La Graduazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Intoccabile
La graduazione della pena rappresenta uno dei momenti più significativi del processo penale, in cui il giudice traduce la responsabilità penale in una sanzione concreta. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in sede di legittimità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del giudice di merito sull’entità della pena è ampiamente discrezionale e difficilmente sindacabile, a meno che non si ravvisino vizi logici o violazioni di legge. L’ordinanza analizza un caso di ricorso per rapina, dichiarato inammissibile proprio perché incentrato su aspetti rimessi alla valutazione esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.
Il Caso in Esame: Un Ricorso per Rapina
I fatti traggono origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello, la quale aveva confermato una condanna per il reato di rapina. L’imputato aveva sollevato due principali motivi di doglianza davanti alla Corte di Cassazione:
1. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, una norma che esclude la punibilità per reati di minima offensività.
2. Eccessività della pena: Si contestava l’entità della sanzione inflitta, la mancata concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione e il diniego dei doppi benefici di legge.
La Valutazione sulla Graduazione della Pena: Un Principio Consolidato
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella risposta al secondo motivo. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile e manifestamente infondato, ribadendo un indirizzo giurisprudenziale consolidato. La graduazione della pena, inclusa la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i giudici di appello avessero fornito una motivazione adeguata e logica. Essi avevano giustificato la pena irrogata richiamando elementi concreti come la particolare gravità del fatto e il significativo valore economico del profitto della rapina. Tali elementi sono stati considerati sufficienti a supportare la decisione, rendendo la contestazione dell’imputato un mero tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità.
Gli Altri Motivi di Ricorso Respinti
Anche gli altri punti del ricorso sono stati respinti con motivazioni altrettanto nette.
* Sulla particolare tenuità del fatto: La Corte ha evidenziato come tale doglianza fosse in palese contrasto con il dato normativo. Il delitto di rapina prevede una pena minima che supera i limiti edittali fissati dall’art. 131-bis c.p., rendendo questa causa di non punibilità strutturalmente inapplicabile al caso di specie.
* Sulla sospensione condizionale della pena: Il beneficio è stato correttamente negato poiché, al momento della commissione del reato, l’imputato aveva già compiuto 21 anni, non rientrando quindi in eventuali regimi più favorevoli legati alla minore età.
le motivazioni
La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, riafferma il proprio ruolo di giudice di legittimità e non di merito. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda sul principio che la determinazione della pena è un’attività squisitamente valutativa, riservata ai giudici che hanno avuto un contatto diretto con le prove e le circostanze del caso. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un ‘terzo grado’ di giudizio finalizzato a ridiscutere l’adeguatezza della pena. È sindacabile solo una motivazione assente, palesemente illogica o contraddittoria, vizio che i giudici non hanno riscontrato nella sentenza impugnata, la quale faceva congruo riferimento a elementi fattuali precisi (gravità e profitto) per giustificare il trattamento sanzionatorio.
le conclusioni
L’insegnamento pratico che si trae da questa pronuncia è chiaro: le strategie difensive basate esclusivamente sulla contestazione della ‘eccessività’ della pena hanno scarse probabilità di successo davanti alla Corte di Cassazione. Per ottenere un annullamento, è necessario dimostrare un vizio giuridico o un difetto motivazionale grave e manifesto, non semplicemente un disaccordo con la valutazione discrezionale operata dal giudice di merito. La decisione consolida la stabilità delle sentenze di condanna la cui motivazione sulla pena sia ancorata a criteri di legge e a fatti concreti, ponendo un argine a ricorsi puramente dilatori o esplorativi.
È possibile contestare l’eccessività di una pena davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è consentito se la contestazione mira a una nuova valutazione nel merito. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o assente.
Perché la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è stata applicata in questo caso di rapina?
Perché la pena minima prevista per il delitto di rapina è superiore ai limiti stabiliti dall’art. 131-bis del codice penale, rendendo tale causa di esclusione della punibilità inapplicabile a prescindere dalla specifica condotta.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35097 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35097 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/03/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino che ha confermato la responsabilità del prevenuto e il trattamento sanzioNOMErio inflitto per il delitto di rapina ascritto in rubrica;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato perché in palese contrasto con il dato normativo, avuto riguardo alla pena minima prevista per tale delitto, che esula dai limiti stabiliti dall’art. 131-bis cod. pen., come correttamente rilevato a pagina 3 della sentenza impugnata;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta l’eccessività della pena, denunciando, inoltre, la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e la mancata concessione dei doppi benefici di legge, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo della Corte territoriale risulta adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare, pagina 3 della sentenza impugnata, ove si richiamano la particolare gravità del fatto ed il significativo valore economico del profitto della rapina quali elementi giustificativi del trattamento sanzioNOMErio irrogato, chiarendo che non poteva essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo l’imputato già compiuto 21 anni d’età alla data di commissione del reato);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il giorno 23 settembre 2025
Il Consigliere estensore
DEPOSVTA
Il P esi ente