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Impugnazione sequestro preventivo: la legittimazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’indagata che aveva effettuato l’impugnazione di un sequestro preventivo emesso a carico di due società anziché del distinto provvedimento cautelare emesso nei suoi confronti. La decisione sottolinea il principio della legittimazione ad impugnare, secondo cui si può contestare solo l’atto da cui deriva un pregiudizio diretto e personale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Sequestro Preventivo: L’Errore che Costa Caro

L’impugnazione di un sequestro preventivo è un passaggio delicato e cruciale nel processo penale. Un errore nella procedura può avere conseguenze gravi, come l’inammissibilità del ricorso e la condanna alle spese. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10092/2024) offre un chiaro esempio di come l’errata individuazione del provvedimento da contestare possa precludere qualsiasi discussione nel merito, anche in presenza di presunte nullità. Analizziamo insieme questo caso per comprendere i principi fondamentali che regolano la materia.

I Fatti del Caso: Due Sequestri, un Solo Ricorso

La vicenda ha origine da un’indagine per reati tributari che ha portato all’emissione di due distinti decreti di sequestro preventivo da parte del GIP del Tribunale di Milano.

Il primo decreto, datato 29 agosto 2022, era finalizzato alla confisca di ingenti somme di denaro (oltre 19 milioni di euro e oltre 22 milioni di euro) nei confronti di due società a responsabilità limitata.

Il secondo decreto, emesso pochi giorni dopo, il 5 settembre 2022, era invece diretto contro le persone fisiche coinvolte, tra cui l’indagata che ha poi presentato ricorso.

L’indagata, tuttavia, ha presentato richiesta di riesame avverso il primo decreto, quello a carico delle società, e non contro quello che la riguardava personalmente. Il Tribunale del riesame di Milano ha dichiarato la richiesta inammissibile, decisione poi confermata dalla Corte di appello di Brescia.

La Decisione della Corte sull’Impugnazione del Sequestro Preventivo

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato il ricorso dell’indagata, confermando l’inammissibilità della sua richiesta. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: la legittimazione e l’interesse a impugnare.

Le Motivazioni della Cassazione

I giudici della Suprema Corte hanno spiegato in modo inequivocabile che l’indagata ha commesso un errore fondamentale: ha impugnato un atto (il sequestro contro le società) rispetto al quale non era un soggetto legittimato. Il provvedimento che incideva direttamente sulla sua sfera giuridica e patrimoniale era il secondo, quello del 5 settembre, che però non è mai stato oggetto di impugnazione.

La Corte ha chiarito che il Tribunale del riesame non avrebbe potuto, nemmeno d’ufficio, rilevare eventuali nullità del secondo decreto perché non era stato ritualmente investito della questione. In altre parole, non si può chiedere a un giudice di pronunciarsi su un atto che non è stato formalmente e correttamente contestato. L’indagata non aveva né la legittimazione né l’interesse a contestare il sequestro a carico delle società, rendendo la sua azione processualmente vana.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza è un monito sull’importanza della precisione tecnica nell’esercizio del diritto di difesa. L’impugnazione di un sequestro preventivo richiede un’attenta analisi per individuare con esattezza l’atto lesivo e il soggetto che ha titolo per contestarlo. Un errore in questa fase iniziale può compromettere irrimediabilmente l’intera strategia difensiva.

La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. Questa sanzione viene applicata quando si ritiene che il ricorso sia stato presentato senza una valida ragione giuridica, ovvero per una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. Questo caso dimostra che un errore procedurale non solo impedisce di ottenere giustizia nel merito, ma può anche comportare significative conseguenze economiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’indagata ha impugnato il decreto di sequestro preventivo emesso a carico delle società, anziché contestare il distinto e autonomo decreto emesso direttamente nei suoi confronti. Di conseguenza, le mancava la legittimazione e l’interesse a impugnare l’atto contestato.

Poteva il Tribunale del riesame rilevare d’ufficio la presunta nullità del provvedimento non impugnato?
No, la sentenza chiarisce che il Tribunale non poteva esaminare, neppure d’ufficio, eventuali vizi di un provvedimento diverso da quello oggetto del ricorso. Il giudice può pronunciarsi solo sulle questioni di cui è stato ritualmente investito da un soggetto legittimato.

Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito dell’inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, in quanto la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse stato presentato senza giustificato motivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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