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Guida sotto stupefacenti: la prova dei sintomi fisici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9549/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida sotto stupefacenti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la condanna non è sufficiente la sola positività ai test tossicologici, ma è necessario provare anche l’effettivo stato di alterazione psico-fisica al momento della guida. Tale prova può essere fornita attraverso dati sintomatici, come occhi lucidi, pupille dilatate e comportamento nervoso, che corroborano l’esito delle analisi mediche.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Guida sotto stupefacenti: quando i sintomi fisici diventano prova

Il reato di guida sotto stupefacenti, disciplinato dall’articolo 187 del Codice della Strada, rappresenta una delle fattispecie più complesse da accertare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9549/2024) torna a fare chiarezza su un punto cruciale: la semplice positività a un test tossicologico non è sufficiente per una condanna. È indispensabile dimostrare che il conducente si trovasse in un effettivo stato di alterazione al momento del fatto. Vediamo come.

I fatti del processo

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un automobilista condannato sia in primo grado dal Tribunale di Firenze sia in appello per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un’errata valutazione delle prove.

Secondo la difesa, la condanna si basava su presupposti insufficienti. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

La prova della guida sotto stupefacenti

Il fulcro della questione giuridica non è l’assunzione di droga in sé, ma la guida in un concreto stato di alterazione. La giurisprudenza consolidata, richiamata anche in questa ordinanza, stabilisce che per integrare il reato sono necessari due elementi probatori:

1. L’assunzione di sostanze stupefacenti: provata tramite analisi su liquidi biologici (sangue o urine).
2. Lo stato di alterazione psico-fisica: che deve essere attuale e sussistere al momento della guida.

È su questo secondo punto che si concentrano le motivazioni della Corte. Come si dimostra che il conducente era effettivamente ‘alterato’ e non semplicemente ‘positivo’ a una sostanza assunta magari giorni prima?

L’importanza dei dati sintomatici

La Corte di Cassazione ha confermato che lo stato di alterazione può essere validamente provato attraverso l’analisi dei cosiddetti “dati sintomatici”. Si tratta di tutti quegli elementi relativi alla condizione soggettiva del conducente che gli agenti accertatori possono osservare direttamente al momento del controllo su strada. Questi indizi esterni sono fondamentali per corroborare l’esito positivo degli esami medici.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente motivato la condanna, basandola su una valutazione logica e coerente delle prove. Lo stato di alterazione dell’imputato era stato accertato non solo dall’analisi medica, ma anche e soprattutto dai dati sintomatici rilevati dagli agenti al momento del fatto. Il verbale riportava specificamente: “occhi eccessivamente lucidi e pupille dilatate, atteggiamento nervoso ed irrequieto”.

Questi elementi, secondo la Corte, sono pienamente idonei a dimostrare la condizione di alterazione richiesta dalla norma, fungendo da anello di congiunzione tra la positività al test e la compromissione delle capacità di guida. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile perché riproponeva censure già adeguatamente esaminate e disattese nei gradi di merito, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata.

Conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

L’ordinanza n. 9549/2024 ribadisce un principio di garanzia fondamentale: non si può essere condannati per guida sotto stupefacenti sulla base di un mero dato chimico. È necessario un accertamento concreto dell’impatto che la sostanza ha avuto sulle capacità del conducente al momento del controllo. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale del verbale redatto dalle forze dell’ordine e della loro capacità di osservare e descrivere dettagliatamente il comportamento e le condizioni fisiche della persona fermata. Per gli automobilisti, è un monito a comprendere che anche il comportamento tenuto durante un controllo può diventare un elemento di prova determinante in un eventuale procedimento penale.

Per essere condannati per guida sotto stupefacenti è sufficiente che il test sulle urine o sul sangue sia positivo?
No, secondo la Corte di Cassazione, il solo esito positivo dell’esame sui liquidi biologici non è sufficiente. È necessario dimostrare anche un concreto ‘stato di alterazione psico-fisica’ al momento della guida.

Come si può provare lo stato di alterazione del conducente?
Lo stato di alterazione può essere provato attraverso ‘dati sintomatici’ rilevati dagli agenti al momento del controllo. Nel caso specifico, sono stati considerati prova gli occhi eccessivamente lucidi, le pupille dilatate e un atteggiamento nervoso e irrequieto, che hanno corroborato l’esito delle analisi mediche.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la condanna dei precedenti gradi di giudizio diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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