Fuga dopo incidente stradale: la scusa ‘non mi sono accorto’ non basta
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27391 del 2025, affronta un caso di omicidio stradale, fornendo importanti chiarimenti sull’aggravante della fuga dopo incidente stradale. La decisione sottolinea come non sia possibile, in sede di legittimità, rimettere in discussione una ricostruzione dei fatti già ampiamente e logicamente vagliata nei precedenti gradi di giudizio. Analizziamo insieme questa pronuncia.
I Fatti del Caso: un tragico investimento
Un automobilista, alla guida della sua autovettura, percorreva il centro abitato di una cittadina a una velocità di 66 km/h, ben superiore al limite consentito e non adeguata alle circostanze. A causa di questa condotta imprudente, investiva una passante che camminava sul marciapiede, cagionandone la morte. Subito dopo l’impatto, l’uomo si dava alla fuga senza prestare soccorso.
Il Percorso Giudiziario e i motivi del ricorso
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello riconoscevano la responsabilità penale dell’automobilista per i reati di omicidio stradale (art. 589 bis c.p.) e omissione di soccorso (art. 589 ter c.p.). La condanna era aggravata dalla velocità superiore al doppio di quella consentita e, appunto, dalla fuga.
L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Illogicità della motivazione: Sosteneva di non essersi reso conto dell’investimento perché, in quel preciso istante, si era chinato per raccogliere una bottiglietta d’acqua caduta. Questa versione, a suo dire, avrebbe dovuto escludere la volontarietà della fuga e quindi l’aggravante.
2. Eccessività della pena: Si doleva del trattamento sanzionatorio ricevuto, ritenendolo troppo severo.
Le motivazioni della Corte: la fuga dopo incidente stradale e l’inammissibilità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Le motivazioni dei giudici sono chiare e seguono un percorso logico lineare.
La ricostruzione dei fatti non è sindacabile in Cassazione
Sul primo punto, la Corte ha evidenziato come la tesi difensiva dell’imputato fosse già stata ‘pienamente sconfessata’ dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata aveva fornito una motivazione ‘assolutamente lineare del tutto non illogica e contraddittoria’, basata sulla ricostruzione complessiva delle risultanze processuali. Il ricorrente, invece di contestare specifici vizi logici del ragionamento dei giudici di merito, si era limitato a riproporre la propria versione dei fatti. Questo modo di procedere è inammissibile in Cassazione, che non rappresenta un terzo grado di giudizio dove poter rivalutare le prove, ma unicamente un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge.
La congruità della sanzione
Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato giudicato infondato. La Corte ha ritenuto ‘del tutto congrua’ la motivazione sul trattamento sanzionatorio. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato le modalità della condotta, definita ‘particolarmente grave’ a causa della velocità ‘assolutamente non adeguata’ tenuta dall’automobilista nel centro abitato. La pena inflitta era quindi giustificata dalla pericolosità del comportamento che ha portato alla tragedia.
Le conclusioni: cosa ci insegna questa sentenza
Questa pronuncia ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, l’aggravante della fuga dopo incidente stradale non può essere elusa con giustificazioni che siano già state smentite dalle prove processuali. Se i giudici di merito hanno logicamente escluso la veridicità di una scusa, non si può pretendere che la Cassazione rivaluti i fatti. In secondo luogo, la determinazione della pena è una prerogativa del giudice di merito, e la sua valutazione, se correttamente motivata come in questo caso, non è censurabile in sede di legittimità. La sentenza conferma la linea di rigore nei confronti di chi, con una guida pericolosa, causa incidenti mortali e si sottrae alle proprie responsabilità.
È possibile giustificare la fuga dopo un incidente stradale sostenendo di non essersi accorti dell’impatto?
Secondo questa sentenza, no. Se la versione dei fatti dell’imputato è già stata smentita in modo logico e completo dai giudici di merito sulla base delle prove, essa non può essere riproposta con successo in Cassazione per escludere l’aggravante della fuga.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma giudica solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Riproporre le stesse tesi senza individuare un vizio di legittimità rende il ricorso manifestamente infondato.
La velocità eccessiva può influenzare la gravità della pena per omicidio stradale?
Sì, assolutamente. La sentenza conferma che la Corte territoriale ha correttamente considerato la velocità ‘assolutamente non adeguata’ come un elemento determinante per giustificare la gravità della pena inflitta, ritenendo la condotta particolarmente grave.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 27391 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27391 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FIGLINE E INCISA VALDARNO il 03/10/1968
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
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RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze che aveva rigettato, con riferimento alle statuizioni penali, l’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza del Tribunale di Arezzo che lo aveva riconosciuto responsabile dei reati di cui agli artt. 589 bis e 589 ter c.p. perché alla guida della autovettura Opel Meriva, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, percorrendo il centro abitato del comune di Castelfranco Piandiscò ad una velocità di sessantasei chilometri orari non commisurata alle condizioni della strada ed alle circostanze di tempo e di luogo investiva COGNOME Vanessa, pedone che stava percorrendo il marciapiede di INDIRIZZO all’altezza del INDIRIZZO, provocandole lesioni che le cagionavano la morte. Con l’aggravante di aver proceduto ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e dall’essersi dato alla fuga.
A sostegno del ricorso deduce con un primo motivo COGNOME la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. con riferimento (sic) all’art. 389 ter c.p,. dichiarazioni dell’imputato e la punibilità a titolo di dolo della fattispecie contest mentre con un secondo motivo si duole del trattamento sanzionatorio.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamene infondato e va pertanto dichiarato inammissibile. Con il primo motivo il ricorrente pur affermando di non contestare l’acclarata dinamica del sinistro, ripropone, evidentemente ai soli fini della esclusione dell’aggravante della fuga, la tesi di non essersi accorto dell’investimento “perché in quel momento si era abbassato per recuperare una bottiglietta d’acqua che era caduta sul tappettino anteriore”. Detta versione è stata già pienamente sconfessata dalla gravata sentenza con motivazione assolutamente lineare del tutto non illogica e contraddittoria alla luce della complessiva ricostruzione delle risultanza processuali su cui il ricorrente peraltr neanche si sofferma.
Anche la motivazione sul trattamento sanzionatorio appare del tutto congrua, avendo la Corte territoriale correttamente posto in rilievo le modalità della condotta particolarmente grave per la velocità assolutamente non adeguata che aveva
5.
comportato l’invasione del marciapiede ed il comportamento antecedente al sinistro coe descritto dai testi.
Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod proc. pen., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende della somma che stimasi equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 14 marzo 2025
IL PRESIDENTE NOME