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Fatto di lieve entità: coltivazione e dosi escludono

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la coltivazione di 79 piante di cannabis e il possesso di 763 grammi di marijuana. La richiesta di qualificare il reato come fatto di lieve entità è stata respinta, poiché il numero di piante, il loro sviluppo e l’enorme quantità di dosi ricavabili (oltre 3.400) indicavano una condotta non occasionale, escludendo così l’applicazione della norma più favorevole.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando la coltivazione di droga non è reato minore

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui criteri per distinguere un reato di droga comune da un fatto di lieve entità. Spesso, la difesa punta a ottenere questa qualifica per assicurare al proprio assistito una pena significativamente più bassa. Tuttavia, come dimostra questo caso, non basta semplicemente affermarlo: è necessario che l’intera condotta, valutata nel suo complesso, sia effettivamente di minima offensività. La Corte ha stabilito che una coltivazione su larga scala, capace di produrre migliaia di dosi, non può rientrare in questa categoria.

Il Caso in Analisi: Dalla Coltivazione alla Cassazione

I fatti alla base della decisione riguardano un soggetto condannato per la coltivazione di 79 piante di cannabis e il possesso di 763 grammi di marijuana derivante da tale piantagione. L’imputato, tramite il suo legale, aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando che i giudici di merito non avessero riqualificato il reato nella fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti.

La difesa sosteneva che le circostanze non fossero così gravi da meritare la condanna per il reato ordinario. Tuttavia, sia la Corte d’Appello prima, sia la Corte di Cassazione poi, hanno rigettato questa tesi.

La Valutazione del fatto di lieve entità secondo la Cassazione

Il punto centrale della decisione è la valutazione complessiva degli elementi probatori. La Corte ha sottolineato che i giudici d’appello avevano già correttamente motivato la loro decisione, basandosi su una serie di fattori inequivocabili:

1. Il numero di piante: 79 piante rappresentano una coltivazione di dimensioni tutt’altro che trascurabili.
2. Lo stato di crescita: Le piante avevano raggiunto un’altezza di circa un metro e mezzo e un elevato livello di sviluppo, indicando una cura e un’attenzione non occasionali.
3. La quantità di sostanza: Il possesso di 763 grammi di marijuana è un dato oggettivo di rilievo.
4. Il numero di dosi ricavabili: Elemento cruciale, la quantità di stupefacente era idonea a confezionare ben 3.426 dosi.

La Corte ha specificato che questi elementi, considerati insieme, dipingono un quadro che esclude categoricamente l’occasionalità della condotta e la minima offensività richiesta per il fatto di lieve entità.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e Condanna alle Spese

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per un motivo anche procedurale: era “riproduttivo”. In altre parole, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse identiche censure già ampiamente e correttamente confutate dalla Corte d’Appello, senza aggiungere nuovi profili di critica alla sentenza impugnata. Questo vizio procedurale porta a una declaratoria di inammissibilità, che impedisce alla Corte di entrare nel merito della questione.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio consolidato secondo cui la valutazione per il riconoscimento del fatto di lieve entità deve essere globale e non parcellizzata. Non è possibile isolare un singolo elemento (ad esempio, la sola quantità) e ignorare gli altri. Nel caso di specie, la combinazione tra il numero significativo di piante, il loro avanzato stato di crescita e l’ingente potenziale di dosi realizzabili ha costituito prova sufficiente di un’attività strutturata e non meramente sporadica o di minima portata. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una giustificazione logica e coerente, rendendo il ricorso in Cassazione un inutile tentativo di riesame del merito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il beneficio del fatto di lieve entità non è sufficiente che la sostanza sia destinata a un presunto uso personale. È l’intera operazione a essere sotto esame. Una coltivazione organizzata per produrre migliaia di dosi, anche se non destinata allo spaccio immediato, rivela una capacità e una pericolosità che superano la soglia della lieve entità. La decisione serve da monito, chiarendo che la valutazione giudiziaria si basa su tutti gli indici disponibili e che la semplice riproposizione di argomenti già respinti in appello è una strategia processuale destinata al fallimento in Cassazione.

Quando un reato di droga può essere considerato un fatto di lieve entità?
Un reato non può essere considerato un fatto di lieve entità quando le circostanze complessive indicano una condotta non occasionale. Nel caso specifico, la coltivazione di 79 piante di cannabis e la capacità di produrre 3.426 dosi sono state ritenute incompatibili con questa qualifica.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era ‘riproduttivo’, ovvero si limitava a ripetere le stesse argomentazioni che erano già state adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che presenta un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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