Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19449 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME CARMINE RUSSO
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato ad Asti il 22/07/2003 NOME nato ad Asti il 05/06/2001 avverso la sentenza del 18/07/2024 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore genrale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo, la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato quella, resa il 17 novembre 2023, con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Asti, in esito a giudizio abbreviato, aveva dichiarato:
NOME COGNOME responsabile dei reati di detenzione e porto di arma da sparo, marca COGNOME, cal. 9×21 (capo 1), di tentato omicidio (capo 2), detenzione e porto di varie armi da sparo (capo 3), detenzione illegale di una pistola marca RAGIONE_SOCIALE (capo 4), ricettazione (capo 5), detenzione di stupefacente (capo 6), unificati ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. pen.;
NOME COGNOME responsabile dei reati di detenzione e porto illegale di armi comini da sparo (capo 3), detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (capo 6), unificati ai sensi dell’art. 81secondo comma, cod. pen.
SicchØ, avuto riguardo alla diminuente per il rito prescelto, COGNOME era condannato alla pena di otto anni e otto mesi di reclusione, Cestari a quella di cinque anni, quattro mesi di reclusione ed euro 24.000,00 di multa; entrambi erano condannati alle sanzioni accessorie dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
Il Giudice di appello, quanto a COGNOME, ha ritenuto il fatto contestato sub 4) assorbito in quello di cui al capo 3), ha assolto l’imputato per non avere commesso detto fatto e, ritenuta l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d. P.R. n. 309 del 1990 ha rideterminato la pena in quella di otto anni, quattro mesi, nonchØ a quella di quindici giorni di arresto per la contravvenzione di cui al capo c) del processoriunito reclusione.
Quanto a COGNOME ha assolto l’imputato dal reato di porto delle armi di cui al capo 3) per non avere commesso il fatto e dichiarato non doversi procedere nei suoi riguardi per la condotta di detenzione della pistola a tamburo di cui allo stesso capo 3) perchØ già giudicata con sentenza della stessa Corte di appello , in data 7 settembre 2023, irrevocabile l’8 febbraio 2024; quindi ha rideterminato la pena in quella di due anni di reclusione ed euro 6.000,00 di multa ed eliminando nei suoi riguardi .
Quanto alla vicenda delittuosa avvenuta la sera del 19 aprile 2022, le acquisizioni probatorie,
di cui si dirà appresso, hanno condotto i Giudici di merito alla conforme ricostruzione nei termini che seguono.
COGNOME, che si era recato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Asti per le condizioni di salute dell’amico e coimputato NOME COGNOME (ferito qualche ora prima), aveva esploso, con una pistola tipo Glock cal. 9×21, a braccio teso, ad altezza uomo e da una distanza ravvicinata, due colpi d’arma da fuoco in direzione dei passeggeri di alcune autovetture che stavano transitando nella corsia di uscita del citato Pronto Soccorso.
Il Giudice di primo grado ha fondato il giudizio di penale responsabilità per il reato di tentato omicidio degli occupanti delle autovetture e dei connessi reati inerenti alle armi sulla base: i) delle dichiarazioni rese da piø testimoni oculari; ii) delle immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza allocate presso l’ospedale e nelle vicine pubbliche vie; iii) del rinvenimento, sul luogo dell’esplosione, di un bossolo di proiettile; iv) dei risultati della consulenza tecnica balistica del dott. COGNOME; v) delle indagini svolte sui profili dei social network riferibili agli imputati; vi) della complessa attività investigativa svolta sulla targa dell’auto Mini Cooper Countryman e sui tracciati GPS di tale veicolo, nonchØ dei tabulati telefonici delle utenze del soggetti presenti presso il Pronto Soccorso; vii) del referto sanitario riguardante COGNOME; viii) delle emergenze delle intercettazioni telefoniche sui telefoni in uso agli imputati e altri soggetti, nonchØ delle captazioni ambientali nell’auto Mini Cooper e nell’abitazione dove COGNOME, a partire dal 26 aprile 2022, era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per altra causa; ix) delle dichiarazioni di numerose persone informate sui fatti; x) infine su quanto emerso e riprodotto nei verbali di perquisizione e sequestro del 30 giugno 2022 presso l’abitazione di COGNOME.
Quanto, poi, alle condotte contestate sub capi 4) e 5), COGNOME Ł stato condannato per avere, in concorso con NOME (giudicato per gli stessi fatti in separato procedimento), detenuto e portato in luogo pubblico la rivoltella marca Smith & Wesson TARGA_VEICOLO e ricettato detta pistola, risultata provento di furto e trovata in possesso di NOME.
L’affermazione di responsabilità riposa sulle emergenze delle captazioni ambientali, sui verbali di arresto e sequestro, infine sulla denuncia presentata dal legittimo titolare dell’arma.
Da ultimo – ancora una volta sulla scorta di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali e telefoniche, nonchØ dai verbali di sequestro di sostanza stupefacente – entrambi gli imputati erano condannati per i reati di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente, cui al capo 6), ritenuta l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 d. P.R. n. 309 del 1990.
Avverso la sentenza di secondo grado COGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso, con unico atto, a mezzo del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME che ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta di tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano la violazione di legge e plurimi vizi di motivazione in punto di ribadita affermazione di responsabilità di COGNOME per i reati di cui ai capi 1) e 2).
Il ricorrente censura, in primo luogo, l’erroneità della ritenuta inammissibilità dei motivi di appello, per nulla incompleti e generici, ma che andavano a introdurre elementi di dubbio nella costruzione accusatoria.
In secondo luogo si afferma che il Giudice di secondo, pur se entrato nel merito di dette censure, non si sarebbe realmente confrontato con i numerosi elementi posti a ragione dell’assenza di prova dell’idoneità e univocità degli atti per la configurabilità del tentato omicidio. Con l’atto di appello si segnalava, invero, l’assenza di prova che l’arma fosse vera (e non giocattolo), che i proiettili fossero anch’essi veri (e non “a salve”), che non fosse inequivoca l’intenzione di uccidere. Tali assunti erano stati dalla difesa ancorati al mancato rinvenimento di proiettili o ogive, al rinvenimento di un solo bossolo, alla circostanza che l’impronta quadrata-rettangolare lasciata sul fondello del bossolo fosse compatibile anche con un’arma giocattolo o con cartucce caricate “a
salve”, al fatto che la distanza e la posizione di sparo fossero oggettivamente incompatibili con la possibilità di colpire le persone a bordo delle autovetture, infine all’illogicità di una ricostruzione secondo la quale COGNOME volesse uccidere la madre e la sorella del proprio amico fraterno COGNOME
Le argomentazioni svolte dalla Corte di appello per superare tali censure sarebbero meramente assertive, talvolta trasmodanti in «illazioni» ovvero in un «puro esercizio di fantasia» (così a p. 3 e 5 del ricorso) e, comunque, non aderenti alle risultanze di prova.
In definitiva, il Giudice di appello avrebbe negletto la propria funzione di controllo della sentenza di primo grado e si sarebbe limitato a recepirne acriticamente le argomentazioni.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ribadita affermazione di responsabilità di entrambi i ricorrenti per il reato di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti e del solo COGNOME con riferimento all’accertamento della detenzione delle armi.
Il ricorrente lamenta l’assenza e, comunque, l’apparenza della motivazione sul punto perchØ la Corte di appello ha fatto ricorso alla motivazione per relationem e al principio della c.d. doppia conforme in un caso non consentito. Infatti, secondo la tesi del ricorrente, il richiamo alla motivazione del giudice di primo grado Ł possibile solo che questa vi sia, mentre – nel caso di specie – il Giudice delle indagini preliminari si sarebbe limitato alla mera trascrizione delle intercettazioni ritenute rilevanti. A sua volta, la Corte di appello, anzichØ colmare tale vuoto argomentativo, si sarebbe limitata a richiamarne lo scarno apparato argomentativo attraverso un richiamo alla sentenza di primo grado, per nulla soddisfacente per ritenere provata la responsabilità penale dei ricorrenti del detti reati.
2.3. Con il terzo motivo Ł lamentata, riguardo alla posizione di COGNOME, l’assenza di motivazione in punto di dosimetria della pena.
Il trattamento sanzionatorio riservatogli sarebbe «del tutto privo del percorso seguito per pervenire alla definitiva quantificazione della pena e delle le ragioni che lo sottendono».
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 16 febbraio 2025, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso si caratterizza per l’evidente incursione nella valutazione di merito, non consentita a questa Corte e, come tale, non supera il vaglio di ammissibilità.
La prima parte del primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondata, perchØ riguardante un asserito difetto o contraddittorietà della motivazione del tutto inesistente.
2.1. Nella sentenza impugnata, la Corte di appello, ha fatto buon governo del consolidato insegnamento di legittimità – che ha espressamente richiamato in premessa – per cui, la sentenza appellata e quella di appello, quando vi sia coerenza delle conclusioni raggiunte a integrare una c.d. doppia conforme, si completano reciprocamente formando un tutto organico e inscindibile, al quale occorre fare riferimento per giudicare la completezza e correttezza della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Ha, inoltre, del pari pertinentemente, ricordato la sicura legittimità del ricorso alla c.d. motivazione per relationem, sia pure alle condizioni fissate da questa Corte, nel suo massimo consesso (Sez. U n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664 – 01).
SicchØ, muovendo da tali premesse, dopo avere condiviso l’apparato logico-argomentativo posto a base della decisione gravata, ha osservato che le doglianze difensive si appalesavano del tutto inidonee a confutare le esaustive e condivisibili argomentazioni svolte dal primo Giudice, là dove ha attentamente ricostruito i fatti occorsi attraverso un analitico vaglio delle risultanze di prova,
traendone ineccepibili conclusioni in diritto.
Segnatamente, la Corte di appello ha in primo luogo evidenziato che, nell’atto di appello (così come nel ricorso per cassazione, come si vedrà appresso), la difesa non aveva contestato che COGNOME, nella notte del 19 aprile 2022, si fosse recato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Asti e avesse esploso due colpi d’arma da fuoco, ma aveva censurato l’illogicità dell’ipotizzata condotta dell’imputato che, precipitatosi presso l’ospedale per sincerarsi delle condizioni di salute dell’amico fraterno NOME COGNOME avesse, del tutto irragionevolmente, sparato alla madre e alla sorella di costui con l’intento di ucciderle.
Il Giudice di appello ha poi posto in rilievo che la difesa aveva lamentato l’assenza di prova che l’imputato avesse sparato quei colpi con un’autentica arma da fuoco e non che avesse piuttosto esploso colpi “a salve” con un’arma giocattolo. Tesi, quella difensiva, che sarebbe stata dimostrata dai seguenti elementi: i) dal fatto che l’impronta quadrata/rettangolare, tipica dell’esplosione con una pistola Glock e, difatti, riscontrata sul bossolo rinvenuto sul luogo del fatto, esaminato dal consulente dell’Accusa dott. COGNOME ben poteva essere compatibile con armi giocattolo o che avessero esploso colpi “a salve”; ii) dal rinvenimento di un solo bossolo anzichØ due (numero dei colpi esplosi) e dal fatto che nessun proiettile (sebbene COGNOME avesse tenuto il braccio teso ad altezza uomo, il bersaglio fosse di grandi dimensioni e lo sparatore esperto nell’uso delle armi) avesse attinto gli occupanti dell’auto; iii) dal fatto che nessuna prova attendibile poteva trarsi dalle dichiarazioni dei testimoni oculari, considerate la fulmineità dell’azione e la condizione emotiva di essi, terrorizzati dalla situazione; iv) dall’irrilevanza, ai fini della dimostrazione della qualità di arma vera, del contenuto delle intercettazioni, da considerarsi il mero frutto di un atteggiamento autoreferenziale e di vanteria da parte di COGNOME.
Rileva il collegio come – a fronte di tali doglianze – il Giudice di appello ha osservato (§10.3. della sentenza) che la difesa si era limitata a censurare soltanto alcuni aspetti del compendio probatorio e del corredo motivazionale della decisione appellata, senza rapportarsi con il tenore delle captazioni, con l’integrale contenuto della consulenza tecnica del dott. COGNOME, infine con il verbale di sequestro della pistola nel confronti di COGNOME. Ciò – unitamente alla considerazione che la difesa non aveva prodotto alcuna documentazione conforto delle proprie ipotesi ricostruttive (per tutte, una consulenza tecnico-balistica di parte sul bossolo di proiettile ovvero sull’interpretazione delle intercettazioni concernenti le c.d. “armi parlate”), sì da supportate l’ipotesi difensiva secondo cui l’assistito avrebbe sparato un colpo “a salve” con una pistola giocattolo e non avrebbe mai detenuto nØ maneggiato armi vere – aveva indotto il Giudice di appello a far risaltare l’incompletezza e genericità delle doglianze e, dunque, l’inammissibilità dei motivi di appello.
Si tratta, con ogni evidenza, di una motivazione che – rilevata nel gravame l’assenza di un’esplicita enunciazione e argomentazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata – si pone nel solco della granitica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale «Ł inammissibile, per difetto di specificità del motivo, l’atto di appello con cui il ricorrente si limiti a contestare un punto della decisione, senza indicare le ragioni, di fatto o di diritto, in base alle quali non sarebbero condivisibili le valutazioni del giudice di primo grado» (tra molte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 22/02/2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01;Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, COGNOME, Rv. 287205 – 01; Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, COGNOME, Rv. 277811 – 01).
2.2. In ogni caso, deve rilevarsi che il Giudice di secondo grado, nonostante la ritenuta aspecificità delle censure, le ha valutate nel merito, respingendole.
¨ ugualmente inammissibile, perchØ generica e reiterativa, Ł la seconda parte del primo motivo, che si appunta sulle relative motivazioni della Corte territoriale.
Infatti, diversamente da quanto lamentato da parte del ricorrente, la Corte di appello, con motivazione priva di aporie razionali, ha individuato plurimi elementi che consentono di affermare, al
di là di ogni ragionevole dubbio, che l’imputato ha esploso due colpi d’arma da fuoco “vera” (non giocattolo, nØ “a salve”), indirizzando gli spari verso le auto che stavano uscendo dal parcheggio del nosocomio, con ciò ponendo in essere una condotta idonea e diretta in modo non equivoco a provocare la morte delle persone che stavano viaggiando a bordo di tali mezzi.
Tali elementi sono stati individuati, con motivazione analitica e logicamente congrua, nei seguenti elementi: i) le conclusioni del consulente tecnico, secondo cui l’unico bossolo rinvenuto nei pressi dell’ospedale era compatibile con l’utilizzo di una pistola semiautomatica Glock calibro 9×21, dunque, non con una pistola giocattolo; ii) le caratteristiche oggettive del bossolo, privo dell’apertura “a corolla”, che ne evidenziano il caricamento con munizioni non “a salve”; iii) le emergenze delle intercettazioni ambientali, eseguite presso l’abitazione di COGNOME, puntualmente indicate nel § 10.5 della sentenza impugnata, da cui emerge che i ricorrenti detenessero delle armi vere che utilizzavano per uccidere («gli sparavo adesso giuro sulla tomba di mio nonno», «gli sparo in faccia», «c’avevo il ferro in mano, te lo giuro»,«se me lo trovavo davanti lo spegnevo stamattina», « ci sparo in faccia a lei», «prenditi la mia Magnum»,«quella il col tamburo tutta disegnata»).
La Corte di appello si Ł fatta altresì carico – ancora una volta rendendo una motivazione logicamente coerente – di chiarire la ragione per la quale il rinvenimento di un solo bossolo fosse compatibile con le deposizioni testimoniali (che facevano propendere per l’esplosione di piø spari), indicando come plausibile l’avvenuto immediato recupero di uno dei due bossoli da parte dello stesso COGNOME, animato sia dall’intento di non lasciare tracce sul luogo, sia dalla possibilità di “riciclare” il bossolo stesso mediante la ricarica. Ugualmente, il Giudice di appello ha indicato le diverse, e altrettanto plausibili spiegazioni, per il fatto – immotivatamente enfatizzato dalla difesa che non siano stati trovati i due proiettili esplosi.
A fronte di tali argomentazioni, il ricorrente si Ł limitato a obiettarne, in modo generico la fallacia e la non condivisibilità, in tal modo destinando le relative censure alla declaratoria d’inammissibilità.
2.3. Rileva, dunque, il Collegio che la congiunta lettura delle sentenze di merito consente di porre in risalto la correttezza della ricostruzione in fatto dell’aggressione e la conseguente ritenuta sussistenza del reato di tentato omicidio.
Vettoretti, infatti, esplose due colpi di pistola perfettamente funzionante e caricata con proiettili non “a salve”, con il braccio proteso, ad altezza uomo, puntando alle due auto in transito, come concordemente dichiarato da tre testi oculari.
In conformità a tali elementi di fatto, la Corte di appello ha ritenuto provate tanto l’idoneità degli atti, quanto la loro univocità a cagionare la morte di una o piø persone, ritenendo viepiø pacifico l’atteggiamento psicologico del dolo intenzionale – nonostante la mancanza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato – inferendola dalla valutazione congiunta e ragionata delle modalità della condotta, dalla natura del mezzo usato (una pistola Glock cal. 9×21), dal numero (almeno due) e dalla direzione del colpi (ad altezza uomo e tendendo il braccio per puntare l’obiettivo), infine dalla distanza ravvicinata (pochi metri) tra lo sparatore e le potenziali vittime.
Si tratta di motivazione che si pone nel solco del principio consolidato secondo cui «in materia omicidio volontario e, precipuamente, in relazione alla valutazione della sussistenza o meno dell’animus necandi, la prova del dolo omicidiario Ł prevalentemente affidata alle peculiarità estrinseche dell’azione criminosa, aventi valore sintomatico in base alle comuni regole di esperienza, quali il comportamento antecedente e susseguente al reato, la natura del mezzo usato, le parti del corpo della vittima attinte, la reiterazione dei colpi, nonchØ tutti quegli elementi che, secondo l’id quodplerumqueaccidit, abbiano un valore sintomatico (Sez. 1, Sentenza n. 28175 del 08/06/2007, Marin, Rv. 237177; Sez. 1, n. 15023 del 14/2/2006, COGNOME, Rv. 234129), con la specificazione che la valutazione delle prove della volontà omicida costituisce un giudizio di fatto che non può essere sindacato in sede di legittimità quando sia sorretto da logica e adeguata
motivazione (in tal senso già Sez. 1, n. 5966 del 19/10/1987, dep. 1988, COGNOME, Rv. 178406).
Da ultimo, deve evidenziarsi che la sentenza oggetto di ricorso ha anche chiarito l’irrilevanza della dedotta assenza, almeno apparente, di un movente, per un verso richiamando e condividendo le argomentazioni sul punto contenute nella sentenza di primo grado secondo cui (dove si Ł richiamato un episodio in cui COGNOME aveva puntato la pistola alla tempia di un amico) il motivo dell’azione poteva essere rinvenuto nell’indole dell’imputato, incline a perdere facilmente il controllo di sØ e a fare ricorso alla violenza, anche nei confronti di persone a lui vicine se persuaso che il loro comportamento da esse serbato non sia stato corretto; per altro verso il Giudice di appello ha rammentato l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui «L’assenza di movente dell’azione omicidiaria Ł irrilevante ai fini dell’affermazione della responsabilità, allorchØ vi sia comunque la prova dell’attribuibilità di detta azione all’imputato, non risolvendosi il suo mancato accertamento nell’affermazione probatoria di assenza di dolo del delitto di omicidio, o, tanto meno, di assenza di coscienza e volontà dell’azione» (Sez. 5, n. 20851 del 12/03/2021, COGNOME, Rv. 281109 01; Sez. 5, n. 22995 del 03/03/2017, M., Rv. 270138 – 01; Sez. 1, n. 31449 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 254143 – 01).
A-specifico e reiterativo Ł anche il secondo motivo di ricorso, riguardante i capi 5) e 6).
E’, infatti, destituita di ogni fondamento la censura secondo cui il richiamo, da parte del Giudice di appello, alla motivazione della sentenza di primo grado si sarebbe tradotto in un mancato vaglio delle doglianze difensive.
Osserva in primo luogo il Collegio come, a fronte dell’analitica motivazione, contenuta nel § 12, che ha consentito alla Corte di appello di delimitare le condotte contestate e giungere a sia pur parziali assoluzioni, il ricorrente non svolge in questa sede alcuna doglianza riguardante il capo 3).
venendo, dunque, alle condotte contestate al capo 5), contrariamente a quanto assumono i ricorrenti, la Corte di secondo grado ha indicato gli elementi probatori sulla scorta dei quali ha ritenuto corretta la conclusione del primo Giudice, secondo cui costoro avevano detenuto, presso l’abitazione di Vettoretti, sostanza stupefacente a fine di spaccio e ne avevano effettivamente fatto commercio, non limitandosi a fare rinvio – pur possibile a fronte di censure generiche degli appellanti – al discorso giustificativo della sentenza di primo grado, ma richiamando, ovviamente per sintesi e a titolo dichiaratamente esemplificativo, il contenuto della pletoradi conversazioni captate nelle quali si fa riferimento a quantità («50 grammi solo domani») e qualità («lo ci tengo alla qualità») della sostanza, nonchØ ai relativi introiti («100 euro»; «ci vediamo domani sera, i soldi, si domani te li porto tutti cash»), di cui al progr. 1220 del 14/07/2022), e le perquisizioni svolte presso l’abitazione di COGNOME, in esito alle quali erano rinvenuti quantitativi di stupefacenti del tipo hashish, marijuana e cocaina.
A p. 37, infine, il Giudice di appello ha indicato le conversazioni attestanti il coinvolgimento nell’attività di narcotraffico da parte di NOME COGNOME conversazioni con le quali il ricorso omette del tutto di confrontarsi.
A non miglior sorte Ł destinato il motivo sulla dosimetria della pena inflitta a COGNOME, che la difesa invoca come eccessiva, ancora una volta, con una modalità priva di specificità, come risulta evidente dal tenore del motivo ricorso, sopra riportato nella sua integralità.
E, altro canto, il Giudice di appello ha dedicato al trattamento sanzionatorio di COGNOME un’articolata motivazione nella quale: i) ha richiamato i parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e fatto esplicito riferimento alla particolare gravità del tentato omicidio sub capo 2), in ragione dell’estrema pericolosità dell’arma utilizzata e del luogo di commissione (presso un nosocomio, alla presenza di altre persone), oltre alla spiccata capacità a delinquere dell’imputato, inferita dalla rilevantissima pervicacia nel perpetuare la commissione di gravi condotte delittuose, nonostante l’adozione nel sui riguardi di provvedimenti autoritativi (misure cautelari, perquisizioni e sequestri) e, per tale via,
condividendo la pena base fissata dal Giudice di primo grado; ii) ha motivato le ragioni del quantum di aumento per ciascun reato, sia laddove ha ritenuto la congruità di quello parametrato dal Giudice per l’udienza preliminare, sia laddove ha indicato un’autonoma quantificazione; iii) ha evidenziato l’errore in cui era incorso il Giudice di primo grado, laddove aveva omesso di applicare anche l’aumento di pena pecuniaria, evidenziando che si trattava di errore non emendabile in assenza di appello del Pubblico ministero, sicchØ ha chiarito di avere osservato la stessa regola anche nel calcolare gli aumenti di pena per le omologhe violazioni in materia di stupefacenti sub capi A) e B) del processo riunito.
Ebbene, di fronte a una motivazione di tal fatta, davvero non si comprende l’oggetto della censura che si addebita alla sentenza impugnata, soprattutto in una materia, quella della parametrazione della pena, affidata alladiscrezionalità del giudice di merito che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. e che non Ł tenuto a una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma che può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata.
SicchØ Ł inammissibile una censura – come quella del ricorrente – che, nel giudizio di cassazione, miri a una nuovavalutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di meroarbitrio o di ragionamento illogico (SEz. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014,COGNOME, Rv. 259142); ipotesi che – nel caso di specie – non ricorre.
Per le ragioni esposte, l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sent. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione del contenuto dei motivi dedotti, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 25/02/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME