Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27436 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27436 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 10/02/1957
avverso l’ordinanza dell’06/03/2025 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito l’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la richiesta di riesame, proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio, emesso dal Pubblico ministero in data 25
gennaio 2025, di tre tipi di sostanza stupefacente (gr. 3 di cocaina, gr. 26 di hashish, gr. 4,6 di marjuana) per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, dando atto come lo stupefacente sequestrato superasse la soglia dell’uso personale e fosse indispensabile per operare gli accertamenti tecnici necessari e comunque suscettibile di confisca obbligatoria.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Violazione di legge per assenza dei presupposti legittimanti la perquisizione domiciliare, strumentale al sequestro, avvenuta in violazione dell’art. 14 Cost. e delle norme processuali (attività di prevenzione e repressione in materia di stupefacenti, autorizzazione preventiva del magistrato, motivi di particolare necessità e urgenza indicati dall’art. 103, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990), senza che il provvedimento impugnato abbia operato alcun controllo e con una motivazione meramente apparente del Pubblico ministero, rilevandosi l’illegittimità costituzionale del sistema processuale che non consente l’autonoma impugnazione, dinnanzi al Tribunale del riesame, del solo decreto di perquisizione, o della sua convalida.
2.2. Violazione di legge per omessa motivazione, nel decreto di convalida del sequestro probatorio, dei requisiti di legge indicati dalla giurisprudenza di legittimità recando solo una descrizione generica della condotta contestata e degli accertamenti da compiere sulla sostanza.
2.3. Violazione di legge e omessa motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delitti in quanto la presenza, nell’appartamento di Verdesi, della sostanza stupefacente era riconducibile al solo uso personale, visti anche i documentati redditi leciti ed ingenti del Verdesi, non bastando il mero dato quantitativo valorizzato dal Tribunale nonostante l’assenza di elementi espressivi di un’attività di spaccio (denaro, bilancini, strumenti per il confezionamento).
2.4. Violazione di legge e omessa motivazione in ordine all’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da COGNOME su sollecitazione della Polizia giudiziaria, non sottoscritte e in assenza del difensore, con l’effetto di rendere nullo il decreto.
2.5. Violazione di legge in quanto la nullità della perquisizione e del sequestro, operati dalla Polizia giudiziaria in violazione delle norme costituzionali e processuali, impongono la restituzione di quanto in sequestro anche ove si tratti di corpo del reato o cose pertinenti al reato. Peraltro, nella specie, dovendosi qualificare il fatto ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 309 del 19900 quanto sequestrato andrebbe trasferito all’Autorità amministrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Il primo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono manifestamente infondati.
Con decreto del 25/01/2025, il Pubblico ministero, nell’ambito del procedimento iscritto a carico di NOME COGNOME per il delitto di cui all’art. 7 d.P.R. n. 309 del 1990, convalidava la perquisizione domiciliare eseguita dalla Polizia giudiziaria sul presupposto che presso l’abitazione potessero rinvenirsi sostanze stupefacenti, con conseguente sequestro di quelle rinvenute (gr 3 di cocaina, gr 26 di hashish, gr 4,6 di marjuana).
Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame avverso il provvedimento di convalida del decreto di sequestro probatorio, osservando che: a) esula dai poteri del giudice del riesame la verifica della legittimità dell perquisizione e del sequestro dovendosi limitare ad «accertare se il bene sottoposto a vincolo sia davvero strumentale rispetto al futuro accertamento penale, senza arrecare un inutile sacrificio di diritti personali» (pag. 2); b) nel caso di specie, al momento della convalida del Pubblico ministero vi erano gli elementi indiziari a carico del ricorrente per il delitto di detenzione di stupefacenti ipotizzat per come confermato dagli esiti della perquisizione e del narcotest; c) il decreto dava conto della relazione di pertinenza tra il reato ipotizzato e le sostanze stupefacenti sequestrate in quanto corpo del reato, suscettibili di confisca obbligatoria, e la concreta finalità probatoria perseguita ai fini dei necessari accertamenti tecnici.
Il provvedimento impugnato, costituito dall’ordinanza del Tribunale del riesame e non anche dal decreto di convalida del Pubblico ministero o, prima ancora, dal provvedimento di sequestro di iniziativa della Polizia giudiziaria, ha correttamente rigettato il riesame proposto dalla difesa seguendo la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità fondata sul principio di tassatività delle impugnazioni, previsto dall’art. 568, primo comma, cod. proc. pen.
L’art. 252-bis cod. proc. pen, richiamato dall’art. 352, comma 4-bis, cod. proc. pen., consente all’indagato e al soggetto interessato di proporre opposizione al decreto di emissione o di convalida della perquisizione al giudice per le indagini preliminari, il quale può accoglierla «quando accerta che la perquisizione è stata disposta fuori dei casi previsti dalla legge». Al contrario, non è stato previsto alcun rimedio specifico contro una perquisizione a cui è seguito un sequestro (c.d. perquisizione positiva), come quello di specie, in quanto la costante giurisprudenza
di questa Corte ne ammette l’impugnabilità solo contestualmente al provvedimento ablativo, per mezzo del riesame.
Le Sezioni unite hanno sancito il principio in virtù del quale «qualora la perquisizione sia finalizzata al sequestro e i due decreti siano inseriti in un unico contesto, il riesame coinvolge anche la perquisizione, per la stretta interdipendenza delle sue statuizioni», a condizione però che il riesame della perquisizione sia circoscritto «nei limiti… di un’indagine strumentale alla legittimit del sequestro medesimo» (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, Bassi, Rv. 206656).
Ne consegue che: a) in sede di riesame, i motivi che costituiscono autonoma censura della perquisizione non possono essere presi in considerazione (da ultimo, Sez. 3, n. 50482 del 21/09/2023, S.; Sez. 3, n. 13542 del 23/11/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE; Sez. 2, n. 9976 del 27/01/2022, COGNOME); b) il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame confermativa di un decreto di convalida di sequestro, contestuale a decreto di perquisizione, non può dedurre motivi attinenti esclusivamente ai presupposti ed alla legittimità di quest’ultimo (Sez. 1, n. 30130 del 24/06/2015, COGNOME, Rv. 264489).
Né può ritenersi costituzionalmente illegittima la non impugnabilità dinnanzi al Tribunale del riesame del solo decreto di perquisizione (o della sua convalida), questione già risolta da questa Corte (Sez. 3, n. 35049 del 27/06/2003, COGNOME, Rv. 226506), atteso che l’ impugnabilità dei provvedimenti del pubblico ministero solo nelle eccezionali situazioni previste dall’ordinamento, oltre che rispondere alla consolidata giurisprudenza di legittimità, appare conforme ad una esegesi sia dell’art. 14 della Carta costituzionale, che dell’art. 8 CEDU, che salvaguarda il diritto della persona al rispetto della sua vita privata e familiare e del suo domicilio, fatte salve l eccezionali forme di “interferenza” dell’autorità pubblica nei soli casi previsti dalla legge (Sez. 6, n. 46250 del 20/11/2012, Rv. 253711), tra i quali non è ricompreso quello menzionato dal ricorso.
Inoltre, come correttamente argomentato dal Procuratore generale, le dichiarazioni rilasciate dall’indagato alla Polizia giudiziaria non sono state menzionate dal provvedimento impugnato cosicchè il motivo posto deve ritenersi aspecifico.
4. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono generici.
Il provvedimento impugnato ha ritenuto legittimo il decreto di convalida del sequestro nell’abitazione dell’indagato di tre tipi di sostanze stupefacente, il cui quantitativo lordo complessivo depone per un uso eccedente quello personale (pag. 2) dando anche atto della strumentalità probatoria della droga sequestrata
nell’ottica accusatoria di svolgere più approfonditi accertamenti tecnici sulla ex
sostanza peraltro oggetto di confisca obbligatoria art. 240 cod. pen. e art. 85-
bis d.P.R. n. 309 del 1990.
Si tratta di una motivazione specifica e non apparente rispetto alla quale la circostanza che, ad avviso del ricorrente, la qualificazione giuridica del fatto possa
rientrare nell’ambito dell’illecito amministrativo ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 309
del 1990 è del tutto priva di rilievo.
Il sequestro probatorio è legittimo non solo quando la condotta ipotizzata
è sussumibile in una precisa fattispecie criminosa, ma anche quando tale sussumibilità sia discutibile sotto il profilo giuridico, sia nel senso della possibil
esclusione di tale condotta dall’area dell’illecito penale, sia nell’ipotesi d configurabilità, sempre in astratto, di fattispecie criminosa diversa da quella
de quo, indicata nel decreto di sequestro; il mezzo di ricerca della prova
che notitia criminis
costituisce lo strumento più idoneo ad accertare la fondatezza della attraverso l’acquisizione del corpo del reato e delle cose ad esso attinenti, può
infatti rendersi necessario per stabilire gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo della configurabilità o meno di un reato, ma
anche dell’inquadramento di tale condotta in una o in un’altra figura criminosa, in una fase del procedimento, quale quella delle indagini preliminari, caratterizzata dalla fluidità dell’imputazione, sia sotto il profilo fattuale che sotto il pro giuridico (Sez. 2, n. 4306 del 17/10/1995, COGNOME, Rv. 203119).
Dagli argomenti che precedono consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 24 giugno 2025