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Furto con strappo: quando rinnovare la prova in appello

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per furto con strappo emessa in appello, ribaltando una precedente assoluzione. La Suprema Corte ha stabilito che, qualora la condanna si basi su una diversa interpretazione della testimonianza della persona offesa, il giudice d’appello ha l’obbligo di rinnovare la prova, ovvero di ascoltare nuovamente il testimone, prima di poter decidere in senso sfavorevole all’imputato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto con strappo: la Cassazione stabilisce l’obbligo di rinnovare la prova per condannare in appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8352/2025, affronta un caso delicato di furto con strappo, fornendo chiarimenti cruciali sulle garanzie procedurali nel giudizio d’appello. La Suprema Corte ha annullato una condanna, sottolineando che un’assoluzione non può essere ribaltata basandosi su una semplice rilettura delle testimonianze senza prima rinnovare l’istruttoria dibattimentale. Vediamo i dettagli di questa importante decisione.

La vicenda processuale

I fatti riguardano un’imputata accusata di aver strappato i telefoni cellulari dalle mani di una donna e di sua figlia per poi utilizzarli per colpire la prima. In primo grado, il Tribunale aveva assolto l’imputata. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva riformato la sentenza, condannandola per il reato di furto con strappo ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale.

Secondo la Corte territoriale, l’azione integrava il reato perché, anche se l’intento non era patrimoniale, la sottrazione violenta dei telefoni per completare l’aggressione fisica rientrava nella nozione di ‘profitto’ delineata da una recente sentenza delle Sezioni Unite.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la più rilevante riguardava la violazione delle regole sull’overturning sfavorevole, cioè sul ribaltamento di una sentenza di assoluzione in una di condanna.

I motivi del ricorso: perché la condanna era illegittima?

La difesa ha articolato il ricorso su più fronti:
1. Errata qualificazione giuridica: L’azione non era un furto, ma parte di un’aggressione fisica. L’impossessamento dei cellulari era finalizzato a percuotere la vittima, non a trarne un profitto. Inoltre, i telefoni erano stati restituiti immediatamente.
2. Mancata rinnovazione della prova: La Corte d’Appello aveva condannato l’imputata basandosi su una diversa interpretazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in primo grado, senza però disporre un nuovo esame della testimone. Questo, secondo la difesa, viola l’art. 603, comma 3, del codice di procedura penale.

L’importanza della rinnovazione della prova nel caso di furto con strappo

Il cuore della decisione della Cassazione risiede proprio nel secondo motivo. I giudici supremi hanno evidenziato che, per ribaltare una sentenza di assoluzione, non è sufficiente una diversa valutazione ‘a tavolino’ delle prove dichiarative. Quando la testimonianza è l’elemento cruciale su cui si fonda la decisione, il giudice d’appello ha il dovere di procedere alla rinnovazione della prova, riascoltando direttamente il testimone.

La valutazione dei fatti e l’interpretazione delle dichiarazioni

Nel caso specifico, dalle dichiarazioni della persona offesa non emergeva con chiarezza se la sottrazione dei cellulari fosse durata un tempo, seppur minimo, ma giuridicamente apprezzabile. La difesa sosteneva che si fosse trattato di un’azione istantanea, funzionale solo all’aggressione. La Corte d’Appello, invece, l’aveva interpretata come una sottrazione vera e propria, seppur finalizzata a uno scopo non patrimoniale.

Questa divergenza interpretativa era essenziale per la corretta ricostruzione dei fatti e, di conseguenza, per la qualificazione giuridica. Proprio per questo, la Cassazione ha ritenuto indispensabile un nuovo esame della persona offesa.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i primi due motivi di ricorso, ritenendoli fondati. Ha chiarito che, sebbene le Sezioni Unite abbiano ampliato il concetto di ‘profitto’ nel reato di furto, includendo anche vantaggi non patrimoniali, l’applicazione di tale principio presuppone che gli elementi oggettivi del reato siano pienamente provati.

Nel caso in esame, l’elemento oggettivo della ‘sottrazione’ era dubbio. L’interpretazione delle dichiarazioni della vittima era quindi decisiva. Poiché la Corte d’Appello ha ribaltato l’assoluzione proprio sulla base di una propria interpretazione di tali dichiarazioni, senza confrontarsi direttamente con la fonte di prova, ha violato un principio fondamentale del giusto processo. Pertanto, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio per un nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Napoli.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce una garanzia fondamentale per l’imputato: il principio dell’oralità e dell’immediatezza nella formazione della prova. Una condanna non può basarsi su una semplice rilettura di verbali, specialmente quando si intende sovvertire una precedente decisione assolutoria. La Corte d’Appello, prima di condannare, dovrà necessariamente rinnovare l’istruttoria, ascoltando di nuovo la persona offesa per accertare con la dovuta chiarezza la dinamica dei fatti e la durata effettiva della sottrazione dei beni.

È considerato furto con strappo prendere un oggetto al solo fine di usarlo come arma momentanea e poi restituirlo?
La sentenza non dà una risposta definitiva, ma chiarisce che il punto cruciale è accertare se vi sia stata una ‘effettiva sottrazione’ per un tempo ‘minimo ma comunque apprezzabile’. Se la presa dell’oggetto è istantanea e funzionale solo all’aggressione, la qualificazione come furto è dubbia e deve essere rigorosamente provata.

Quando un giudice d’appello può condannare un imputato che era stato assolto in primo grado?
Un giudice d’appello può ribaltare un’assoluzione, ma se la sua decisione si fonda su una diversa valutazione di una prova dichiarativa (come la testimonianza di una vittima), ha l’obbligo di rinnovare l’esame di quel testimone. Non può limitarsi a una diversa interpretazione degli atti del primo grado.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna in questo caso?
La Cassazione ha annullato la condanna perché la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza di assoluzione basandosi su una diversa interpretazione delle dichiarazioni della persona offesa, senza però disporre la rinnovazione della prova, ovvero senza ascoltare nuovamente la testimone. Questo costituisce una violazione delle regole procedurali essenziali per la corretta ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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