a) e d) per essere gli stessi estinti e confermato la penale responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ritenuto che l’unico motivo di ricorso – che deduce la violazione della legge pena di motivazione in ordine alla penale responsabilità del ricorrente per il reato di banca confronta con la motivazione della decisione impugnata (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Le Rv. 254584 – 01) non muovendo compiute critiche a tale iter bensì reiterando il medesimo ordine di censure disattese con motivazione congrua, logica e conforme al diritto dalla Corte di m spec. p. 7 della pronuncia impugnata, ove sono indicati in particolare gli elementi sull quali è stata attribuita al ricorrente l’effettiva gestione della società fallita);
ritenuto che: non possono condurre a una diversa statuizione i motivi nuovi pres 26 agosto 2025, nell’interesse del ricorrente in ragione dell’inammissibilità dei motivi ar ricorso (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01) e, comunque, qua spirato il termine di quindici giorni prima dell’udienza del 10 settembre 2025, da computa liberi, con esclusione sia del dies a quo, sia del dies ad quem, il che esime da ulteriori considerazioni; né deve tenersi conto della memoria depositata, nell’interesse dell’imputato, il 27 ag dunque, parimenti quando era già spirato il termine di liberi prima della stessa udienza, p 611, comma 1, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 7, ord. n. 23092 del 18/02/2015, COGNOME, Rv 01; cfr. Sez. 3, Ord. n. 30333 del 23/04/2021, Altea, Rv. 281726 – 01; Sez. 1, n. 27/05/2019, R., Rv. 276414 – 01; Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, S., Rv. 274040 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui c ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonc ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 26758 versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determina euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/09/2025.