Quando un Ricorso in Cassazione è Destinato all’Insuccesso? Il Caso della Tenuità del Fatto
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei confini del giudizio di legittimità e delle ragioni che possono portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo provvedimento sottolinea come la Suprema Corte non sia un ‘terzo grado di giudizio’ dove poter ridiscutere i fatti, ma un organo deputato a garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questo caso per capire perché le doglianze del ricorrente non hanno superato il vaglio di ammissibilità.
I Fatti del Caso: Ricorso contro la Decisione d’Appello
Un soggetto, condannato dalla Corte di Appello, ha presentato ricorso per cassazione lamentando principalmente due aspetti. In primo luogo, contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale. In secondo luogo, si doleva del riconoscimento della recidiva, ritenendola ingiustificata.
Il ricorrente sperava che la Suprema Corte potesse rivalutare le circostanze del reato e la sua storia personale per ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole.
La Decisione della Suprema Corte: L’inammissibilità del ricorso
La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o della pena, ma si ferma a un livello precedente: valuta se le questioni sollevate siano ammissibili in sede di legittimità. La Corte ha stabilito che i motivi presentati erano, in sostanza, una richiesta di riesaminare le valutazioni di fatto già compiute dal giudice d’appello, un’operazione preclusa alla Cassazione.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Cassazione: I Limiti del Giudizio di Legittimità
La Corte ha spiegato in modo dettagliato perché le censure del ricorrente non potevano essere accolte, fornendo una lezione sui confini tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
Sulla Particolare Tenuità del Fatto
Il primo motivo di ricorso, relativo alla tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile perché la Corte di merito aveva già fornito una motivazione logica e congrua per escluderla. Il giudice d’appello aveva valorizzato elementi fattuali specifici: le modalità della condotta, la pericolosità desunta dalla reiterazione di violazioni di una precedente misura cautelare (di cui quella contestata era un aggravamento), nonché la durata e l’arbitrarietà dell’allontanamento. La Cassazione ha ribadito che queste sono ‘valutazioni di fatto’ che, se non affette da vizi logici evidenti, non possono essere rimesse in discussione in sede di legittimità. Non spetta alla Suprema Corte, infatti, compiere una ‘diversa ed autonoma rivalutazione’.
Sulla Questione della Recidiva
Anche il secondo motivo, riguardante l’applicazione della recidiva, è stato considerato inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni del ricorrente erano una mera ‘reiterazione’ dei motivi già presentati in appello. La Corte territoriale li aveva già respinti con una motivazione ‘adeguata’ che teneva conto del numero, della gravità e dell’epoca dei precedenti penali. Pertanto, anche su questo punto, il ricorso si risolveva in una critica alla valutazione di merito del giudice precedente, non in una censura su un errore di diritto.
Le Conclusioni: Cosa Impariamo da Questa Ordinanza
Questa ordinanza è emblematica per comprendere la funzione della Corte di Cassazione nel sistema penale. Il suo compito non è rivalutare le prove o sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici di merito. Il suo ruolo è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già vagliate, senza evidenziare vizi di legittimità, l’esito non può che essere una declaratoria di inammissibilità, con le conseguenti sanzioni economiche a carico del ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte non lamentavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma chiedevano una nuova valutazione dei fatti già esaminati dalla Corte d’Appello, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Su quali basi la Corte d’Appello aveva escluso la ‘particolare tenuità del fatto’?
La Corte d’Appello aveva escluso la tenuità del fatto basandosi su elementi concreti, come le modalità della condotta, la pericolosità del soggetto dimostrata dalla violazione ripetuta di una precedente misura cautelare, e la durata e arbitrarietà del suo allontanamento. Queste valutazioni sono state considerate logiche e ben motivate.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15060 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15060 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo dedotto in tema di 131-bis cod. pen. appare inammissibile avendo la Corte di merito escluso l’oggettiva tenuità del fatto per le modalità del l fatto in ragione della pericolosità desunta dalla reiterazione delle violazioni di altra precedente misura cautelare di cui quella domiciliare costituiva un aggravamento, e dalla durata e arbitrarietà dell’allontanamento, di conseguenza si tratta di valutazioni che non possono dirsi affette da evidenti vizi logici e quindi non sono suscettibili di una diversa ed autonoma rivalutazione in sede di legittimità;
ritenuto che anche le censure in merito alla applicazione della recidiva appaiono reiterative dei motivi di appello, respinti con motivazione adeguata rispetto al numero, gravità e epoca dei precedenti penali;
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condannaílffl ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 22 marzo 2023
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