Impugnazione Sequestro Preventivo: L’Errore che Costa Caro
L’impugnazione di un sequestro preventivo è un passaggio delicato e cruciale nel processo penale. Un errore nella procedura può avere conseguenze gravi, come l’inammissibilità del ricorso e la condanna alle spese. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10092/2024) offre un chiaro esempio di come l’errata individuazione del provvedimento da contestare possa precludere qualsiasi discussione nel merito, anche in presenza di presunte nullità. Analizziamo insieme questo caso per comprendere i principi fondamentali che regolano la materia.
I Fatti del Caso: Due Sequestri, un Solo Ricorso
La vicenda ha origine da un’indagine per reati tributari che ha portato all’emissione di due distinti decreti di sequestro preventivo da parte del GIP del Tribunale di Milano.
Il primo decreto, datato 29 agosto 2022, era finalizzato alla confisca di ingenti somme di denaro (oltre 19 milioni di euro e oltre 22 milioni di euro) nei confronti di due società a responsabilità limitata.
Il secondo decreto, emesso pochi giorni dopo, il 5 settembre 2022, era invece diretto contro le persone fisiche coinvolte, tra cui l’indagata che ha poi presentato ricorso.
L’indagata, tuttavia, ha presentato richiesta di riesame avverso il primo decreto, quello a carico delle società, e non contro quello che la riguardava personalmente. Il Tribunale del riesame di Milano ha dichiarato la richiesta inammissibile, decisione poi confermata dalla Corte di appello di Brescia.
La Decisione della Corte sull’Impugnazione del Sequestro Preventivo
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato il ricorso dell’indagata, confermando l’inammissibilità della sua richiesta. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: la legittimazione e l’interesse a impugnare.
Le Motivazioni della Cassazione
I giudici della Suprema Corte hanno spiegato in modo inequivocabile che l’indagata ha commesso un errore fondamentale: ha impugnato un atto (il sequestro contro le società) rispetto al quale non era un soggetto legittimato. Il provvedimento che incideva direttamente sulla sua sfera giuridica e patrimoniale era il secondo, quello del 5 settembre, che però non è mai stato oggetto di impugnazione.
La Corte ha chiarito che il Tribunale del riesame non avrebbe potuto, nemmeno d’ufficio, rilevare eventuali nullità del secondo decreto perché non era stato ritualmente investito della questione. In altre parole, non si può chiedere a un giudice di pronunciarsi su un atto che non è stato formalmente e correttamente contestato. L’indagata non aveva né la legittimazione né l’interesse a contestare il sequestro a carico delle società, rendendo la sua azione processualmente vana.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La sentenza è un monito sull’importanza della precisione tecnica nell’esercizio del diritto di difesa. L’impugnazione di un sequestro preventivo richiede un’attenta analisi per individuare con esattezza l’atto lesivo e il soggetto che ha titolo per contestarlo. Un errore in questa fase iniziale può compromettere irrimediabilmente l’intera strategia difensiva.
La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. Questa sanzione viene applicata quando si ritiene che il ricorso sia stato presentato senza una valida ragione giuridica, ovvero per una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. Questo caso dimostra che un errore procedurale non solo impedisce di ottenere giustizia nel merito, ma può anche comportare significative conseguenze economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’indagata ha impugnato il decreto di sequestro preventivo emesso a carico delle società, anziché contestare il distinto e autonomo decreto emesso direttamente nei suoi confronti. Di conseguenza, le mancava la legittimazione e l’interesse a impugnare l’atto contestato.
Poteva il Tribunale del riesame rilevare d’ufficio la presunta nullità del provvedimento non impugnato?
No, la sentenza chiarisce che il Tribunale non poteva esaminare, neppure d’ufficio, eventuali vizi di un provvedimento diverso da quello oggetto del ricorso. Il giudice può pronunciarsi solo sulle questioni di cui è stato ritualmente investito da un soggetto legittimato.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito dell’inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, in quanto la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse stato presentato senza giustificato motivo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10092 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10092 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nata a Brescia il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 13/04/2023 della Corte di appello di Brescia, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso udito per l’indagata l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 13 aprile 2023 il Tribunale del riesame di Milano ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 29 agosto 2022 dal GIP del Tribunale di Milano e finalizzato alla confisca della somma di oltre 19 milioni di euro nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della somma di oltre 22 milioni di euro nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai reati dell’art. 5 e dell’art d.lgs. n. 74 del 2000 commessi dalla COGNOME in concorso con NOME COGNOME.
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GLYPH 2. L’indagata eccepisce con due separati motivi, sotto il profilo della violazione di norme processuali e sotto il profilo del vizio di motivazione, che il Tribunale del riesame aveva indicato come titolo cautelare autonomo il provvedimento emesso il 5 settembre 2022, senza rilevare ex officio la nullità dello stesso per difetto di motivazione dei relativi presupposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato perché, come correttamente spiegato dal Tribunale del riesame, l’indagata ha impugnato il decreto di sequestro preventivo del 29 agosto 2022 a carico RAGIONE_SOCIALE società e non l’autonomo decreto di sequestro preventivo del 5 settembre 2022, emesso in accoglimento di una nuova e diversa istanza del PM, a carico RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, tra cui lei.
La ricorrente non si confronta con tale motivazione e insiste su una presunta nullità rilevabile d’ufficio che, all’evidenza, il Tribunale non ha potuto dichiarare, se pure ce ne fossero stati i presupposti, proprio perché non ritualmente investito del problema da soggetto non legittimato e non interessato a impugnare.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Così deciso, il 19 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente