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Furto consumato e sorveglianza: la Cassazione decide

Un gruppo di individui, monitorato via GPS, commette diversi furti, sostenendo poi che uno di essi fosse solo “tentato” a causa della sorveglianza della polizia. La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, definendo il reato come furto consumato poiché gli autori avevano acquisito, anche se per breve tempo, l’autonoma disponibilità della refurtiva. La Corte ha inoltre rigettato gli altri motivi di ricorso relativi al concorso di persone e al riconoscimento di attenuanti.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato: la Sorveglianza a Distanza non lo Rende Tentato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16974 del 2025, affronta una questione cruciale nel diritto penale: qual è il confine tra furto tentato e furto consumato, specialmente quando gli autori del reato sono sotto la sorveglianza delle forze dell’ordine? La decisione chiarisce che il monitoraggio a distanza non impedisce la consumazione del reato se i ladri riescono, anche solo per poco, ad avere la piena disponibilità della refurtiva. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti di Causa

Tre individui, a bordo di un’auto monitorata tramite GPS dalla Polizia Giudiziaria, compiono una serie di reati. Il primo episodio riguarda il furto di una borsa da un’auto in sosta, dopo averne infranto il finestrino. Successivamente, tentano di rubare oggetti dall’esterno di un’abitazione e di introdursi in un’altra casa, ma vengono interrotti. Durante la fuga, due di loro vengono arrestati, mentre il conducente prosegue la corsa, venendo fermato solo dopo un incidente e opponendo resistenza all’arresto.

La Questione Giuridica del Furto Consumato

In sede di ricorso per Cassazione, la difesa degli imputati sostiene che il primo furto, quello della borsa dall’auto, dovrebbe essere qualificato come tentato e non consumato. La tesi difensiva si basa sul fatto che, essendo costantemente monitorati dalla polizia, gli imputati non avrebbero mai avuto la piena ed effettiva disponibilità del bene rubato. Secondo loro, le forze dell’ordine avrebbero potuto intervenire in qualsiasi momento, impedendo la reale sottrazione del bene alla vittima.

Gli altri motivi di ricorso riguardavano la corretta qualificazione di un’introduzione in abitazione, il concorso del conducente nei reati commessi dai complici e il mancato riconoscimento dell’attenuante per il danno di lieve entità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti.

Sul punto centrale, la distinzione tra tentativo e consumazione, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il furto consumato si perfeziona nel momento in cui l’agente consegue un’autonoma ed effettiva disponibilità del bene, anche se per un breve periodo. L’osservazione a distanza da parte della polizia non è sufficiente a impedire tale risultato. Nel caso di specie, gli imputati non solo si erano impossessati della borsa, ma erano anche riusciti a fuggire e a disfarsene, dimostrando di averne avuto il pieno controllo. La situazione, spiega la Corte, è diversa da quella di un furto in un supermercato sotto la sorveglianza diretta del personale, dove l’intervento è immediato e impedisce l’uscita dalla sfera di controllo del proprietario.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha ritenuto inammissibili le censure. Il ruolo del conducente come autista e palo è stato correttamente inquadrato come un contributo essenziale al reato, configurando il concorso di persone. Infine, l’attenuante del danno di speciale tenuità è stata negata non solo per il valore della merce (una giacca da 50 euro non è stata considerata di valore ‘tenue’), ma anche perché nel furto dall’auto era stato causato un danno ulteriore, la rottura del finestrino, che va considerato nella valutazione complessiva.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale per distinguere il furto tentato da quello consumato. La chiave non è la mera possibilità di un intervento delle forze dell’ordine, ma l’effettivo conseguimento di un potere autonomo sulla cosa rubata. Il monitoraggio a distanza non trasforma automaticamente un furto in un tentativo se i colpevoli riescono a completare l’impossessamento e ad allontanarsi. La decisione sottolinea anche l’importanza di valutare tutti i danni causati, non solo il valore della refurtiva, ai fini della concessione delle attenuanti, e conferma che fornire un supporto logistico, come fare da autista per la fuga, costituisce piena partecipazione al reato.

Quando un furto si considera ‘consumato’ e non solo ‘tentato’ se la polizia sta sorvegliando i ladri?
Un furto si considera consumato quando l’autore del reato riesce ad acquisire la piena, autonoma ed effettiva disponibilità del bene rubato, anche se per un breve periodo. La sorveglianza a distanza da parte della polizia non è sufficiente a escludere la consumazione se non impedisce questo impossessamento, a differenza di un controllo diretto e immediato (come in un locale chiuso) che può bloccare l’azione prima che il bene esca dalla sfera di controllo della vittima.

Il ruolo di autista per la fuga è sufficiente per essere considerati complici in un reato?
Sì. Secondo la Corte, fornire un contributo quale quello di autista per la fuga e di ‘palo’ è di primaria importanza per la commissione del reato, in quanto assicura l’impunità ai complici. Tale condotta costituisce un apporto causale necessario e configura pienamente il concorso di persone nel reato ai sensi dell’art. 110 del codice penale.

Perché la Corte ha negato l’attenuante del danno di speciale tenuità anche se il valore della refurtiva era basso?
La Corte ha negato l’attenuante perché la sua concessione richiede non solo un danno patrimoniale di speciale tenuità, ma anche che l’evento nel suo complesso abbia la stessa caratteristica. Nel caso del furto dall’auto, oltre al valore della refurtiva (10 euro), si è verificato anche il danneggiamento del finestrino. Per un altro furto, il valore di una giacca (50 euro) non è stato considerato ‘particolarmente tenue’. La valutazione, quindi, deve considerare il pregiudizio complessivo arrecato alla vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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